L’onda inarrestabile e la vittoria dei popoli sulla logica del genocidio

La storia sembrava averci abituati a una narrazione immutabile: quella in cui l’arroganza del potere, la forza bruta, il colonialismo e il razzismo dettano l’agenda globale. Eppure, stiamo assistendo a una svolta epocale, un cambiamento di paradigma la cui portata è ancora difficile da misurare, ma i cui effetti sono già innegabili. La tesi secondo cui la violenza e la sopraffazione siano invincibili si sta sgretolando di fronte alla forza più potente di tutte: la coscienza collettiva dei popoli che si ribellano.

Il catalizzatore di questa trasformazione ha un nome: Global Sumud Flotilla. Un’azione pacifica, disarmata, ma dotata di una potenza politica che ha saputo risvegliare le coscienze. Quella scintilla ha innescato una rivolta globale per la pace, per la fine del genocidio e per la giustizia sociale, contrapponendo la dignità umana alla logica delle armi e del riarmo. Si può affermare, senza timore di smentita, che questo movimento mondiale ha già vinto. La sua vittoria non si misura sul campo di battaglia, ma nell’arena politica e culturale. Ha scardinato e riscritto l’agenda di governi e parlamenti, costringendoli a confrontarsi con una variabile che credevano di poter ignorare: il popolo che si riprende la parola e la usa per urlare il proprio dissenso contro la guerra.

Il successo più eclatante di questo movimento è stato quello di rompere la narrazione dominante. Per mesi, la discussione pubblica è stata ostaggio di formule giustificazioniste come “il diritto di Israele a difendersi” o il costante richiamo al “7 ottobre”, usati come pretesti per legittimare una violenza inaudita e genocidaria. Solo dopo centinaia di migliaia di morti e decine di migliaia di bambini trucidati, la parola “genocidio” ha smesso di essere un tabù. Il movimento, con la sua instancabile opera di contro-informazione, ha costretto il mondo a vedere l’orrore, a misurarsi con esso e a chiamarlo con il suo nome. Ha smascherato l’ipocrisia di chi, come l’opposizione in Italia, ancora ieri incredibilmente, si è astenuta sulla risoluzione del Governo a sostegno della “pace eterna” di Trump e Netanyahu, dimostrando una colpevole incapacità di leggere il presente.

Questa ondata di cambiamento sta travolgendo anche la politica interna. Il governo italiano uscirà da questa vicenda con le ossa rotte, perché la richiesta di pace si salda inevitabilmente con le istanze sociali. Lo sciopero generale di oggi e la manifestazione nazionale di domani non sono eventi isolati, ma l’espressione di un malcontento profondo. L’onda della rivolta contro la logica della guerra toccherà inevitabilmente i temi che affliggono milioni di persone, come l’incapacità di arrivare a fine mese con i salari da fame che abbiamo.

Siamo di fronte a un momento storico: i popoli hanno preso coscienza che la lotta paga. Hanno capito che l’unione e la determinazione possono sconfiggere decenni di cultura della sopraffazione. Nulla sarà più come prima. Noi, che siamo sempre stati dalla stessa parte, abbiamo vinto perché abbiamo risvegliato le coscienze. E voi non potrete più continuare come prima.