“Questo libro è illegale”

Credo che bisognerebbe leggere, diffondere, pubblicizzare e discutere sistematicamente il libro di cui dirò nelle prossime righe, fra gruppi sociali politici e di volontariato, collettivi giovanili e studenteschi: anche e soprattutto perché esso percorre e segnala i pericoli (anzi, le torsioni in atto, e da tempo) della svolta autoritaria e repressiva degli ultimi anni. Il titolo è Questo libro è illegale, e il sottotitolo Contiene parole che insidiano la “sicurezza”. Il volumetto raccoglie interventi di studiosi e operatori del diritto, attivisti, sociologi, giornalisti, ciascuno dei quali interviene su una o più parole-chiave che riguardano la politica della cosiddetta “sicurezza”, costruendo così un piccolo ma essenziale «glossario per resistere alla repressione».; repressione che passa, nei fatti, ossia nelle leggi e nelle pratiche non solo poliziesche, ma anche nella costruzione di un immaginario securitario: oggi, ma anche prima, in Italia e in quasi tutta l’Europa (cosa che non ci conforta di certo). Il glossario è preceduto da una irrinunciabile introduzione della costituzionalista Alessandra Algostino, su cui mi soffermerò brevemente..
Prima di proseguire, una annotazione: il libro è edito da Altreconomia Edizioni, ossia dalla società editoriale che pubblica mensilmente quella che è forse la più importante rivista d’inchiesta sociale, politica e ambientale che circola in Italia, (altreconomia.it); ed è curata da Osservatorio Repressione (www.osservatoriorepressione.info) e dalla associazione Volere la luna (volerelaluna.it). Si tratta cioè di una proficua sinergia fra riviste e associazioni, una iniziativa da promuovere e diffondere; anzi credo che sarebbe utile, oggi più che mai, creare una rete fra riviste e iniziative consimili, seppur diverse nelle tendenze e temi che le caratterizzano. Sarebbe un’utile controtendenza rispetto allo “spirito dei tempi” dominante.
La parola «conflitto» percorre tutta la bellissima introduzione della costituzionalista torinese Alessandra Algostino, e di fatto attraversa coerentemente le voci dell’intero libro. «Il conflitto nella tormenta» ne è il titolo, e di questa parola si percorre in successione «l’esautoramento», «l’espulsione», «la repressione», ma si finisce col celebrarne «l’elogio»: esso è strumento indispensabile per ogni crescita democratica, ed è connaturato alla nostra Costituzione, che non è fondata solo su un versante formale e liberale, ma segue anche un indirizzo sociale: i diritti di questa natura ne costituiscono infatti un fondamento, a partire dall’art 1 e dall’art. 3. Il loro progressivo scomparire dalla legislazione e dalla cultura giuridica di fatto è il segno della involuzione autoritaria in atto. Qualche citazione: «Si scorge una costante: un potere senza remore, che anzi ostenta – nuda – la sua violenza. Non ha vergogna della sua protervia, ma la rivendica. Non finge di rispettare i limiti, ma li infrange con tracotanza. È oltre l’impunità, perché è la legge […] La fusione tra potere politico ed economico scioglie, nell’acido del mantra neoliberista, la democrazia sociale e, quindi, corrode la democrazia nella sua veste minima – e non sufficiente – come liberale: liquefa il costituzionalismo e il diritto internazionale; impone una visione proprietaria dello Stato e privatizzala politica; dilaga nella società e dà vita a un modello antropologico che la rispecchia, l’homo oeconomicus o l’”homme compètitif” […] E si assiste, sul versante della democrazia istituzionale, alla concentrazione del potere, al rifiuto dello Stato di diritto; sul piano della democrazia sociale, allo smantellamento dello Stato sociale, alla ghettizzazione del disagio e alla colpevolizzazione della povertà; nello spazio della democrazia politica, all’atrofizzazione della rappresentanza, alla sterilizzazione del pluralismo, alla repressione del dissenso e la criminalizzazione dell’alternativa. Il clima bellico, quindi, amplifica la cappa che si stende sulla democrazia» (pp. 8-11).
La demolizione della democrazia sociale si attua, argomenta poi Algostino, lungo cinque tracciati: 1) liberalizzazioni e privatizzazioni: mercato onnipotente, libera concorrenza; 2) sostituzione di politiche emancipatorie con misure una tantum, ossia bonus, sussidi e “mancette” di tipo assistenziale; 3) misure di confinamento sociale, con la creazione di una “città capitalistica” e, per contro, delle periferie (non solo geografiche, ma anche sociali e razziali): il Daspo urbano ne è l’emblema (diverse voci del glossario riguardano proprio questo aspetto, e la pericolosità sociale preventivamente dichiarata); 4) stigmatizzazione e criminalizzazione della povertà, delle “vite di scarto”, delle “eccedenze” di ogni genere; 5) metamorfosi del lavoro da strumento di dignità sociale – fondativo della Costituzione fin dal primo suo articolo – a merce, con riduzione del lavoratore a condizioni servili, mediante precariato, sottosalario, assenza di diritti.  
Sarebbe bello poter entrare delle singole voci, ma nel residuo spazio di cui dispongo mi limito ad elencarle: Abitare, Blocco stradale, Boicottaggio, Carcere, Daspo, Disobbedienza, Fascismo, Fogli di via e misure di prevenzione, Informazione, Legalità, Militarizzazione, Migranti, Movimenti, Multe e risarcimenti, Mutualismo, Nemico, Paura, Polizia, Resistenza, Sicurezza, Zone rosse.
L’elenco è da solo programmatico. Leggete e discutete!