La negazione del visto della Corte dei Conti al progetto definitivo del Ponte sullo Stretto si configura come una bocciatura di fatto e di diritto per un’opera che spreca 15 miliardi di euro della finanza pubblica sottraendoli a interventi di mobilità non invasiva, ai beni comuni, alla sanità e alla scuola.
La decisione fa seguito alle verifiche effettuate sulle risposte governative, alle richieste di chiarimenti in ordine alla carente documentazione prodotta sui tempi di realizzazione, sul rispetto delle prescrizioni UE in materia ambientale, sulle misure antisismiche, sulle modalità seguite nell’iter di approvazione della delibera Cipess n. 41/2025 , sulle coperture finanziarie, sulla coerenza dei dati sui costi, sulla rivisitazione del progetto originario e “ messo in circolo senza gara“. Insomma una documentazione che non sta in piedi. Tra i dubbi sollevati anche l’esclusione dal procedimento dell’Autorità di regolazione dei trasporti e del Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di Pubblica utilità” (Sole 24 ore del 30/10/2025, pag.5).
La reazione di Meloni e Salvini, principali sponsor dell’opera, è stata isterica ed eversiva, con l’accusa ai giudici contabili, ma l’attacco è anche all’indipendenza della Magistratura rea di avere abusato delle sue funzioni con un pronunciamento di carattere politico fino a profferire la minaccia di mettere in riga l’intera istituzione giudiziaria. Già oggi il Consiglio dei Ministri, convocato d’urgenza, potrebbe decidere l’iter per l’approvazione in sede parlamentare di un progetto e di una procedura che fanno acqua da tutte le parti. Hanno deciso di portare avanti comunque un’opera che si va caratterizzando come lo “scandalo del secolo”. Quest’opera è frutto del rapporto privilegiato tra la Weibuld, ex Impregilo, impresa cui fanno capo i grandi interventi infrastrutturali della Sicilia, e non solo, con la giungla dei subappalti e del movimento terra, con le forze politiche del centrodestra, che a loro volta consolidano il consenso elettorale con le clientele attivate nel mondo neocorporativo delle professioni e della PA coinvolte nella realizzazione del Ponte. Un pezzo di blocco sociale che rimanda al riproporsi del nodo della borghesia mafiosa al sud, e non solo.
Il pronunciamento della Corte dei Conti è il punto di arrivo, non definitivo, del lungo braccio di ferro tra il sistema imprenditoriale, politico e affaristico e il Movimento che si è formato attorno alla costruzione del Ponte. La lotta contro questa megaopera affaristica viene da lontano, dagli anni ottanta del secolo scorso, quando si posero le basi scientifiche, politiche, giuridiche e sociali per impedirne la realizzazione (va ricordato un partecipatissimo convegno tenutosi a Messina a Palazzo Zanca in quegli anni con la presenza dei parlamentari di DP).
La mobilitazione non si ferma: è già programmata una nuova manifestazione No Ponte a Messina, per il prossimo 29 Novembre. Questa manifestazione sarà l’occasione per una partecipazione di popolo, della gente dei quartieri che vorrebbero espellere per far posto al cemento, dell’ambientalismo sociale, dei comitati contro la guerra e di solidarietà con il popolo palestinese, delle realtà migranti molto presenti in città, del lavoro dipendente, con le realtà dell’associazionismo, del volontariato, delle esperienze di lotta territoriali contro il sistema dei rifiuti, con comitati contro l’autonomia differenziata e la secessione dei ricchi.
La vicenda del Ponte ci dimostra che con la lotta si può vincere, che c’è un Sud dei diritti, solidale, antimilitarista, democratico, del riscatto sociale che può essere protagonista nel percorso contro la politica distruttiva, di grande spreco di denaro pubblico delle megaopere affaristiche.