Roma, RedStarPress, 2025, pp. 314, 120 fotografie in b/n, 20 euro.
A quasi 60 anni dalla morte, la grande figura di Che Guevara continua a vivere nella coscienza collettiva per il grande esempio che ha trasmesso, per l’immagine pura e non corrotta dal potere, per il legame continuo tra quanto pensato, detto, messo in atto.
Nella attuale crisi frontale di ipotesi alternative, nel crollo di riferimenti, nell’affermarsi di una destra suprematista, razzista, neofascista, ma anche di una pseudo sinistra liberista, atlantista, totalmente omologata, nella progressiva scomparsa di speranze di trasformazione, la sua immagine il suo volto sembrano costruire un’alternativa ancor oggi viva.
Affascinano il disinteresse, la continua volontà di rimettersi in discussione, il cominciare dal nulla, vincere, divenire ministro e il rinunciare a tutto, partendo per imprese disperate, a 37 anni, con pochi uomini, gravato da una malattia che lo accompagna dai primi anni di vita.
Il libro ripercorre le interpretazioni, le letture, la “fortuna” del Che nei vari decenni, la sua vita dall’Argentina ai viaggi, dalla vittoria a Cuba all’attività di ministro, dalle missioni internazionali alla decisione di creare nuovi fronti contro l’imperialismo, dal fallimentare tentativo in Congo a quello, tragico, in Bolivia.
Ricostruisce le diverse letture date dalla sinistra italiana (PCI, riviste, Trotskisti, “filocinesi”) nel 1967, dopo la morte e l’immagine del Che attraverso film, canzoni, poster, anche gadget, veicolata, non sempre positivamente, dai media. Si chiude con una commovente e profonda lettera di Frei Betto, il cui afflato cristiano si lega all’amore per il rivoluzionario marxista.
Caratteristica del libro è non essere centrato sull’interpretazione del guerrigliero eroico, per anni prevalente anche a Cuba. Questa lettura, pur comprensibile, cancella, anche per comodità, gli aspetti fondamentali del pensiero e dell’opera di un marxista critico.
L’internazionalismo. La scelta per il comunismo nasce dalla scoperta della realtà sociale dell’America latina e delle sue vene aperte. Nelle sue prime missioni internazionali, in cui incontra i maggiori leader del mondo, si dichiara entusiasta del socialismo realizzato e degli aiuti che URSS, paesi dell’est Europa e Cina offrono a Cuba. Il dissenso inizia a manifestarsi nel 1962, dopo la “crisi dei missili” e il cedimento
dell’URSS, legata alla politica di coesistenza pacifica, di fronte alle minacce statunitensi. Si accresce e si manifesta negli anni successivi e viene espressa in scritti e soprattutto nei tre discorsi all’ONU, alla Società delle Nazioni e ad Algeri (24 febbraio 1965). Nel terzo in particolare, l’accusa ai paesi che non appoggiano sino in fondo le lotte di liberazione anticoloniali, nazionali e le spinte rivoluzionari è nettissimo. Così è netta la critica alla sinistra “ufficiale” nel Messaggio alla Tricontinentale (Creare due, tre, molti Vietnam) disegno politico antimperialista che mira ad unificare le emergenze dei paesi poveri di America latina, Africa, Asia, nel momento in cui lo scontro in Vietnam è frontale, e la guerriglia si allarga a tutto il sud America, crescono le lotte in altri paesi, l’Africa sembra esplodere e non manca una forte
radicalità nera negli stessi Stati Uniti.
La critica al socialismo realizzato. Dopo la ricordata esaltazione di URSS, Cina e repubbliche popolari nei primissimi anni ’60, il Che è il primo a cogliere nelle loro scelte economiche e nei mancati livelli di partecipazione democratica il rischio di una involuzione profonda e di restaurazione del capitalismo. Alle debolezze e difficoltà, il sistema socialista risponde con il ritorno a meccanismi capitalistici e con la assenza di formazione di coscienza politica. Nella stessa Cuba, si sommano l’impreparazione tecnica, il “guerriglierismo amministrativo”, l’inamovibilità dei funzionari, lo spirito di autoconservazione, la mancanza di coscienza. Si legga Il socialismo e l’uomo a Cuba che chiede partecipazione consapevole, nella prospettiva dell’uomo nuovo, in un richiamo al dibattito marxista dell’epoca (richiamo alle opere giovanili, al concetto di alienazione…).
La battaglia contro la burocrazia è legata a questo, nel timore di una involuzione della stessa Cuba, in concomitanza con il dibattito sulle scelte economiche dell’isola in cui le sue posizioni sono emarginate da scelte più ortodosse (si veda Carlos Tablada, Economia, etica e politica nel pensiero di Che Guevara). La burocrazia non scompare con l’estinzione delle categorie mercantili, ma tende ad ampliarsi e a riprodursi.
Si vedano i suoi scritti durante gli incarichi ministeriali, i dialoghi dal Ministero dell’Industria, gli articoli del Granma, certamente da lui ispirati, Contro la burocrazia una battaglia decisiva, Feltrinelli, 1967).
La vita e il pensiero del Che appartengono alla storia del marxismo del ‘900 che, sottratto al dogmatismo e alle cristallizzazioni della vulgata sovietica, ha offerto figure come Rosa Luxemburg, Gramsci, la Scuola di Francoforte, Victor Serge e indirettamente da Lumumba, Fanon, Sankara…
Rileggere la sua vita, la sua azione, il suo pensiero incompiuto è fondamentale per ipotizzare una ripresa del pensiero marxista e della prassi per la liberazione dell’umanità. Tornare ancora al Che, quindi, non è nostalgia, è un imperativo dettato dalla tragica realtà in cui viviamo.