Il MIM: ministero dell’istruzione militare

Roberta Leoni, Presidente dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

Il 31 ottobre 2025 è stato un giorno significativo per la scuola italiana.
Due eventi sono accaduti nella giornata di Halloween che potrebbero indurre a pensare ad uno “scherzetto” di Valditara per gli scarsi “dolcetti” che il mondo della scuola gli riserva negli ultimi tempi.
Due eventi che se posti in relazione tra loro mostrano il nuovo volto del MIM e il suo trasformarsi da Ministero dell’Istruzione e del Merito a Ministero dell’Istruzione Militare.
Gli scioperi del 22 settembre e del 3 ottobre hanno visto una partecipazione del mondo della scuola che oscilla dal 9% al 11%, cifre che forse il Ministro non si aspettava.
Il genocidio in Palestina ha risvegliato il comparto della scuola e nonostante le intimidazioni dei Dirigenti scolastici e degli uffici scolastici regionali (vd. Circolare del 3 settembre del USR Lazio) i collegi docenti hanno lo stesso espresso mozioni di solidarietà con il popolo palestinese, raccolto firme on line e lavorato in classe sul tema della pace e del dialogo come risoluzione dei conflitti.
Il malcontento nella scuola cresce, per i processi di verticalizzazione che si stanno esasperando, per la perdita di potere di acquisto degli stipendi del personale scolastico contro gli ingenti investimenti sul piano bellico, per la privatizzazione del pubblico che il ministro sta portando avanti (vd. l’assicurazione sanitaria con enti privati, i corsi abilitanti e di formazione a costi elevatissimi, gli sconti per il consumo di beni non essenziali…), per i tagli alla scuola (vd. nella nuova finanziaria l’utilizzo del potenziamento per le supplenze nelle scuole superiori)…
Ma la cosa che sicuramente il Ministro non sta tollerando è il crescente rifiuto, da parte del mondo della scuola e delle università, delle politiche di riarmo con conseguente rifiuto di quella cultura della difesa che da anni il dicastero sta promuovendo nelle scuole, come denuncia l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.

Torniamo ai fatti.

Fatto 1. Il 31 ottobre all’Expo Training di Milano, evento dal carattere orientativo, 30.000 metri quadri di orientamento al futuro, 5 mila colloqui di lavoro per trovarlo, come reclamizza il sito, tra forze armate e forze dell’ordine (immancabili nelle fiere e nelle giornate di orientamento!) c’è anche il frequentatissimo stand Baschi azzurri della polizia penitenziaria.
Un video ripreso dall’agenzia La Press mostra come gli agenti abbiamo trasformato la giornata orientativa in un vero e proprio corso di uso alle armi: Guarda in giù, premi il grilletto, così vedrai come spara, […] l’otturatore andrà avanti, […] non siamo a Fortnite. L’agente dopo avere chiesto a uno studente se fosse destro o mancino, gli passa l’arma (una mitraglietta Beretta M12, scarica) indicandogli di puntarla verso il basso e spiegando come utilizzare il dito medio per la pressione, come tirare ecc. A studenti minorenni in una giornata di orientamento.

Fatto 2. Nella stessa giornata il MIM annulla il corso di formazione del 4 novembre “La scuola non si arruola” organizzato da CESTES-PROTEO (ente di formazione accreditato presso il MIM) insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.
La legge del 1º marzo 2024, n.27 istituisce la Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate, e nell’articolo 2 legittimizza l’ingresso delle forze armate nel mondo dell’istruzione.
La data del corso era stata scelta proprio per ribadire il secco rifiuto del mondo della scuola e delle università alla contaminazione (espressione di Crosetto!) con il mondo militare. Il corso ha visto l’adesione di migliaia di docenti.
La formazione avrebbe affrontato temi quali la politica di pace per un mondo multipolare, il Rearm Europe e la militarizzazione della conoscenza, la decolonizzazione dello sguardo, la didattica della storia dei genocidi, la lotta per la demilitarizzazione del sapere… un corso come tanti già organizzati dall’Osservatorio, sull’educazione alla pace e al rifiuto delle armi come soluzione dei conflitti.  
Eppure, il MIM ha ritenuto l’iniziativa non coerente con le finalità di formazione professionale del personale docente presentando contenuti e finalità estranei agli ambiti formativi riconducibili alle competenze professionali dei docenti, così come definite nel CCNL scuola e nell’Allegato 1 della Direttiva 170/2016.
Nessun intervento o presa di posizione del MIM sulla scuola di armi della polizia penitenziaria all’expo training di Milano.

Il confronto tra questi due recentissimi eventi conferma la validità del lavoro dell’osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università mostrando insieme i due volti della parola militarizzazione.
Il termine  militarizzazione delle scuole e delle università, rimanda sia a quel processo di verticalizzazione e gerarchizzazione della “gestione scolastica” e la conseguente delegittimazione degli Organi Collegiali ridotti a organismi ratificanti (entra in questo discorso anche il tentativo della ministra Bernini di riformare le università con i CDA asserviti al governo), sia al crescente fenomeno di vera e propria occupazione degli spazi dell’istruzione da parte delle forze armate, delle forze dell’ordine e delle industrie della filiera bellica, che inevitabilmente comporta l’inserimento nel mondo dell’istruzione di “valori militari” e “pratiche educative” totalmente estranei al ruolo che la Costituzione attribuisce a scuole università.
Le due accezioni del termine come dimostrano gli eventi del 31 ottobre sono strettamente correlati tra loro.
Nel primo significato rientrano anche quelle norme repressive e di censura volte a piegare la scuola ad una visione ideologica-bellicista: le linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, le Nuove Indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e del Primo ciclo (bocciate dal Consiglio di stato per forma e contenuto), il voto in condotta, il divieto dei cellulari, i tentativi di censura dei libri di testo (vd. i casi Zanichelli e Laterza) e dei singoli insegnanti, l’introduzione del codice disciplinare e di condotta del MIM (con conseguente creazione di uffici per i procedimenti disciplinari), la soppressione del convegno del 4 novembre, sono esempi del totale asservimento del dicastero alle logiche repressive, securitarie e belliciste. 
Tale assoggettamento è stato imposto dal Programma di comunicazione del ministero della Difesa del 2019 (aggiornato nel 2025) il cui fine è quello di trasformare la Difesa da strumento esclusivamente militare a concetto più vasto di “sicurezza collettiva” del Paese, operazione che richiede l’impegno di tutti i Dicasteri nell’esclusiva tutela degli interessi nazionali.
L’origine della programmazione educativa del MIM è in questo documento: promuovere la condivisione dello stesso quadro di valori tra i cittadini e le Forze armate, allo scopo di consolidare il senso identitario e di appartenenza alla Nazione; favorire il processo di diffusione e condivisione generale della cultura della Difesa attraverso la conoscenza, la consapevolezza e il sostegno dei cittadini alle attività delle Forze armate, sia quelle svolte all’interno del territorio nazionale […], sia quelle […] internazionali.
Il Piano viene rafforzato dalle ultime indicazioni europee che accompagnano il Rearm Europe progetto che richiede accanto al a rafforzamento delle capacità militari dell’Unione europea, un riarmo cognitivo che consenta agli obiettivi strategici del ReArm Europe di essere accolti e accettati dalla società civile come necessari e inevitabili.
Perché sia possibile il riarmo occorre, non solo equipaggiare l’Europa di mezzi di distruzione, di tecnologie avanzate e di eserciti, ma anche e soprattutto, avviare una campagna di (dis)informazione  (sul modello svedese) volta anche a isolare le forme di dissenso.
È la Guerra cognitiva, forma di guerra ibrida,entrata negli anni ’90 nel vocabolario dell’intelligence, degli ambienti militari e adottata negli anni ’20 dalla NATO.
È proprio il NATO Innovation Hub, nel settembre 2020, a spiegarcene il significato: il terreno di conquista è il dominio umano, fattore decisivo per il duraturo successo politico; semplifica Du Cluzel [1] , membro dell’hub della NATO: Tu sei il terreno di conquista chiunque tu sia, ovunque tu sia.
All’imbarazzante video del marzo 2025 della Commissaria Ue per le emergenze Hadja Lahbib, che mostrava a 450 milioni di cittadini europei il kit di sopravvivenza di 72 ore, segue una serie di disposizioni volte proprio al riarmo cognitivo e alla diffusione della cultura securitaria.
Target principale dei documenti europei: i giovani e quindi il mondo dell’istruzione, da tempo obiettivo della cultura della difesa, parola che, insieme a cultura militare, si fonde con cultura securitaria.
Il 2 aprile ‘25, esce la Risoluzione del Parlamento europeo sull’Attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, il cui art. 164 invita gli stati membri ad avviare programmi educativi, in particolare per i giovani, volti a sensibilizzare e migliorare la conoscenza dell’importanza delle forze armate, dei temi della sicurezza, della difesa al fine di rafforzare la resilienza e la preparazione delle società in caso di crisiL’art. 167, nel ribadire l’importante ruolo dei giovani e delle organizzazioni giovanili nel mantenimento e nella promozione della pace e della sicurezza, invita il SEAE a impegnarsi a integrare più sistematicamente i giovani nella sua agenda e chiede di mettere a punto programmi di formazione e di cooperazione tra le istituzioni di difesa e le università degli Stati membri, quali corsi militari, esercitazioni e attività di formazione con giochi di ruolo per studenti civili
Preparazione e Prontezza, termini presenti nella risoluzione,divengono due nuove competenze promosse dalla Commissione europea: L’Unione delle competenze, del 5 marzo 2025, (documento richiesto dalla Bussola per la competitività dell’UE del gennaio 2025 che riduce i sistemi di istruzione a enti a servizio del mercato) e Il libro Bianco per la difesa europea – Readiness (prontezza) 2030, sonoi due testi che lanciano queste nuove competenze.
Questi documenti introducono nei sistemi di istruzione competenze mutuate dal mondo militare e al contempo soddisfano l’esigenza di normalizzare la guerra, di avvicinare la società civile alle forze armate, di fare apparire la “crisi” come inevitabile, di rendere accettabile lo spostamento delle risorse dal welfare al warfare e di introdurre nel mondo dell’istruzione valori militari.
Per la cultura della difesa il MIM lavora zelantemente da tempo: ha sottoscritto svariati protocolli d’intesa con le diverse istituzioni legate al mondo della difesa e della sicurezza, tra cui il Ministero della Difesa, Ministero degli interni, l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), l’Arma dei Carabinieri, la guardia di Finanza, i Bersaglieri, la Marina Militare…  i protocolli si sottoscrivono a tutti i livelli dell’amministrazione scolastica, Uffici scolastici regionali, provinciali e singole scuole. 
Le scuole seguono i diktat e si sono aperte al mondo militare e delle industrie della filiera bellica organizzando incontri spesso imposti dai dirigenti scolastici senza alcune delibere collegiali.
Come denuncia il sito dell’Osservatorio, l’ingresso delle forze armate e delle forze dell’ordine nelle scuole avviene con le forme più disparate: ricorrenze storiche con insegnamento della storia in chiave revisionista, percorsi sulla sicurezza, sul bullismo e cyberbullismo, educazione alla salute, educazione stradale, giornate dedicate a temi sociali, ginnastica dinamica militare, educazione alimentare, educazione alla legalità, corsi di aggiornamento per docenti, educazione civica, educazione alla legalità… sono questi alcuni esempi dei tanti canali di infiltrazione dei militari nelle scuole. 
Orientamento e percorsi PCTO, nelle scuole superiori e i tirocini per le università, aprono facilmente l’ingresso al mondo bellico. Anche qui vengono sottoscritti protocolli d’intesa a tutti i livelli: tra ministeri della Difesa e dell’Istruzione, Difesa e singole Università, tra MM e le singole Forze armate, tra queste e gli uffici scolastici regionali e provinciali e, infine, con le singole scuole. 
I PCTO e le giornate orientative si svolgono nelle caserme, in aeroporti militari, arsenali, basi NATO (Sigonella, Solbiate Olona, Ghedi, ad esempio), portaerei, industrie belliche… L’Orientamento è spesso affidato ad un’associazione di orientatori, AssOrienta che promuove e carriere in divisa; i vertici di AssOrienta coincidono con quelli della Nissolino Academy ente specializzato nella preparazione ai concorsi militari. In molte circolari dei dirigenti scolastici l’espressione orientamento inizia ad essere sostituita con reclutamento.
La scuola di armi del 31 ottobre ricorda le lezioni di manganello della polizia, all’Expo Training di Milano, il 29 ottobre dello scorso anno, giornata che ha visto coinvolto l’istituto superiore E. Fermi di Genova; nelle dimostrazioni operative nelle scuole, la polizia penitenziaria armata ammanetta gli alunni; le foto delle scolaresche in visita di istruzione/orientativa, il 4 Novembre, al Villaggio difesa a Roma, mostrano giovani maneggiare armi, lo stesso accade alla Fiera delle armi di Verona, dove addirittura sono i bambini accompagnati dalle famiglie a impugnare strumenti di morte. La cosa si è ripetuta anche al villaggio dell’esercito a Palermo.
Fatti questi che dimostrano le scarse competenze pedagogiche delle FFAA.
Le forze armate hanno anche ampio spazio al Job orienta (Verona) arrivato alla sua 33° edizione, un vero e proprio villaggio dell’orientamento… militare.  
Ogni contenuto si presta per essere affrontato dal mondo militare e dalle forze dell’ordine: percorsi sulla sicurezza, sul bullismo e cyberbullismo, educazione alla salute, educazione stradale, ricorrenze storiche, educazione alla legalità, giornate dedicate a temi sociali, ginnastica dinamica militare, educazione alimentare, educazione alla legalità̀, corsi di aggiornamento per docenti, educazione civica, digitalizzazione e intelligenza artificiale, nuove tecnologie, fino all’insegnamento della storia (in un’ottica revisionista), sono solo alcuni esempi dei tanti altri canali di infiltrazione dei militari (forze armate e forze dell’ordine) e delle imprese belliche nelle scuole.
Grazie alle due fondazioni, Med’or per l’Università e Leonardo- civiltà delle macchine per la scuola, la Leonardo s.p.a. ha conquistato gli spazi dell’istruzione. Alla fondazione Med’or, ad oggi risultano ancora 8 dei 13 rettori presenti lo scorso anno, dei 5 mancanti le richieste dell’osservatorio non hanno ricevuto risposta.
Il 74% degli atenei ha legami con Leonardo Spa, il 65% con Thales Alenia Space Spa il 26% con Mbda Italia (colosso europeo che produce anche i missili terra-aria GBU-39 utilizzati a Gaza). Accordi simili sono presenti anche con imprese straniere. Master, tirocini, contratti di ricerca, dottorati e convenzioni; partecipazione in comune al bando “European defence fund”, programma Horizon Europe. Come afferma Luca Rondi[2] difficile avere un quadro esaustivo, molte università non rispondo, altre dichiarano che gli accordi sono “secretati”.
La Leonardo coopera con il primo liceo digitale a Roma, il liceo Matteucci: dipendenti della Leonardo insegnano nel biennio, mentre il triennio prevede veri e propri stage in azienda.   
Come le università assolvono i compiti di legittimare epistemologicamente le fabbriche di morte e di ripulirne l’immagine attribuendo loro compiti formativi (la stesso avviene nell’attribuire ai militari compiti di insegnamento), la Leonardo riceve da Edulia-Treccani-Scuola tale legittimazione (come accade, ad esempio, con il progetto Lupa Marina, per la scuola primaria, della Marina Militare, con la casa editrice Giunti) e, con il logo del MIM, organizza corsi di formazione e aggiornamento per docenti e studenti, sulle discipline STEM.
Anche gli spazi simbolici e fantastici dell’infanzia vengono conquistati: il Babbo Natale sul carroarmato (Modena), la Befana della polizia in Lamborghini per i bambini ospedalizzati (Roma), la strumentalizzazione di personaggi quali Geronimo Stilton al villaggio della legalità (Roma)… e ancora  bambini e adolescenti sono sottoposti a subdole manipolazioni atraverso: bandiere, zaini scolastici militari, alzabandiera, marce, inni… Un esempio: il 25 aprile (2024) è stata l’occasione per una marcia militare nella scuola d’infanzia di San Martino di Campo a Padova. 
Il fatto più eclatante: il 15 Novembre 2024, nella scuola d’infanzia del plesso Ferrara dell’IC Rita Borsellino (PA), all’interno di un percorso di educazione stradale, i vigili hanno simulato un arresto con tanto di cane addestrato all’attacco e spari a salve, terrorizzando i bambini. Ennesima prova delle scarse competenze pedagogiche delle forze armate e delle forze dell’ordine.
Sulle pagine FB della scuola materna di Fagnano Olona sono riportati numerosi incontri con forze armate e forze dell’ordine: un post riporta con entusiasmo come la scuola si sia trasformata in  un vero campo di addestramento militare, con simulazione di battaglie in trincea e di ospedale da campo gestito da piccole infermiere
Il sito dell’Osservatorio è, purtroppo, pieno di queste segnalazioni.
La militarizzazione delle scuole ha trovato un terreno fertile nelle scuole: la già citata verticalizzazione delle decisioni; l’INVALSI e la sua logica addestrativa; il passaggio dalle conoscenze alle competenze (tra le SOFT SKILLS appaiono competenze quali: sostenere lo stress, l’adattabilità, l’imprenditorialità e a breve troveremo la preparazione e la prontezza), il clima competitivo, la meritocrazia… sono tutti fattori che hanno contribuito a mutare il senso della scuola e determinato quella trasformazione che ne ha capovolto il dettato costituzionale.
Tuttavia, oggi la corsa agli armamenti che sta guidando le politiche italiane rende urgente affrontare e arginare il processo della militarizzazione in tutti e due gli aspetti affrontati.
Le scuole e le università sono il terreno di diffusione della cultura della difesa per eccellenza, non solo per l’accogliere bambini, adolescenti e giovani, ma anche e soprattutto per il loro essere luoghi di formazione, di riflessione, di istruzione e di sviluppo del pensiero critico.
Le politiche di riarmo non possono permettersi divergenze e critiche.
Va bene allora che i bambini maneggino bazooka e mitragliette, ma guai a quei professori che decidono di partecipare a un convegno che ne mette in discussione il valore educativo.

Questo oggi l’insegnamento di Valditara.


[1] Cfr. François du Cluzel, Cognitive Warfare, Innovation Hub 2020, p. 36, 20210113_CW Final v2 .pdf

[2] Cfr. L. Rondi, Riarmo accademico, Altraeconomia, Numero 285 / Ottobre 2025