L’integrazione che sostituisce il sistema: la riforma di FdI uccide la sanità pubblica

La recente proposta di Fratelli d’Italia per una riforma organica della sanità integrativa, che prevede un’estensione del suo ruolo tramite appalti per i privati e nuovi incentivi fiscali, si presenta sotto la veste dell’innovazione e del supporto al Servizio Sanitario Nazionale, ma nasconde i germi di una progressiva privatizzazione e di un sostanziale indebolimento del sistema pubblico universalistico. Il vero e proprio sfondamento innescato dai meloniani è possibile perché già esiste una norma, voluta dalla ministra Bindi a suo tempo, in grado di aprirne la strada. In questo caso però non siamo più davanti a una ipotesi di integrazione, ma di vera e propria sostituzione della “seconda gamba” rispetto al ruolo pubblico. A quest’ultimo rimarrebbe la parte più onerosa e pesante da gestire: gli ospedali; ai privati tutto il resto della sanità territoriale. Tutto questo solleva seri interrogativi sulla tenuta del principio di equità che è alla base del SSN.

Appalti per i privati, che privilegiano le logiche del ribasso, sono sinonimo di calo della qualità. Incentivi fiscali, già ben inseriti nella cultura di chi lavora attraverso le prestazioni sanitarie integrative presenti in vari contratti garantiti dai sindacati, si moltiplicherebbero per spingere le persone a stipulare polizze di vario genere; pure le regioni, con le loro proposte di questo tipo all’interno del rilancio dell’Autonomia Differenziata, sarebbero in grado di moltiplicare le diseguaglianze. Da una parte i cittadini e le cittadine che potranno permettersi una copertura integrativa beneficeranno di un accesso più rapido ai servizi, dirottando la domanda verso le strutture private, che già oggi erogano circa il 40% delle prestazioni sanitarie nazionali. Chi non riuscirà ad adattarsi a questo sistema vedrà compromesso il proprio diritto alle cure. Sempre più il reddito e il risparmio dovrà essere indirizzato a questo tipo di esigenze, che nessun welfare pubblico garantirà più.

In un’ottica di scarsità di risorse, quella che ci viene sbandierata ogni giorno per mantenere l’assurda austerità e per dirottare nel tempo i soldi verso le armi, la scelta politica di defiscalizzare la sanità erode ulteriormente la capacità di finanziamento pubblico. D’altro canto al governo non interessa questa ultima partita, visto che quello che esso presenta come il più alto investimento di sempre nella sanità pubblica non è sufficiente a coprire inflazione e costi crescenti.

La proposta di FdI, al di là delle indifendibili dichiarazioni indirizzate alla difesa della loro misura come supporto al SSN, accelererà il superamento del modello universalistico a favore di un sistema dove la capacità economica delle persone diventa un fattore discriminante. Quello che abbiamo davanti è la corda di un nodo scorsoio che si sta stringendo sempre di più. Sono d’accordo con Ivan Cavicchi, che ha definito la proposta semplicemente immorale e indecente. Lo è soprattutto perché ha lo scopo finale di favorire la definitiva finanziarizzazione del sistema, con il sopravvento di fondi italiani ed esteri, che non vedono l’ora di fare affari. Ve lo ricordate il Letta che dichiarò la fine del welfare europeo per come lo abbiamo conosciuto e il bisogno di organizzare un mercato dei capitali continentale in grado di sostituirlo? Ecco, come si vede i fans di quell’idea abitano varie latitudini della politica, compresa la nostra.