Comunicato congiunto GC Sicilia e segreteria regionale PRC Sicilia –
I Giovani Comunisti/ le Giovani Comuniste Siciliani/e e il PRC Sicilia ritengono che le recenti inchieste della Procura di Palermo abbiano squarciato il velo su un sistema di potere che, al di là delle responsabilità penali ancora da accertare, rivelano una gestione distorta e clientelare della sanità pubblica siciliana. Un sistema che non nasce oggi, ma che si perpetua da anni, attraversando stagioni politiche diverse e resistendo a ogni tentativo di rottura rispetto alle logiche clientelari e mafiose.
Ribadiamo con forza che questo sistema non solo tradisce il principio di imparzialità dell’amministrazione pubblica, ma scoraggia i giovani capaci, quelli che non vogliono piegarsi alle logiche del favore e della raccomandazione. La cosa pubblica viene piegata a interessi personali, trasformata in terreno di scambio e di potere che cancella quel sistema sanitario universale che ci rendeva tutti uguali nel momento del massimo bisogno: quello della malattia.
E mentre si consolidano reti di potere e clientele, la Sicilia si svuota. Ogni anno circa 50.000 giovani lasciano l’Isola, di cui 7.000 sono laureati, nella maggior parte dei casi in discipline sanitarie, impoverendo la regione di persone che altrove dimostrano straordinarie capacità e competenze. È una diaspora silenziosa che priva la Sicilia di competenze, energie, visioni e un futuro migliore.
Nel frattempo, gli ospedali siciliani affrontano una drammatica carenza di personale sanitario. Il numero di infermieri per 1.000 abitanti è il più basso d’Italia, turni estenuanti, reparti scoperti, pazienti abbandonati: questa è la realtà quotidiana di una sanità che arranca, mentre la politica discute di spartizioni e appalti spesso gestiti da settori di potere intrecciati con la mafia.
Chi ha avuto l’incarico di guidare le istituzioni ha il dovere morale di proteggerle, non di usarle come strumenti di controllo e consenso politico. E invece, da troppo tempo, assistiamo a comportamenti che ricordano più le dinamiche di clan che quelle di una democrazia matura: minacce, spartizioni, pressioni, e una gestione opaca che svilisce il concetto stesso di “servizio pubblico”.
La questione morale deve tornare al centro del dibattito. Non bastano le sentenze: serve una presa di coscienza collettiva. Una classe dirigente che dimentica il significato di “bene comune” perde il diritto di rappresentare una terra che merita dignità, trasparenza e giustizia sociale.
La Sicilia non può essere ostaggio di pochi che la trattano come proprietà privata. È tempo di spezzare il cerchio del potere malato e restituire agli enti pubblici la loro funzione originaria: servire i cittadini, non servirsene.
Andrea Russo – Responsabile regionale dei Giovani Comunisti/Comuniste del PRC Sicilia
Tania Poguisch per la Segreteria Regionale del PRC Sicilia