Autonomia differenziata: le pre-intese elettorali di Calderoli e il pre-tracollo sociale del paese

I comitati suonano la sveglia

Se qualcuno si sentiva tranquillizzato dalla sentenza 192/2024, con cui la Corte Costituzionale demoliva l’impianto della legge Calderoli n. 86/24 richiamando il primato assoluto dell’interesse generale e la sovranità del Parlamento sui percorsi di intesa Stato-Regione, oggi dovrebbe essere non poco allarmato.
In questi giorni il Ministro che si vanta di essere campione di slalom giuridico è stato in tour elettorale al Nord, per firmare “pre-intese” su materie “No LEP” con le regioni Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto (dove domenica e lunedì si va al voto).
Vi è una diffusa lettura sminuente del pericolo di alcuni termini: le “pre-intese” non hanno valore giuridico, quindi, non andrebbero prese sul serio; le materie “No LEP” non prevedono la prescrizione dei livelli essenziali delle prestazioni, quindi non avrebbero ricadute sui diritti sociali e civili.
Si dimentica che furono proprio le tre “pre-intese” con le regioni del Nord quelle che nel 2018 diedero il via al percorso scellerato verso il regionalismo differenziato con cui oggi facciamo i conti.
E che le materie “No LEP”, ora oggetto di contrattazioni regionali, quali la Protezione civile, le Professioni, la Previdenza complementare, il Coordinamento della Finanza Pubblica in ambito sanitario, si ripercuotono sulla quotidianità delle nostre vite. Solo per fare un esempio, se una Regione stipula contratti di lavoro e stipendi differenziati per i “propri” medici e infermieri, questa decisione condiziona con ogni evidenza le scelte di collocazione lavorativa dei singoli operatori e la composizione territoriale degli organici, determinando la definitiva dissoluzione del servizio sanitario nazionale e compromettendo in modo drammatico la già precaria situazione sanitaria di intere aree e l’accesso a servizi essenziali per milioni di persone. Uguale discorso vale nel caso di orientamenti politici differenziati sul rapporto pubblico/privato, in campo previdenziale, pensionistico, della sicurezza ambientale ecc.
Risulta dunque evidente, secondo il monito della Corte Costituzionale, che ogni ambito o materia implica ripercussioni sull’intero corpo sociale, per cui la distinzione “LeP”/ “No Lep” è in questo senso fittizia e fuorviante. 
Che questa operazione sia deleteria per buona parte del Paese lo sanno i Presidenti delle regioni meridionali, alcuni dei quali, consapevoli del colpo che si rischia di infliggere alle popolazioni del territorio che amministrano, hanno espresso cautela, nonostante la personale appartenenza politica al campo del Governo, nei riguardi dell’operazione di propaganda leghista di questi giorni.
D’altra parte il Ministro è consapevole di quanto la strada sia irta di ostacoli anche interni alla compagine governativa e al partito della Presidente, che usa come mantra retorico il richiamo alla “nazione” e non certo ai microstaterelli regionali.
Per questo hanno lavorato su più piani, presentando, come viatico per l’attuazione dell’autonomia differenziata, il Disegno di Legge Delega 1623 sui LEP, attualmente all’esame della Commissione Affari Costituzionali in Senato, i cui contenuti aggirano i rilievi della Consulta. A evidenziare la spregiudicatezza di tale operazione è lo stesso Calderoli, il quale, in un recente QT in Parlamento, ha sottolineato con (involontario?) cinismo che si tratta solo di “definirli”, i LEP, non di “garantirli”.
Per blindare il tutto, sia la delega 1623 che le leggi di approvazione delle intese regionali, figurano fra i collegati alla Legge di Bilancio in discussione, al fine di renderle immodificabili e non passibili di referendum abrogativo.
Una Legge di Bilancio che disarticola il Paese, contro i poveri, a favore delle armi e della guerra.
Allora è proprio il caso di allarmarci e bene facciamo, con i “Comitati contro ogni autonomia differenziata”, che da anni si battono per la difesa dell’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti, a suonare la sveglia.
Urge una mobilitazione straordinaria, generale e territoriale, per impedire il definitivo smantellamento del welfare e la privatizzazione dei servizi.
La lotta contro il regionalismo predatorio può essere un tassello centrale per la costruzione di un’alternativa radicale di società, incompatibile con logiche competitive e guerrafondaie.