Qualità della vita: Siracusa tra le peggiori province italiane e ultima in Sicilia

di Peppe Puccia – Segretario federazione Siracusa/Ragusa

La 36ª edizione della classifica sulla Qualità della vita del Sole 24 Ore offre uno spunto di riflessione amaro per la Sicilia e soprattutto per la provincia di Siracusa, che si colloca penultima in Italia e chiude la graduatoria siciliana.
Il quadro restituito dall’indagine è impietoso: il divario Nord-Sud resta profondo e strutturale, con Trento, Bolzano e Udine ai vertici, mentre le province siciliane continuano a occupare le posizioni più basse, segno di criticità croniche mai risolte e che investe l’intera classe dirigente siciliana.
L’analisi si fonda su 90 indicatori suddivisi in sei macro-aree, e Siracusa registra punteggi desolanti in quasi tutte. Se alcuni parametri, come reddito pro capite, consumi e tasso di occupazione, dipendono da dinamiche economiche di lungo periodo, molti altri riflettono direttamente la qualità della gestione locale: ambiente, sanità, infrastrutture, cultura, mortalità evitabile, servizi per l’infanzia e condizione femminile.
Tra i dati più inquietanti spiccano la qualità della vita dei bambini (97ª posizione) e la percentuale di laureati tra i 25-39 anni, ferma al 15% contro una media nazionale del 28%. Un segnale chiaro che stiamo compromettendo il nostro futuro.
Il problema è sistemico e richiede un cambio radicale di rotta. I servizi sono carenti o inesistenti, le infrastrutture bloccate da logiche corporative e clientelari, la cultura ridotta a eventi effimeri senza ricadute reali sul tessuto sociale e culturale diffuso.
Il modello di sviluppo si è basato su rendite parassitarie come speculazione edilizia, affitti brevi, turistificazione e gentrificazione, allargamento delle attività a basso valore aggiunto; e sullo sfruttamento del lavoro, soprattutto nel turismo, con effetti a cascata su tutti i settori. Reddito medio disponibile e retribuzioni annue dei dipendenti sono tra le più basse d’Italia, alimentando povertà capillare e consumi ridotti.
Il dettaglio dei servizi conferma il fallimento: trasporto pubblico e mobilità inadeguati, collegamenti ferroviari e stradali insufficienti, gestione dei rifiuti e qualità dell’aria lontane dagli standard delle province virtuose. La sanità è un’ecatombe, schiacciata tra liste d’attesa interminabili (conseguenza di un sistema pubblico e privato fatto per avvantaggiare i profitti privati), carenza di strutture specialistiche e cronica mancanza di personale nel settore pubblico, sottopagato e intrappolato in logiche spartitorie e financo corruttive.
Tutto ciò si traduce in una speranza di vita tra le più basse e in una mortalità evitabile elevata, segno di mancanze gravi nella prevenzione e nelle cure. Anche la qualità della vita delle donne è penalizzata da una forte disparità occupazionale e dalla scarsità di servizi per l’infanzia.
La sfida è enorme: occorre ripartire dalle persone e dai loro bisogni, elaborando un piano strategico che integri occupazione, servizi, mobilità e cultura. Solo così Siracusa potrà uscire dall’angolo e ricostruire un percorso virtuoso in grado di far aumentare la qualità della vita e l’attrattività proficua di nuovi residenti.
Tuttavia, senza una visione di lungo periodo, Siracusa resterà prigioniera delle ultime posizioni, condannata a un declino che non è inevitabile, ma frutto di scelte sbagliate e di inerzia politica che può essere riattivata spazzando via la classe dirigente che ha gestito fino ad oggi la cosa pubblica.
Ci sembrano invece palliativi autoassolutori e da privilegiati le prese di posizione di chi si scaglia contro la metodologia di rilevazione dell’indagine del Sole 24 ore, perché basterebbe frequentare un qualsiasi Pronto Soccorso di un ospedale, fare il pendolare, non potersi permettere le cure a pagamento o avere dei bambini piccoli o degli anziani non autosufficienti, per toccare con mano la concretezza di questi numeri.
Perché la qualità della vita non si può stimare solo con la retorica della bellezza dei luoghi, il sole ed il mare, ma con la quotidiana difficoltà di vivere in una provincia e una regione sempre più diseguali e in balia di una casta di privilegiati.