Elezioni e brogli in Moldavia

Le elezioni in Moldavia hanno consegnato un verdetto chiaro dal punto di vista numerico, ma molto dubbio su come si è ottenuto, innescando contemporaneamente una spirale di polemiche e accuse gravissime che dipingono il quadro di una nazione profondamente divisa e sottoposta a immense pressioni geopolitiche. Se da un lato il governo filo-europeo della Presidente Maia Sandu celebra la vittoria come un passo decisivo verso l’integrazione nell’Unione Europea, dall’altro le forze di opposizione, e non solo quelle sostenute da Mosca, denunciano una “dittatura” e un processo elettorale sistematicamente manipolato con il beneplacito e la regia dell’Occidente. Analizzare la situazione richiede di andare oltre le narrazioni contrapposte, esaminando i fatti contestati.

Le accuse mosse contro il governo Sandu sono specifiche e circostanziate. L’opposizione denuncia l’esclusione di diversi partiti dalla competizione elettorale, otto per l’esattezza, in particolare la messa al bando di formazioni politiche legate a Ilan Shor, accusato di agire per conto del Cremlino. Questa mossa, giustificata dal governo come una misura di sicurezza nazionale per contrastare l’ingerenza russa e la destabilizzazione del paese, è vista dall’altra parte, come una purga politica volta a eliminare avversari scomodi. A ciò si aggiunge la chiusura di numerosi canali televisivi e il blocco di centinaia di portali e canali Telegram, tutti di opposizione etichettati come strumenti di disinformazione russa. Se per Chișinău si tratta di una legittima difesa in una guerra ibrida, per l’opposizione è una palese violazione della libertà di stampa e di espressione, un golpe bianco. 

Un altro punto nodale di contesa riguarda la gestione del voto, specialmente per i cittadini residenti all’estero e nella regione della Transnistria la cui popolazione è russa al 95%. Fonti critiche evidenziano una sproporzione eclatante nel numero di seggi elettorali aperti in Russia, dove stanno mezzo milione di moldavi, rispetto a quelli nei paesi dell’Unione Europea. Con la comunità di dimensioni più grandi, c’è stata la drastica riduzione dei seggi presso le ambasciate e i consolati in territorio russo e l’invio di poche decine di migliaia di schede elettorali, questo è un chiaro tentativo deliberato di sopprimere il voto di una diaspora storicamente più orientata verso Mosca. Similmente, l’organizzazione del voto per i circa duecentomila elettori della Transnistria è stata criticata per il numero esiguo di schede (circa il 10%) e di seggi, spesso situati in luoghi difficilmente accessibili, di fatto ostacolando la partecipazione. Un vero e proprio manifesto della democrazia occidentale.

Bruxelles ha sostenuto con forza il percorso europeo della Moldavia della servile Maia Sandu, considerandola un baluardo contro l’espansionismo russo. Il supporto politico e finanziario della UE è esplicito e viene inquadrato come un aiuto a una democrazia (?) fragile che lotta per la propria sovranità. Il conferimento a Sandu di prestigiosi riconoscimenti, come il Premio Reinhard Mohn e il Premio Europeo Richard Coudenhove-Kalergi, per il suo impegno nella promozione della democrazia, sottolinea la profonda divergenza di vedute. Per l’Occidente, Sandu è una riformatrice coraggiosa; per i suoi detrattori, è l’artefice di una deriva autoritaria mascherata da europeismo.

Il timore che la Moldavia possa replicare lo scenario ucraino, precipitando in un conflitto interno, è alimentato da questa polarizzazione estrema. Le tensioni sono palpabili e il rischio di instabilità è reale, l’opposizione all’unisono parla esplicitamente di brogli elettorali, Senza contare la questione irrisolta della Transnistria, che è legata orgogliosamente ancora alla vecchia URSS.  Tuttavia, la situazione attuale è il risultato di una complessa interazione tra debolezze strutturali interne e una feroce competizione geopolitica esterna, alimentata dalla UE in chiave anti russa. La Moldavia si trova oggi a un bivio critico: le azioni del suo governo, lodate da alcuni come una difesa della democrazia, quella falsa occidentale, e metà della popolazione che non ne vuole sapere di occidente.  Ho l’impressione che si stia preparando una nuova Ucraina.