Torre dei Conti: gli applausi ad un operaio che muore

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Tratto dalla pagina FB “Morti di lavoro” L’ambulanza non è partita a sirene spiegate ma è rimasta ferma ai piedi della Torre dei Conti, segno evidente che le condizioni di Octav Stroici, 66enne operaio edile romeno, erano critiche. La folla però ha deciso che era arrivato il momento di applaudire e così è stato: il sindaco, il ministro, gli alti papaveri, i turisti, financo i soccorritori battevano le mani a un uomo che di lì a poco avrebbe esalato l’ultimo respiro, dopo 11 ore sotto calcinacci e detriti, i polmoni intasati dalla polvere, libere soltanto la testa e una spalla. 
Per i plaudenti tutto era andato bene e lo spettacolo era stato di gradimento, neanche fossero stati sul set di “L’asso nella manica”, lo spietato film di Billy Wilder del 1951 in cui il giornalista alcolizzato Kirk Douglas monta un grande show intorno al salvataggio di un uomo bloccato in una grotta.
Invece no, non era un set, nessuno spettacolo, ma la durissima realtà che vivono gli operai nei cantieri di tutta Italia, dove i lavoratori muoiono ogni anno a decine. L’unica differenza è che stavolta il dramma si è consumato nel cuore antico di Roma, con vista sui Fori, sul Campidoglio e sul Colosseo. Qui, da un anno, Octav Stroici lavorava con i suoi compagni al consolidamento di quel rudere che i romani guardano con occhio distratto. 
Ogni mattina partiva da Monterotondo, dove viveva con la moglie, come altre centinaia di edili immigrati che vivono nei paesi intorno alla Capitale. 
Lunedì 3 novembre quando c’è stato il primo crollo nella Torre ha avuto la malasorte di trovarsi al piano più basso rispetto agli altri lavoratori ed è rimasto sotto le macerie. I vigili del fuoco l’avevano quasi raggiunto quando c’è stato il secondo crollo ed è iniziato un nuovo delicatissimo lavoro di sgombero dei detriti. Hanno lavorato in 140 per salvare l’operaio, rimasto cosciente per tutto il tempo e poco dopo le 22 l’impresa è stata portata a compimento. 
Purtroppo il cuore non ha retto il lungo stress e Octav è andato in arresto cardiaco, con le manovre di rianimazione iniziate già nell’ambulanza ferma. Sono proseguite dalle 23,05 al Policlinico Umberto I, dove però i medici hanno dovuto arrendersi dopo un’ora di tentativi, un’ora in cui la moglie dell’operaio recitava parole di speranza: “Il mio amore sta lottando. Ha parlato? Respira? Si riprenderà? Adesso basta lavorare. Gli manca un anno alla pensione. Poteva mettersi in disoccupazione. Ora l’importante è che si riprenda”. 
La morte di Octav Stroici è stata constatata alle 00,20 di martedì 4 novembre.

Morire per un’invenzione – di Michela Becchis
Una torre medievale, certamente maestosa e bellissima al suo tempo e fino al Quattrocento. Poi, i terremoti ne dimezzano l’altezza. E poi, molto dopo, arriva il Fascismo, la distruzione di una parte importante dell’urbanistica della città per aprire l’orrida Via dell’Impero. 
Nell’autunno 1934 il Governatorato capitolino inaugura i lavori di sistemazione esterna del manufatto medievale che si affaccia lungo via dell’Impero. Tutt’intorno una parte di città è stata abbattuta, gli abitanti dispersi come formiche; comincia la raffigurazione di una messinscena, fatta di monumenti antichi rinnovati e, con l’inaugurazione della Torre dei Conti, anche di un monumento medievale, così fortemente partecipe dell’estetica di quella parte di città da diventare nell’immaginario comune l’ultima vera memoria di quel che era stato cancellato per sempre. Ed era, in parte, un falso. Come falsa era la retorica fascista. Sempre. Ma poi quell’edificio era rientrato nell’uso quotidiano. 
A Roma tutto viene inghiottito alla buona. Fino a diventare uffici comunali, abbandonati nel 2006, già sgangherati, sudici, con la torre crepata e invasa dai capperi. Manutenzione? No di certo. Può essere messa a reddito come il Parco (giochi) Archeologico del Colosseo? No. E allora si abbandona, tanto così sembra ancor di più Medioevo. 
Ma arrivano i magnifici e progressivi fondi PNNR, bisogna spenderli e si immagina un’altra trasformazione, sciatta, volgare e falsa come quella degli anni Trenta: i Fori con la mega fermata “Colosseo” della Linea C (e trema la terra lì sotto, trema) e poi quella di “Piazza Venezia”, un museo ma anche un po’ centro commerciale, che alle cittadine e ai cittadini non servono, perché lì di abitanti non ce ne sono più (e trema la terra lì sotto, trema). Il Sindaco col caschetto non fa che dire che quella parte di Roma ri-sorgerà “più bella e superba che pria!”, bisogna pazientare. Come pazienta chi a 66 anni anziché andare in pensione viene messo a lavorare per fare finti musei, hub, aula studio, coworking…insomma tutte le parole da immobiliarista per nascondere una città luna park non più pensata per chi, a fatica, ci vive. 
Tutti a spingersi davanti alle lampade che illuminavano il crollo e la vita di un lavoratore che finiva lì sotto. E nessuno, al MIC, in Soprintendenza, in Prefettura, in Comune dirà “Basta, basta, fermate questa giostra”.