Copenaghen chiama, ecco la sinistra che vince quando fa la sinistra di alternativa

Di fronte al crollo storico della Socialdemocrazia danese nella capitale, la vittoria della coalizione rosso-verde svela un’alternativa al “pensiero unico” neoliberista: il coraggio di rompere gli schemi.

Il 18 novembre 2025 non è caduto solo un sindaco, è caduto un mito. La sconfitta del Partito Socialdemocratico (Socialdemokratiet) a Copenaghen, dopo 122 anni di regno ininterrotto, non è un incidente di percorso, ma la sentenza definitiva su una strategia politica suicida: l’idea che per governare si debba necessariamente scimmiottare la destra.   
Mentre a livello nazionale il governo di Mette Frederiksen persegue una linea di “responsabilità” neoliberista — fatta di tagli ai giorni festivi, retorica anti-immigrazione e un atlantismo muscolare che chiede ai cittadini di “lavorare di più” per finanziare il riarmo — a Copenaghen gli elettori hanno votato in massa per l’esatto opposto. Hanno scelto una sinistra che osa immaginare un mondo diverso.   

Il Fallimento della “Rincorsa a Destra”
Per anni, la socialdemocrazia europea, e quella danese in particolare, si è convinta di un dogma: per non perdere voti, bisogna spostarsi a destra su temi valoriali (immigrazione, sicurezza) e accettare il quadro macroeconomico neoliberista (austerità, competitività) come un fatto ineluttabile di natura. Il risultato di Copenaghen 2025 smaschera questa fallacia.
Spostando l’asse politico a destra, i Socialdemocratici non hanno fatto altro che legittimare la destra tradizionale e radicale. Se la risposta ai problemi sociali è “più disciplina” e “meno welfare”, l’elettore originale preferirà sempre l’originale alla copia. Non è un caso che l’Alleanza Liberale (destra libertaria) sia cresciuta tra i giovani, mentre l’elettorato storico socialdemocratico, deluso e alienato, si è rifugiato nell’astensione o ha cercato risposte vere a sinistra.
Oltre il Bipolarismo Forzato: La “Terza Via” è a Sinistra
La vittoria della coalizione guidata dal Partito Popolare Socialista (SF) e dalla Lista dell’Unità (Enhedslisten) — che insieme superano il 40% dei voti — dimostra che esiste vita oltre il “bipolarismo centrista” che vorrebbe obbligarci a scegliere tra un neoliberismo progressista e un neoliberismo conservatore.   
La nuova amministrazione di Copenaghen non ha vinto promettendo di gestire meglio l’esistente, ma proponendo una rottura paradigmatica sui temi del lavoro e del welfare, sfidando apertamente i vincoli di bilancio statali.

1. Lavorare meno, vivere meglio
Mentre il governo centrale predica l’aumento dell’offerta di lavoro, Enhedslisten ha portato al centro del dibattito la settimana lavorativa di 30 ore e la sperimentazione della settimana corta di 4 giorni per i dipendenti comunali. Non si tratta di un’utopia, ma di una risposta politica allo stress, all’usura fisica degli infermieri e dei pedagoghi, e alla necessità di redistribuire il lavoro in un’epoca di automazione. È la dimostrazione che il lavoro non deve essere una variabile dipendente dai mercati, ma un terreno di conquista di tempo e libertà.
2. Welfare universale contro i tagli
Il programma vincente di SF e Enhedslisten ha rifiutato la logica dei “tagli necessari”. Hanno imposto le “norme minime” (minimumsnormeringer) negli asili nido come linea rossa invalicabile: un adulto ogni tre bambini, costi quel che costi. Hanno difeso l’edilizia popolare contro la speculazione immobiliare dei fondi d’investimento (come Blackstone), chiedendo che il 25% dei nuovi alloggi sia accessibile a chi ha redditi bassi, sfidando le leggi di mercato che hanno reso Copenaghen un club per ricchi.   
Un modello per l’Europa
La lezione che arriva dalla Danimarca è chiara: quando la sinistra smette di chiedere scusa per essere sinistra, quando smette di accettare la cornice neoliberista e atlantista come “unico mondo possibile”, vince.
Il governo centrale socialdemocratico, intrappolato nella sua “necessità” di tagliare il welfare per finanziare le spese militari e compiacere l’industria, appare oggi vecchio e scollegato dalla realtà urbana. Copenaghen ha scelto di diventare un laboratorio di ecosocialismo: una città che vuole togliere spazio alle auto per darlo alle persone, che vuole ridurre l’orario di lavoro per aumentare la qualità della vita, e che non ha paura di dire che il mercato, da solo, non risolve nulla.
La destra si batte con una visione del mondo alternativa, non diventando una “destra gentile”. Copenaghen ci dice che è possibile rompere la gabbia.