Casa, Legge di Bilancio per il 2026: il deserto dei tartari dei diritti sociali

Siamo giunti anche quest’anno alla proposta di legge di bilancio per il 2026 che il Consiglio dei Ministri ha approvato e che sta per avviare il suo iter al Senato.
Si arriva a discutere questa legge di bilancio di circa 18 miliardi di euro, sull’onda di alcuni dati riguardanti la questione casa che evidenziano nel nostro Paese una precarietà abitativa tanto evidente quanto taciuta, che non fa audience e non rientra nell’agenda politica nazionale e, devo dire, anche locale.
Lo scorso 23 settembre il Ministero dell’interno ha reso noto i dati relativi agli sfratti del 2024. Il Ministero dell’interno afferma che nel 2024 sono state emesse 40.158 nuove sentenze di sfratto, 30.041 per morosità, 7.845 per finita locazione, 2.272 motivate da necessità. Le sentenze rispetto al 2023 sono aumentate di circa il 2%.
Le richieste di esecuzione da parte degli ufficiali giudiziari sono state 81.054 con un aumento rispetto al 2023 di circa il 10%. Gli sfratti eseguiti con la forza pubblica sono stati 21.337 sostanzialmente stabili rispetto al 2023. Nel 2024 sono stati eseguiti oltre 100 sfratti al giorno tutti senza alcun passaggio da casa a casa.
Da notare che in realtà gli sfratti eseguiti sono più di quelli rilevati in quanto nel monitoraggio del Ministero dell’interno non rileva: gli sfrattati che hanno lasciato l’alloggio prima dell’esecuzione; gli espropriati; e gli sgomberi di famiglie occupanti case popolari.

Lo scorso 14 ottobre l’Istat ha diffuso i dati relativi alla povertà assoluta. Nel 2024 Istat stima che siano oltre 2,2 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta, l’8,4% delle famiglie residenti, per un totale di 5,7 milioni di individui, il 9,8% dei residenti. Istat rileva quindi una sostanziale stabilità delle famiglie residenti in povertà assoluta e un lieve aumento, lo 0,1%, degli individui in povertà assoluta che erano il 9,7% nel 2023.
A fronte di una stabilizzazione delle famiglie in povertà assoluta va segnalato l’aumento delle famiglie in povertà assoluta in affitto. Queste passano dal 1.031.000 del 2023 al 1.049.000 nel 2024.
Quindi su un totale di 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta quelle in povertà assoluta e in affitto sono arrivate ad essere circa1.050.000, quasi il 50% del totale delle famiglie in povertà assoluta.
Resta pressoché lo stesso il dato di 650.000 famiglie nelle graduatorie per una casa popolare.
Se rapportiamo questi dati che esprimono un rilevante fabbisogno alla legge di bilancio per il 2026 c’è da restare sconcertati. Siamo di fronte quasi ad un deserto di iniziative, programmi e risorse e anche quando sembra che ci siano risorse queste non sono quantificate.

Nonostante che sia Salvini che Meloni periodicamente parlino di un Piano casa in via di definizione, il Piano casa è desaparecido, nessuno ne conosce i contorni effettivi ma c’è un indizio: nella legge di bilancio è previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro nel 2027 e 50 milioni di euro nel 2028 e un ulteriore finanziamento dal 2028 al 2030 di complessivi 560 milioni.  Si deduce da questo che per il Governo prima del 2027 non ci sarà nessun intervento sulla precarietà abitativa e che quelle risorse diventeranno programmi concreti negli anni successivi, tenuto conto della nota incapacità di spesa dei ministeri, delle regioni e dei comuni, evidenziatasi anche con le risorse del Pnrr. L’articolo133 della legge di bilancio per il 2026 prevede che le risorse per l’attuazione del Piano sociale per il clima: possono essere utilizzate per le finalità previste dai commi 282 e 283 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, in materia di contrasto al disagio abitativo, dal comma 402 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2024, n. 207, per le iniziative del Piano casa Italia e dai commi dal 613 al 615 dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nonché per le iniziative rientranti nell’ambito del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile e per interventi in materia di povertà energetica per le famiglie vulnerabili. Non si parla di cifre destinate al disagio abitativo e al Piano casa. Segnalo che il Piano sociale per il clima è finanziato per circa 9,3 miliardi di euro per accompagnare famiglie e imprese nella transizione ecologica dal 2026 al 2032. Risorse che provengono per 7 miliardi dal Fondo Sociale per il Clima dell’UE e per circa 2,3 miliardi di euro da cofinanziamento nazionale. Questi fondi saranno utilizzati anche per interventi su efficienza energetica, mobilità sostenibile, misure di sostegno al reddito e assistenza tecnica.  Per ora, quindi, solo un annuncio se non si indicano e quantificano le risorse destinate al disagio abitativo provenienti tra quelle del Piano sociale per il clima e soprattutto in quali anni.
Per quanto riguarda i contributi affitto restiamo alle briciole di 10 milioni stanziati nella scorsa legge di bilancio per il 2026 e altrettanti nel 2027. Per capire il ridicolo di tale stanziamento basti pensare che nel 2022, l’anno prima dell’avvento del Governo di destra, le risorse destinate al fondo contributo affitto erano pari a 320 milioni di euro. Secondo il Governo con 10 milioni di euro a livello nazionale, si contrastano gli sfratti.

Nella manovra bollinata dalla Ragioneria cambia la misura che innalzava al 26% la cedolare secca sugli affitti brevi anche alla prima unità immobiliare destinata a b&b. L’articolo 7 del provvedimento, infatti, mantiene la cedolare al 21% ma solo nel caso in cui “nell’anno di imposta non siano stati conclusi contratti aventi ad oggetto tale unità immobiliare tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o tramite soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare.
In realtà sulla cedolare secca alle unità immobiliare destinata a b&b che sia al 21% o al 26% è una misura che va solo a vantaggio della rendita immobiliare. Ci vorrebbe ben altro. Intanto si dovrebbe procedere alla abolizione della cedolare secca prevista per chi affitta a libero mercato e a b&b, in quanto è incomprensibile e di nessuna utilità prevedere una tassazione favorevole per chi intende ottenere il massimo del mercato. In questo modo non c’è alcuna possibilità di intervenire sul caro affitti che opprime le famiglie povere in affitto e le famiglie sfrattate per morosità incolpevole.

Ma non basterebbe un intervento solo fiscale, sarebbe necessario definire un piano di edilizia residenziale pubblica per realizzare, attraverso il recupero del patrimonio immobiliare pubblica e privato, senza consumo di suolo, almeno 500.000 ulteriori case popolari. Sarebbe necessario procedere alla abrogazione del canale a libero mercato della legge 431/98. Infine si dovrebbero stanziare risorse per recuperare e procedere alla assegnazione delle circa 100.000 case popolari oggi inutilizzabili per mancanza di manutenzioni.

Massimo Pasquini, attivista per il diritto all’abitare