Giornata “ruvida”, tosta, quella che ha visto oggi sfilare per la città di Genova più di duemila metalmeccanici, chiamati in piazza da CGIL, CISL e USB, a difesa dell’occupazione nell’ex-ILVA e in Ansaldo. Presenti delegazioni di altri comparti. Presente anche uno striscione di Rifondazione Comunista.
È stato un corteo estremamente pacifico. Nonostante questo, davanti alla Prefettura, la forza pubblica ha fatto trovare una blindatura fatta di cellulari, grate e ampio spiegamento di caschi e manganelli. Alle giuste proteste dei lavoratori, hanno pure risposto con un intenso lancio di lacrimogeni (anche quelli CS, quelli vietati in guerra), che hanno riempito di gas la limitrofa piazza Corvetto.
Dopo un primo sbandamento, il presidio si è ricomposto e ha fatto marcia verso la vicina stazione ferroviaria di Brignole, andandone ad occupare i binari. Alla notizia che si era ottenuta la calendarizzazione, per domani, di una riunione con il ministro “del made in Italy”, l’occupazione è stata tolta ed il corteo è ripartito per Cornigliano.
Lo sciopero è stato indetto dopo avere constatato che l’attuale governo non ha intenzione alcuna di intervenire nella crisi, soprattutto impiantistica, della siderurgia italiana.
La responsabilità dell’attuale situazione coinvolge anche precedenti governi: dalla dismissione del ruolo pubblico in questo asset strategico, alla sua svendita a privati che non hanno fatto altro che spolpare quanto ancora reso possibile da impianti già datati. Oggi, però, è inderogabile parlare di nazionalizzazione delle Acciaierie d’Italia: andando oltre le eventuali “intenzioni”, non esiste privato che sia in grado di investire i miliardi necessari al risanamento dei siti produttivi, alla realizzazione di altoforni non legati al ciclo del carbone e all’investimento di risorse per acciai di qualità, in un settore dove è già presente un surplus di produzione internazionale. Queste osservazioni dirimenti, come Rifondazione Comunista, le stiamo dicendo da almeno vent’anni, inascoltati, anche da ampi settori sindacali.
Il vento, però, forse sta cambiando, se è vero che la Sindaca di Genova è intervenuta chiedendo il mantenimento del ciclo produttivo (nessuno stop ai laminatoi) “anche nazionalizzando l’impresa, seppur temporaneamente”. Certo che la parola nazionalizzazione, pronunciata senza avverbi e aggettivi, fa davvero paura!
A monte di tutto, servirebbe un governo che avesse come scopo quello di tutelare il bene comune (lavoro in primis) e gli interessi nazionali, che dovrebbe produrre e realizzare piani industriali di settore, necessari a tenere in vita produzioni che la globalizzazione dell’economia tende sempre più a delocalizzare. Una nazione non può andare avanti restando unicamente una piattaforma logistica, aperta qua e là al turismo. L’acciaio, la sua produzione e trasformazione, è asset strategico in una nazione che ha sempre fatto della manifattura la sua economia trainante. A chilometri zero dall’ex-ILVA di Genova ci sono Ansaldo, Fincantieri e Cantieri navali privati, solo per fare un esempio, produzioni che non usano burro per fare turbine o navi.
La forte determinazione dei metalmeccanici genovesi per noi è un punto strategico di forza : on è concepibile, non è accettabile nessun fermo produttivo! Questi operai si stanno affiancando al CALP e a Music for Peace e assumono un ruolo nazionale nelle rivendicazioni per un mondo più giusto, più equo. Non c’è spazio per tentennamenti. O cambierà, o lotta dura sarà! Come nella Genova del 2001 “Un altro mondo è possibile!” Bene: iniziamo a costruirlo! Esigiamolo!