L’Italia dei rendering contro l’Italia dei binari morti: il fallimento di Salvini nel report Pendolaria

Mentre il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti celebra se stesso attraverso rendering futuristici e promesse di cantieri epocali, il rapporto Pendolaria 2025 di Legambiente scatta una fotografia brutale della realtà: l’Italia è un Paese ferroviariamente spaccato in due, dove il diritto costituzionale alla mobilità è diventato un lusso per pochi. Il divario tra la narrazione del Ministro Matteo Salvini e l’esperienza quotidiana di milioni di studenti e lavoratori non è mai stato così profondo.

Il cuore della critica risiede in una gerarchia delle priorità che appare quasi perversa. Da una parte, il Governo ha blindato nella Manovra 2025 i finanziamenti per il Ponte sullo Stretto, un’opera dal costo lievitato oltre i 14 miliardi di euro, e continua a drenare risorse verso la TAV Torino-Lione. Dall’altra, il trasporto pubblico locale (TPL) agonizza: i fondi per il materiale rotabile regionale sono insufficienti e i sussidi per l’esercizio delle linee sono fermi a livelli pre-pandemici, nonostante l’inflazione e l’aumento dei costi energetici.

I numeri di Pendolaria sono un atto d’accusa: al Sud, il 90% delle linee ferroviarie è ancora a binario unico e oltre la metà non è elettrificata. In Sicilia, dove il Ministro vorrebbe posare la prima pietra del Ponte entro l’anno, si viaggia ancora a velocità ottocentesche su convogli a gasolio. È l’insulto finale: progettare un collegamento iper-tecnologico tra due regioni dove, una volta scesi dal ponte, i cittadini si ritrovano prigionieri di una rete ferroviaria fatiscente e di stazioni abbandonate.

Ma non è solo una questione meridionale. Il report evidenzia come nelle grandi aree metropolitane del Nord e del Centro il servizio stia peggiorando. Le “linee dell’orrore” — dalla Roma-Lido alla Circumvesuviana, fino alle tratte lombarde gestite da Trenord — raccontano di pendolari stipati in vagoni vecchi, soggetti a guasti cronici e soppressioni improvvise. Per il Governo, queste persone sembrano non esistere. La politica dei “grandi eventi” e delle “grandi opere” ignora sistematicamente la manutenzione ordinaria e il potenziamento dei nodi urbani, lì dove si muove la vera economia del Paese.

La scelta di Salvini è puramente ideologica: preferisce il monumento di acciaio e cemento, utile a marcare il territorio elettorale, alla dignità del viaggio quotidiano. Investire nel Ponte invece che nel potenziamento dei trasporti regionali significa negare il diritto allo studio per chi vive in provincia e il diritto al lavoro per chi non può permettersi un’auto privata.

In un 2025 segnato dalla necessità di una transizione ecologica urgente, il Governo sceglie di investire sulla mobilità di élite o su opere dal dubbio ritorno sociale, lasciando che il trasporto pubblico locale scivoli verso un declino irreversibile. Pendolaria ci ricorda che un Paese moderno non si misura dai ponti che promette di costruire, ma dai treni che riesce a far arrivare in orario ogni mattina. E su questo binario, la politica del MIT è tristemente ferma al palo.