«Il consumo di suolo è una delle principali emergenze ambientali del nostro tempo. Continuare a ignorarlo, in nome del profitto privato, significa compromettere il futuro delle nostre comunità». Così leggiamo nell’intervento “Consumo di suolo: l’Emilia-Romagna maglia nera d’Italia, cancellare la legge urbanistica”  già apparso su questo sito. 
Condivido pienamente, e aggiungo qualche considerazione:
1 – purtroppo la “maglia nera” annuale all’Emilia-Romagna non significa che il resto d’Italia stia bene; scrivendo dalla Sicilia posso assicurare che, sebbene l’isola sia già maglia nera, o grigio scura, in molte “specialità” (dall’occupazione alla Sanità ai servizi in genere), le grandissime, grandi medie e piccole imprese, i minimi roditori sociali che la popolano, coadiuvati dalle istituzioni nazionali regionali e locali, hanno fatto e continuano a fare di tutto per infliggere grossi danni al territorio: dai monti alle piane al mare. Certo è che l’intero Paese è sotto attacco;
2 – il rapporto ISPRA e SNPA (https://www.snpambiente.it/pubblicazioni/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici-edizione-2025/ ) andrebbe studiato molto bene. Comunque quel che si nota dalle sintesi che ne appaiono rivela che fra i nuovi Grandi Distruttori (i “vecchi” sono i palazzinari e i grandi imprenditori di opere strategiche) ci sono le piattaforme, gli impianti energetici, e – ahinoi! – i neri pannelli fotovoltaici (anche in versione soft, quella agrivoltaica) diffusi sui terreni agricoli in grandi quantità e talvolta molto invasivi e concentrati;
3 – Su quest’ultimo tema occorre porre molta attenzione per due motivi: il primo è il fatto in sé: possiamo assistere gioiosamente alla copertura del terreno agricolo, delle colline e delle campagne, pensando che sia la pietra filosofale della transizione energetica? Possiamo non sospettare che l’agricoltura di qualità, che sopravvive stentatamente fra grandi imprese capitalistiche guidate dalla grande distribuzione, non sia attaccata anche da chi strategicamente punta all’accaparramento di terre (il land grabbing che sta all’origine della concentrazione capitalistica, e che è allegramente praticato in tutto il mondo), anche approfittando della crisi idrica e del conseguente abbandono delle campagne e dei territori collinari e montani? E che ne è dell’art. 9 della Costituzione, che protegge il “paesaggio”?
4 – Il secondo motivo è l’evidente connessione che sussiste fra “pannellizzazione” e produzione/consumo dell’energia elettrica, con buona pace del defunto risparmio energetico. Si consuma sempre più energia, e ne occorre ancor di più. I server per i Big Data e per l’Intelligenza Artificiale sono ultravoraci, alla faccia della pretesa sostenibilità dell’informatizzzione, e – fra l’altro – consumano incredibili quantità di acqua (cfr. “Nuova Ecologia”, ottobre 2025). Eppure anche in Legambiente convivono, con i molti operatori e attivisti pieni di buona volontà (io stesso ne sono un socio, sebbene poco attivo) anche diversi tecnocrati convinti, spesso in ruoli apicali, che guidano la trasformazione energetica per via di pannelli.
5 – Infine (last but not least): dobbiamo cominciare a ripensare al cambiamento climatico e alle sue connessioni con la protezione del suolo. Il prof. Paolo Pileri, del Politecnico di Milano, lo ripete un mese dopo l’altro nella sua rubrica su Altreconomia, e ha dimostrato in un suo libro (L’intelligenza del suolo, Altreconomia edizioni 2022) come questa preziosa e fragile riserva sia la più grande protezione, nelle sue condizioni naturali, dal riscaldamento globale. Siamo tutti d’accordo che questa sia l’emergenza principale dei prossimi anni, dopo il rischio della guerra globale, e che il fotovoltaico e, in genere, le rinnovabili, siano lo strumento da perseguire, per esempio iniziando dalle strutture dismesse: ma non certo a danno del suolo, dell’agricoltura, del paesaggio, e, insomma, del più prezioso aiuto che abbiamo contro il surriscaldamento.