La Sanità alla guerra?

Il Governo italiano sta operando per prepararsi ad una imminente guerra ed essere in grado di intervenire in un conflitto militare su larga scala, in cui l’Italia potrebbe essere coinvolta. Ad aprile si è costituita una struttura permanente fra ministero della Difesa, della Sanità, delle Infrastrutture sotto la regia di Palazzo Chigi, nella persona del sottosegretario Mantovano.

Il ministero della salute, con uno specifico decreto ha istituito presso l’ufficio di gabinetto un “Tavolo permanente in materia di resilienza di soggetti critici” composto di dieci membri, che si è riunito una prima volta a inizio giugno e poi all’inizio di settembre.  Nel decreto fondativo (in attuazione del Dlgs 134/2024, che stabilisce le regole per garantire in ogni evenienza il funzionamento delle strutture essenziali dello stato) si attribuisce a questo tavolo tecnico il compito di “definire una strategia sulla resilienza in campo sanitario che stabilisca ruoli e responsabilità dell’insieme degli organi, istituzioni ed enti coinvolti nella predisposizione di piani e misure di preparedeness & response per la gestione di emergenze sanitarie su vasta scala”.

Si chiarisce poi subito di che cosa si sta parlando, facendo esempi inequivocabili quando ci si riferisce a eventi C.R.B.N. (chimici, radiologici biologici e nucleari) o anche “a scenari di crisi come, ad esempio, in caso di attivazione degli articoli 3 e 5 del Patto Atlantico”. Tra le molte finalità operative del Tavolo c’è quella di approfondire la collaborazione fra sanità civile e militare con esercitazioni congiunte e percorsi formativi per preparare il personale ad affrontare traumi di guerra da esplosione, le amputazioni, le maxi-evacuazioni, le capacità di interfacciarsi con ospedali da campo o strutture esterne. La sanità italiana si considera in grado di rispondere ai requisiti minimi che la Nato pretende per la assistenza sanitaria. Per la preparazione del piano il Tavolo ha ipotizzato un possibile scenario di “host nation support “ (supporto della nazione ospitante) in tre fasi. Ha previsto la fase dell’arrivo delle truppe, della loro mobilità nel paese e anche un possibile coinvolgimento nel combattimento attivo all’estero con relativo rientro di feriti.

Il governo Meloni prepara la Sanità alla guerra.

Francia e Germania lo hanno già fatto con indicazioni esplicite e pubbliche agli ospedali per attrezzarsi ad accogliere feriti di guerra. Meloni lo fa in sordina, con piani riservati affinché si sappia il meno possibile e il più tardi possibile, consapevole che la maggioranza degli italiani è contro la guerra. E intanto costruisce il clima politico perché tutti e tutte si mettano l’elmetto, si convincano della necessità dello scontro militare, del riarmo, con false notizie sulle pericolose intenzioni di Putin, il nemico russo.

In questo il Governo è aiutato da tutti i mezzi di comunicazione privati e pubblici che funzionano come il Minculpop nel ventennio fascista: silenziano alcune notizie (il Tavolo si è costituito da mesi e il decreto che lo ispira è di aprile) e ora sono impegnati a dimostrare che Putin vuole aggredire l’Europa, a partire dall’allarme falso costruito sui droni russi che sorvolerebbero in quantità lo spazio aereo di altri stati confinanti. Dal testo del decreto e da ciò che è trapelato dalle riunioni emerge il profilo di un governo irresponsabile, subalterno alla Nato pronto a trascinarci in guerra, anche se con toni più cauti dei paesi “volonterosi.” Ma la irresponsabilità si allarga e diventa organizzazione cosciente e criminale della macelleria sociale: si traduce in aumento delle spese militari e conseguenti tagli spaventosi al welfare e alla Sanità Pubblica.

È in gioco il nostro Servizio Sanitario Nazionale, sfibrato da decenni di tagli e di privatizzazioni, chiamato anche coi corpi dei suoi lavoratori e delle sue lavoratrici a sprecare tempo, risorse e vita per una guerra in difesa degli interessi delle élite neoliberiste europee, abbarbicate alle loro pratiche razziste, coloniali, disumane ed egoiste.

No, dunque, a questo passo grave di militarizzazione della Sanità.