Dall ‘editoriale di Laurent Mouloud de l’Humanitè dell’8 ottobre (traduzione a cura di Giovanna Capelli)
Non c’era molto da aspettarsi. Non sorprende che la “missione lampo” di 48 ore guidata da Sébastien Lecornu non abbia portato una soluzione miracolosa alla crisi politica in cui Emmanuel Macron ha immerso il paese. Né ha fornito indizi sull’identità del prossimo inquilino di Matignon – la patata bollente è stata rimandata al capo dello Stato. Tuttavia, il Primo Ministro dimissionario ha comunque elencato le prossime questioni controverse. Tra queste, la riforma delle pensioni. “Dovremo trovare un modo per far sì che il dibattito abbia luogo”, ha ammesso Sébastien Lecornu, con grande disappunto della destra e degli ambienti imprenditoriali. Era ora. Non sorprende che la riforma delle pensioni sia al centro di tutti i negoziati odierni. Rimane una profonda frattura politica. Ma non solo. È anche l’emblema della presidenza elitaria di Emmanuel Macron: un testo tecnocratico, redatto senza consultazione, destinato soprattutto a soddisfare i mercati finanziari sul controllo della spesa pubblica, il tutto votato dal 49,3% dei parlamentari, sfidando la rappresentanza nazionale, milioni di manifestanti e un’opinione pubblica in gran parte ostile… Un distillato di arroganza antidemocratica e antisociale. Una frattura tra la minoranza della Francia “dall’alto” e la maggioranza della Francia “dal basso”. Vedere oggi questo totem macronista vacillare dalle sue fondamenta è una vittoria per la sinistra e i sindacati. Dimostra che un Paese non si fa andare contro se stesso. D’ora in poi, qualunque cosa decida il Capo dello Stato nelle prossime ore o nei prossimi giorni, una cosa è chiara: nessun governo può sperare di alleviare la crisi sociale e politica senza sospendere o abrogare questa riforma o senza tenere conto delle ripetute aspettative dei francesi in materia di giustizia fiscale, potere d’acquisto e controllo degli aiuti pubblici alle imprese. Qualsiasi altra opzione equivarrebbe a prolungare l’impasse di una Macronia morente. E la negazione della democrazia su cui cerca di sopravvivere da troppo tempo.