Se non stai con me, devi morire: a Milano un altro femminicidio, il 71°

A Gorla, un quartiere di Milano il 14 ottobre Pamela Genini, una giovane donna modella e imprenditrice, è stata uccisa nel suo appartamento con 24 coltellate su ogni parte del corpo dal compagno Gianluca Soncin con cui aveva avuto una relazione sentimentale, che aveva troncato. All’arrivo della polizia, che ha dovuto sfondare le porte della casa, l’uomo ha tentato di suicidarsi ed ora è all’ospedale in stato di fermo. Il Soncin aveva già manifestato la sua violenza rifiutando l’abbandono con una serie di pesanti condotte persecutorie e ripetute minacce di morte. Per entrare nella casa di Pamela contro la sua volontà si era addirittura procurato un mazzo di chiavi con l’inganno.

Con poche varianti questa storia tremenda si ripete senza fine: una donna uccisa da un uomo, non un estraneo, un uomo incontrato per caso, ma il marito, il fidanzato, l’amante, che non accetta di essere lasciato e comincia a blandirla, a seguirla, a perseguitarla, a minacciarla, fino ad arrivare ad ucciderla. E ’amore? E ’gelosia? E’ un raptus di un maschio offeso?  I giornali ricamano sulle storie dei femminicidi, (come per gli stupri e le violenze sessuali) in senso misogino. In questo caso si insiste sul fatto che il Soncin era già pregiudicato e condannato per altri reati, come per liberare dalla responsabilità della violenza di genere tutti gli uomini, che pregiudicati non sono.  Pamela Genini non è stata uccisa, perché ha avuto una relazione con un delinquente, un mostro, una mela marcia. Aveva ragione invece Elena Cecchettin, quando definiva Filippo, l’assassino timido e incensurato della sorella Giulia “figlio sano del patriarcato”.  Non si è ancora compreso fino in fondo che il femminicidio è l’iceberg emergente e putrido della violenza patriarcale, che struttura le fondamenta della nostra società, profonda e millenaria nelle origini, ma funzionale al capitalismo, in ogni fase del suo sviluppo, e al suo dominio, tanto più oggi che esso vive una fase di crisi che trascina verso una guerra totale o verso tante guerre permanenti.

Il movimento femminista a livello internazionale da decenni ha intrapreso questa lotta di disvelamento e decostruzione del patriarcato, anche a partire dal dare un nome a questa fattispecie di reato, cioè femminicidio, Poi si è aperta la lotta per combatterlo, su due piani, quello della punizione del reato e quella delle misure per evitare che il percorso di stalking, violenze fisiche, minacce di morte, etc., si concluda con la uccisione delle donne. In luglio al Senato è stato approvato all’unanimità un disegno di legge che introduce nel codice questo reato specifico e lo punisce con l’ergastolo e prevede confisca dei beni dell’autore del delitto, braccialetto elettronico potenziato, nuovi diritti per le vittime, stretta sui benefici penitenziari, campagne nelle scuole, più formazione per magistrati e sanitari e una relazione annuale del Ministero un disegno di legge ambiguo e pericoloso

Le donne si vogliono vive. L’aumento delle pene non è un mezzo per frenare i reati, né l’ergastolo è un provvedimento in armonia con la società che le donne vogliono costruire, dove la pena dovrebbe avere la finalità di reinserimento positivo nella società. La repressione e il populismo penale del “buttiamo le chiavi “rafforza il patriarcato ed è la cifra che questo Governo ha scelto per accarezzare l’emancipazionismo reazionario. Non a caso rimangono debolissimi, imperfetti e/o inefficaci i provvedimenti e i percorsi di prevenzione della violenza (Codice rosso, legge n.69/2019) a partire dal monitoraggio dei femminicidi che oggi ci viene dato con esattezza solo dall’Osservatorio di Non Una di Meno e non, come di legge, dal Ministero degli interni, che è fermo al mese di Aprile del 2025.  Inascoltati ed emarginati come sempre dal Governo i Centri Antiviolenza, che sono il cuore della pratica quotidiana della lotta contro la violenza degli uomini contro le donne e della solidarietà con le vittime che si ribellano e ridiventano padrone della loro vita Ma questo è il campo aperto e vivo del conflitto di genere e del ruolo del femminismo a partire dalla prossima scadenza del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.   

In copertina Splendidi Soli, Tecnica mista 60 x 80, 2006 di Maria Lombardo