Tratto da Pressenza
Dopo gli articoli di Gianmarco Pisa sull’ultimo Premio Nobel per la Pace (Un Premio Nobel senza pace), l’articolo di Enzo Abbinanti sui commenti quantomeno strani che lo hanno accolto nella sinistra istituzionale (“Nobel alla Machado: i commenti “a sinistra”…”), l’interessante articolo di Marco Consolo e la lettera del grande Premio Nobel per la Pace argentino Adolfo Pérez Esquivel proponiamo un articolo che ripercorre la storia politica della Machado, tra casi giudiziari, filo-atlantismo e un ruolo centrale nei tentativi di golpe fascisti del 2002 contro Chavez, del 2019 di Juan Guaidò contro il presidente costituzionale Maduro e del 2024 contro Maduro gridando falsamente ai brogli elettorali.
Ho aspettato molti giorni a scrivere questo articolo. Un po’ per mantenere la calma; un po’ per poter gestire la rabbia in questi tempi veramente difficili, accompagnati da strenua impotenza. Ho preferito che si sedimentassero gli animi. Ho preferito che le assurdità del mainstream continuassero a vagare e vedere, in modo palese, come si concretizzavano sia nella carta stampata nazionale, sia nei telegiornali, sia nei talkshow, sia nelle nostri menti di cittadini-utenti che assorbono – spesso passivamente – le notizie che ci vengono propinate.
Ho preferito vedere fino a che punto si potesse raccontare, quasi “allegramente”, un fattaccio di queste dimensioni e in che modo si potesse fa digerire in massa l’erosione totale del significato stesso del Premio Nobel per la Pace. Ho preferito guardare come i media nostrani – attraverso la fantomatica pretesa di “neutralità” dei nostrani “professionisti dell’informazione” – siano stati in grado di far digerire Maria Corina Machado nella categoria dei Premi Nobel per la Pace al pari dei grandi Premi Nobel per la Pace di sempre: Linus Carl Pauling, Martin Luther King, Sua Santità il XIV Dalai Lama, Desmond Tutu, Nelson Mandela, Rigoberta Menchù Tum, Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), Adolfo Pérez Esquivel, Mairead Corrigan, Madre Teresa di Calcutta, Michail Sergeevič Gorbačëv, Yasser Arafat, Amnesty International, Campagna Internazionale per il Bando delle mine antiuomo (ICBL), Medici Senza Frontiere, International Physicians for the Prevention of Nuclear War, Wangari Maathai, Muhammad Yunus, Malala Yousafzai e Nihon Hidankyō (organizzazione giapponese rappresentante degli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e noti per la loro lotta internazionale per l’abolizione delle armi nucleari).
Ed è stato proprio così. Sabato 11 ottobre, tutti i quotidiani mainstream incensavano la sua vittoria senza minimamente raccontare la storia di questa strana attivista. La stampa liberale-borghese nazionale, rappresentata dal Corriere della Sera titolava: “A Machado il Nobel per la pace. Premiata l’attivista anti-Maduro. La “signora di ferro” del Venezuela da anni si oppone al regime”. La stampa borghese liberal-democratica, rappresenta da La Repubblica scriveva “Nobel a Machado, l’anti-Maduro. La Casa Bianca: “Scelta politica””, volendo far intendere assurdamente che l’assegnazione del Nobel a Machado fosse un dispetto a Trump, una risposta “a sinistra” rispetto alla candidatura di Trump al Nobel. La becera stampa vicina all’alt right italiana, rappresentata da Libero, invece titolava: “Sinistra sempre dalla parte sbagliata. Nobel in testa ai comunisti” – con tanto di elogio all’anticomunista Machado che ha dedicato il suo Nobel proprio a Trump, quasi a sottolineare che è come se l’avesse vinto de facto Trump.
I media occidentali l’hanno chiamata positivamente “Iron Lady venezuelana”, equiparandola alla Iron Lady europea Margareth Thatcher; l’imprenditrice di successo che in Venezuela ha rifiutato l’esilio”, “pasionaria di destra” o addirittura “Libertadora”, declinazione femminile dell’epiteto Libertador storicamente associato alla figura di Simon Bolivar, condottiero militare e politico venezuelano che, insieme a José Martín, il principale artefice dell’indipendenza latino-americana.
Mentre l’Occidente si beve passivamente la vittoria di questa sconosciuta ai più, c’è chi conosceva bene la sua storia ed ha scritto molto delle sue gesta. Puntuale è arrivata l’analisi di Geraldina Colotti, una delle massime esperte di Venezuela in Italia. Oltre agli importanti siti di controinformazione come L’Indipendente, L’Antidiplomatico, Contropiano, OttolinaTV, Altrenotizie.org, Pressenza Italia e molte altre testate online, gli unici quotidiani cartacei che l’11 ottobre hanno dato una notizia – quanto meno bilanciata – dando informazioni sulla figura della Machado sono stati Il manifesto e il Il Fatto Quotidiano.
E’ stato proprio Il Fatto a definire la Machado “Magazuela”, in riferimento alla sua appartenenza all’estrema destra venezuelana vicina al movimento MAGA (“Make America Great Again”) di Trump e al suo sostegno al anarcocapitalista Milei in Argentina, alle sue simpatie per Bolsonaro in Brasile e al governo sionista d’estrema destra di Benjamin Netanyahu in Israele artefice dell’attuale genocidio contro la popolazione gazawi, oltre che responsabile delle razzie continue in Cisgiordania.

La leader dell’opposizione venezuelana ha telefonato ieri al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, congratulandosi per “i successi di Israele” nella settimana in cui è entrato in vigore il cessate il fuoco, dopo un’operazione militare israeliana durata due anni che ha causato la morte di oltre 67.000 persone a Gaza.
Non solo, nel 2020 il partito della Machado, Vente, ha sottoscritto un patto di gemellaggio con il Likud, partito d’estrema destra israeliano di cui è membro Benjamin Netanyahu. Nel 2021 la Machado definì Netanyahu su Twitter “un genuino alleato della libertà”, promettendogli lo spostamento della Ambasciata venezuelana a Gerusalemme e l’ingresso commerciale nel paese con acquisto di armi qualora lei o un suo candidato fossero diventati presidenti del Venezuela.

Nonostante queste dichiarazioni, la Machado sembra avere l’appoggio incondizionato della maggioranza di governo italiana oltre che il sostegno dei neoliberali del PD (dalla Picierno alla Boldrini), di Azione di Calenda, di Italia Viva di Renzi e dello scrittore Roberto Saviano, i quali hanno espresso elogio alla Machado insieme a tutto il coro della destra italiana. La chiosa arriva dal Vaticano: “Spero che possa aiutare il Venezuela a ritrovare la via della democrazia” – ha dichiarato il Cardinal Parolin, segretario di Stato vaticano.
Infatti i motivi del Nobel sembrano eccelsi. Il premio va a una “coraggiosa e impegnata paladina della pace” – ha annunciato l’Istituto Nobel durante la cerimonia in Norvegia – “Una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente”. Nella sua motivazione, il comitato norvegese ha sottolineato “il suo instancabile lavoro nel promuovere i diritti democratici del popolo venezuelano e la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia”. Ma davvero Maria Corina Machado mantiene viva la fiamma della democrazia o è parte dell’oscurità crescente? Davvero promuove i diritti democratici per il popolo venezuelano e per una transizione giusta e pacifica alla democrazia?
Queste sono solo opinioni di chi forse non conosce la storia della Machado o fa di tutto per ignorarla.
Infatti, questa signora dell’estrema destra venezuelana è stata fautrice di innumerevoli piani golpisti e destabilizzanti contro il governo socialista bolivariano sia con Chavez, quando Machado dirigeva l’ONG Sumate, finanziata dagli USA; sia con Maduro, essendo ispiratrice delle guarimbas del 2014, episodi di violenza politica scatenata dall’opposizione venezuelana e da movimenti paramilitari d’estrema destra sia contro la popolazione sia contro i militanti chavisti.
La sua figura emerse già durante il fallito colpo di Stato dell’aprile 2002 contro Hugo Chávez, quando partecipò attivamente alle proteste e fu tra le firmatarie del Decreto di Pedro Carmona, con cui si tentò di instaurare un golpe e sciogliere le istituzioni democratiche. Quel gesto venne sostenuto da settori imprenditoriali e dagli Stati Uniti. Da allora, Machado è rimasta un punto di riferimento della destra radicale venezuelana, filo-occidentale e apertamente contraria a ogni forma di compromesso politico, assumendo posizioni incompatibili con i princìpi di dialogo, sovranità e non-interferenza che un riconoscimento dedicato alla pace dovrebbe invece rappresentare (la “filosofia del dialogo” apertamente sostenuta dal governo bolivariano sia con Chavez sia con Maduro).
Nel 2002, si avvicina alla politica fondando, insieme all’ingegnere Alejandro Plaz, l’ONG Súmate un’organizzazione “civica” apartitica di monitoraggio elettorale e la promozione della partecipazione democratica in Venezuela. Almeno così venne ufficialmente presentata, ma ben presto divenne un potente strumento politico dell’opposizione anti-chavista. L’associazione ottenne notorietà internazionale nel 2004 quando organizzò la raccolta firme per il referendum revocatorio contro Hugo Chávez. Emersero i legami finanziari con il National Endowment for Democracy (NED), l’ente statunitense che da decenni finanzia progetti di “promozione della democrazia” all’estero, spesso in contesti geopoliticamente sensibili. Documenti pubblici del NED confermano un finanziamento di circa 53.400 dollari a Súmate per «programmi di educazione elettorale» e «partecipazione civica». Il governo di Chavez denunciò l’operazione come un tentativo di ingerenza politica diretta, visto che alcuni rapporti d’analisi suggerivano chiaramente che il NED, oltre a finanziare Súmate, abbia sostenuto altre organizzazioni dell’opposizione venezuelana, servizi d’informazione e campagne politiche indirette, contribuendo a una rete di supporto esterno alla dissidenza.
Nel 2005, in piena invasione statunitense dell’Iraq (che causò un milione di morti civili), Machado fu ricevuta da George W. Bush a cui chiese di intervenire per abbattere il governo Chávez. Nello stesso anno Machado e Plaz furono incriminati per “cospirazione” e “ricezione di fondi esteri illegali”, poiché la Costituzione venezuelana vieta il finanziamento straniero a iniziative di carattere politico. Il NED, da parte sua, difese l’operazione come un normale sostegno alla società civile, mentre Washington accusò Caracas di «criminalizzare l’attivismo democratico». Analisti indipendenti e inchieste giornalistiche hanno mostrato come i progetti del NED in Venezuela abbiano storicamente agito in sinergia con le strategie di destabilizzazione del Dipartimento di Stato. Súmate, pur definendosi “neutrale”, ha operato in costante opposizione al chavismo, promuovendo azioni che hanno avuto un chiaro impatto politico. Di fatto, l’associazione ha rappresentato il trampolino di lancio per l’ascesa politica di Machado e il suo consolidarsi come riferimento dell’ala filo-USA, fascista e neoliberale dell’opposizione venezuelana.
Nel 2011 è stata eletta deputata nazionale, restando fino al 2014. Machado si autodefinisce da sempre una “liberale centrista profondamente anticomunista”, e ha sostenuto pubblicamente la destituzione di Maduro a tutti i costi, anche attraverso “processi non democratici”.
Nel 2014 scrisse all’ex ambasciatore all’Onu Diego Arria, esponente del cartello di opposizione Mesa de la Unidad Democratica (Mud), riferendosi a Maduro: “Bisogna eliminare questa porcheria, cominciando dalla testa, approfittando del clima mondiale con l’Ucraina e ora con la Thailandia. Prima si fa, meglio è”. Ancora più espliciti i messaggi rivolti da Machado ai nazisti del gruppo Juventud Activa Venezuela Unida (Javu), finanziati da Henrique Salas Romer, economista, fondatore del partito Proyecto Venezuela ed ex governatore dello stato Carabobo: “La lobby internazionale è nel suo miglior momento”, incitando alle violenze di piazza.
Per tale motivo si è meritata negli anni l’epiteto di “Maria Violenza” oltre al soprannome che le hanno affidato i suoi sostenitori: la dama de acero, “signora d’acciaio”. Nel febbraio 2014 è tra i volti noti dell’opposizione venezuelana nelle manifestazioni, chiamate La Salida, sfociate nella prima ondate di guarimbas.
Nel marzo 2014 è stata rimossa dall’incarico di deputata, per la presunta flagrante violazione degli articoli 149 e 191 della Costituzione del Venezuela del 1999, dopo aver accettato l’incarico di “ambasciatore supplente” di Panama presso l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA)
Il suo nome è infatti legato alle violenze paramilitari e golpiste delle guarimbas del 2017, dove fascisti venezuelani misero a ferro e fuoco le città del Venezuela in funzione anti-chavista colpendo i cittadini, saccheggiando negozi, bruciando vivi i militanti chavisti e commettendo femminicidi politici contro le femministe bolivariane.
All’inizio di aprile 2017, i leader dell’opposizione al presidente costituzionale venezuelano Nicolás Maduro hanno iniziato a indire una serie di proteste per chiedere la destituzione dei giudici della Corte Suprema, che ritenevano avessero messo in atto un “autogolpe” o “colpo di Stato” annullando i poteri dell’Assemblea Nazionale. Sebbene i giudici avessero corretto le sentenze, l’opposizione ha continuato a organizzare una serie di marce senza annunciarne la fine o in luoghi non autorizzati.
Queste marce sono quasi sempre culminate in episodi di violenza: attacchi alla polizia e alla Guardia Nazionale Bolivariana; distruzione di enti pubblici e privati e infrastrutture pubbliche; erezione di barricate; messa a fuoco dei Centri diagnostici integrati gestiti dai medici cubani e scontri con civili che non sostengono l’opposizione. Ciò ha causato un numero significativo di vittime.
La violenza dei guarimberos, organizzati dal leader di destra Leopoldo López del partito Volontad Popular, causò la morte di 43 persone di ogni orientamento politico.
I disordini politici hanno suscitato numerose speculazioni, sia a livello nazionale che internazionale, sulle morti. Si è sostenuto che le vittime decedute in varie circostanze siano state presumibilmente causate dalla “repressione” del governo Maduro, mentre i casi in cui i gruppi di opposizione sarebbero stati gli autori delle violenze sono stati messi a tacere.
Uno dei primi attacchi da parte di gruppi violenti di destra è stato l’attacco alla sede della Direzione Esecutiva del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ), situata nel comune di Chacao, nello stato di Miranda. L’attacco avvenne l’8 aprile 2017, dopo che l’opposizione venezuelana aveva indetto una manifestazione.
L’allora Ministro delle Comunicazioni venezuelano, Ernesto Villegas, dopo aver relazionato sulla morte di cittadini e sulle violenze nei confronti della Polizia Nazionale Bolivariana (PNB) e della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB) dichiarò: “Il governo invita i rappresentanti politici dell’opposizione venezuelana a prendere le distanze da questi eventi, a non mostrare solidarietà con coloro che hanno confuso la politica con la criminalità e a tornare ad approcci pacifici e basati sul dialogo”. La condanna da parte della destra venezuelana non avvenne mai.
Ci si chiede come possa razionalmente e logicamente un Premio Nobel avere a che fare con episodi di violenza politica paramilitare, senza dimenticare che ha invocato più volte l’intervento militare di Washington contro il Venezuela.
Nel 2018 la Machado arrivò addirittura a scrivere una lettera a Netanyahu e a Macri (ex-presidente argentino filo-USA) chiedendo un intervento contro il presidente Maduro: era l’epoca in cui dalla Colombia venivano infiltrati in Venezuela paramilitari di ultradestra per compiere sabotaggi alle strutture elettriche ed attentati a leader politici chavisti. Pochi mesi, durante l’attacco militare di Israele all’Iran, tornò a chiedere “un intervento analogo contro il Venezuela”. Chiedere l’invasione del proprio paese è un reato che nelle democrazie occidentali viene punito col carcere, la Machado in questi decenni è stata libera di farlo senza essere arrestata.
Non solo, nel 2019 Machado ha giocato un ruolo fondamentale nella creazione del “governo parallelo”, avallato da istituzioni artificiali costruite ad hoc, che avrebbe portato all’ “autoproclamazione” del golpista Juan Guaidó: il tutto permesso grazie all’espulsione del Venezuela dagli organismi multilaterali in seguito alla morte di Chavez.
Nel 2023 Machado si è candidata alle primarie dell’opposizione vincendo, tra i suoi elettori, con il 93% dei consensi, ma poco dopo è stata esclusa dalla vita politica poichè la Contraloría General de la República – l’organo supremo di controllo contabile e amministrativo dello Stato venezuelano – l’ha dichiarata ineleggibile per 15 anni, una misura che le ha impedito formalmente di partecipare al voto, con l’accuse di finanziare attività contro lo Stato e collusione con il golpe di Juan Guaidó del 2019.
La Corte Suprema del Venezuela, il 26 gennaio 2024, ha confermato l’interdizione a ricoprire cariche pubbliche per 15 anni per la Machado, confermando l’ineleggibilità anche del supplente della Machado, il due volte candidato alle presidenziali Henrique Capriles. La Corte Suprema ha ridichiarato che la Machado è stata interdetta “per essere stata coinvolta… nel complotto di corruzione orchestrato” dall’ex leader dell’opposizione Juan Guaido (fautore del tentato golpe del 2019) legato alla compagnia energetica transnazionale ExxonMobil (1). Dopo la notizia della sua ineleggibilità, la coalizione di destra ha presentato la filosofa e docente venezuelana Corina Yoris come sua successora, per poi anch’ella essere sostituita in favore di Edmundo González Urrutia, già Ambasciatore del Venezuela in Algeria tra il 1991 e il 1993, e in Argentina tra il 1998 e il 2002, nonchè tra i principali “agenti della morte” in El Salvador negli anni Ottanta – insieme all’ambasciatore Leopoldo Castillo, noto con il soprannome di El Mata Curas (“Il prete assassino”) – che lavorò all’attuazione del “Piano Condor”, il quale consisteva nell’eliminazione – anche fisica – degli oppositori di sinistra in tutta la regione latinoamericana.
Nel luglio 2024, il Woodrow Wilson International Center for Scholars (o Wilson Center) – uno degli United States Presidential Memorial, fondato a Washington DC come parte dello Smithsonian Institution, riconosciuto come uno dei primi dieci più importanti think tank al mondo – ha pubblicato un paper dal titolo “Venezuela Desk – How to stop a coup”, ovvero “come fermare un colpo di Stato in Venezuela”. Un titolo che potrebbe trarre in inganno, in quanto potrebbe far pensare ad un documento che voglia prevenire un colpo di Stato, ma in realtà si tratta del suo opposto: il dossier illustra i piani golpisti di stampo fascista che gli Stati Uniti avevano preparato per le elezioni presidenziali del 28 luglio 2024 contro il governo socialista di Nicolas Maduro. E’ proprio quello che si è avverato: la destra venezuelana gridò ai brogli elettorali, per poi scoprire che fu tutta una messa in scena dell’opposizione scovata proprio grazie al sistema elettorale automatizzato con riconteggio manuale che il Venezuela adotta fin dai tempi di Chavez e che il Centro Carter ha definito tra i migliori al mondo.
Machado è legata alla piattaforma “Comando Con Venezuela” (ConVzla), che ha coordinato la sua candidatura nel 2024 e le attività elettorali (anche dall’estero) quando lei è stata inabilitata. Il governo venezuelano accusa tale struttura di operare come una cabina politica di orientamento esterno, vista come un mezzo per influenzare dall’estero il processo elettorale venezuelano. Non è un caso che mentre l’opposizione gridava ai brogli elettorali, fosse proprio ConVzla – a cui Machado faceva da megafono – a fornire i dati falsati degli esiti elettorali, che in seguito sarebbero stati smascherati.
In Spagna, il partito Podemos ha dichiarato che assegnare il Nobel della Pace a Machado equivale a premiare «golpisti e criminali di guerra». La portavoce Ione Belarra ha dichiarato che il riconoscimento indebolisce il prestigio e la credibilità dell’Istituto Nobel se viene destinato a chi ha una storia politica che non esclude l’uso della destabilizzazione e della violenza.
Ormai da tempo che questo premio – con i suoi corrispondenti 930.000 euro – viene consegnato a personaggi su cui gli USA investono per sovvertire governi e che non hanno nulla a che vedere con la pace. La decisione del comitato norvegese di darle il Nobel per la Pace è un chiaro gesto politico filo-Trump: in un’epoca segnata da guerre geograficamente distanti, da pressioni statunitensi in America Latina camuffate da lotta al narcotraffico e dalla polarizzazione tra blocchi internazionali, Machado diventa il volto perfetto per una nuova manovra ideologica che intreccia Stati Uniti, destra radicale latino-americana, neoliberismo e nuove forme di ingerenza neocoloniale.
Oggi ci si chiede: il premio alla Machado sarà usato dagli USA, attualmente presenti con 10.000 marines, una portaerei ed un sottomarino nucleare, di fronte alle coste venezuelane, per giustificare un intervento armato da tempo voluto ma a cui manca la scusa per giustificarlo di fronte all’opinione pubblica? D’altronde la sua idea di pace coincide con la Pax Americana: privatizzazioni, sottomissione e obbedienza agli interessi imperialisti USA. Premiarla significa consacrare il Nobel come un marchio di “guerra umanitaria”.
Maria Corina si colloca dunque proprio tra i peggiori Premi Nobel per la Pace di cui la storia è ormai sazia: Norman Borlaug (fautore della Green Revolution in India, dell’industrializzazione e della chimicizzazione dell’agricoltura), Henry A. Kissinger (Segretario di Stato USA nonchè noto guerrafondaio ed artefici di numerosi conflitti contemporanei), Lech Wałęsa (agente della CIA che tramite essa finanziò il sindacato Solidarnosc in funzione anti-sovietica), l’Unione Europea (impegnata in decine di conflitti nel mondo attraverso i suoi singoli eserciti nazionali), Fredrik Willem De Klerk (a capo del governo dell’apartheid bianca in Sudafrica, nonchè per anni complice di quel regime), Barack Obama (il primo “Premio Nobel preventivo”, noto continuatore di molti conflitti ed iniziatore di molti altri come Yemen e Siria), il controverso colombiano Juan Manuel Santos Calderón, oltre alla lunga lista di massacratori di palestinesi come Menachem Begin, Shimon Peres e Yitzhak Rabin.
Penso a tutti quei grandi personaggi contemporanei che il premio Nobel lo avrebbero meritato o che sono stati candidati al Nobel per la Pace, senza mai riceverlo: l’indiana Shri Mataj Nirmala Devi (pacifista, attivista e satguru del Sahaja Yoga), Vandana Shiva (fisica, economista e ecologista indiana da sempre agitatrice mondiale nelle lotte new-global in difesa della Terra e dei diritti umani dei contadini e delle popolazioni indigene), Daisaku Ikeda (maestro buddhista e terzo presidente della Soka Gakkai International che per tutta la sua vita è stato assertore della pace, del disarmo e della nonviolenza), Mario Luis Rodriguez Cobos (filosofo argentino, padre del Nuovo Umanesimo Universalista ed assertore della Nonviolenza Attiva), Gino Strada (il grande medico chirurgo italiano e fondatore dell’ONG Emergency noto per le sue prese di posizioni antimilitariste), Julian Assange (giornalista investigativo, fondatore di Wikileaks, perseguitato per aver smascherato crimini di guerra occidentali in Iraq e Afghanistan), le Brigate Mediche Internazionaliste Cubane (candidate al Nobel per la Pace negli anni della Covid-19 per il loro lavoro di cooperazione umanitaria in molti Paesi del mondo, offrendo la loro competenza nei casi di crisi sanitaria) e infine il Mahatma Gandhi che non ha mai ricevuto il Premio Nobel per la Pace, nonostante sia stato candidato cinque volte, inclusa l’ultima volta poco prima del suo assassinio nel 1948.
(1) Come noto, il Procuratore Generale della Repubblica, Tarek William Saab, ha emesso mandati di arresto contro Yon Goicochea, Juan Guaidó, Julio Borges, Andrés Izarra, David Smolanski, Carlos Vecchio, Léster Toledo, Savoi Jandon Wright, Leopoldo López e Rafael Ramírez , identificati come operatori all’estero. https://www.cubainformazione.it/?p=86516