La Russia degli opinionisti e quella della realtà

Sabato 25 ottobre. Sfoglio la stampa “libera” italiana. Il Corriere della Sera in un dotto editoriale di Panebianco ci racconta di un Putin pronto a ghermire non solo l’Ucraina (in parte? tutta?) ma animato dalla segreta intenzione di spingersi oltre, nelle sue mire “imperiali”; l’autore, uno degli editorialisti “di punta” del giornale, avverte indirettamente ma solennemente il presidente russo che una volta conquistati territori esterni, stranieri insomma, non si possono governare con la forza. E scomoda Machiavelli per fare questa strabiliante scoperta. In pagina interna Federico Rampini, esperto di tutto, certifica (senza dati, naturalmente) l’imminente collasso economico-politico della Federazione Russa. Mario Draghi sulla Repubblica avverte l’Europa i cui “valori” sarebbero “sotto attacco” e invita ancora una volta alla riscossa ossia alla guerra contro quel Putin che vuole distruggerci.
Quanto alla Stampa ci viene spiegato che Putin conta sul solito “generale inverno” per vincere la guerra, approfittando della lentezza della fornitura di armi alla povera Ucraina, e quindi bando alle ciance! Occorre rendere rapido e scorrevole il fiume di denaro e armamenti verso Kiev, che recentemente la grottesca Zafesova (commentatrice “ufficiale” in chiave russofoba ha descritto come la sola nazione che abbia fatto un pacifico cambio di regime, dimenticando i morti di Euromaidan, e quelli del Donbass e la strage di Odessa nella Casa dei Sindacati). Così Bill Emmott, già all’Economist, e da un po’ di tempo in forza al quotidiano torinese, invita a fare in fretta appunto per non concedere a Putin l’arma metereologica. Infine (ma il florilegio potrebbe proseguire) Gigi Riva su Domani rammenta che le dittature “sono resilienti alle sanzioni” e Maurizio Dellisanti, riesce a scrivere “Cedere il Donbass? Significa piegare la pace al sopruso” (nessuno gli ha spiegato che quelle regioni sono russe da sempre e dopo il golpe del 2014 lo sono anche giuridicamente, e che l’Ucraina non può “cedere” proprio nulla…). Il contributo più divertente è ancora sulla Stampa dove leggiamo un’affermazione di grande pregnanza e originalità, di Stefano Stefanini che sfiora la bizzarria: “Mosca ci considera già in guerra”. Strano, dopo che abbiamo appena varato il 19esimo pacchetto di sanzioni antirusse (che peraltro sfidano il ridicolo, basti andare a scorrere l’elenco). Come se non bastasse, tutti i svogliatissimi “volenterosi”, guidati dal trio lescano della politica europea (Starmer-Macron-Merz), si sbracciano confortandosi a vicenda, per incitarsi a velocizzare il trasferimento di armi a uno Zelensky sempre più disperato e sempre più insistente. Armi, armi a lunga gittata, armi più potenti, sistemi missilistici sofisticati atti a colpire la Russia in profondità.
Possiamo stupirci se Putin afferma che siamo in guerra contro il suo Paese? Intanto, il marpione Trump non si stanca di avvertire che le armi devono pagarle gli europei, che siano targate Nato, o che siano direttamente inviate dagli Usa. E la docile Europa paga o si impegna, in una corsa folle il cui esito sarà la morte dell’Ucraina e quella contemporanea dell’Unione, certo non la sconfitta della Russia.
Al di là di vincitori e vinti, se seguiamo gli avvertimenti di Panebianco e questa vasta congerie di “analisti”, compiremo un altro grande passo verso la guerra mondiale, con una sostanziosa opzione atomica, che significherà l’olocausto per una larga fetta di umanità e per una gran parte della vita stessa del pianeta Terra. Possibile che costoro ritengano davvero che Putin e i suoi generali se ne staranno a guardare tranquilli il riarmo dell’Europa, ad assistere già ora allo schieramento di truppe ai confini, alle sempre più minacciose parole della pazza Kallas, dell’imbelle Metsola e della ridicola führerina salvata dalla sfiducia per ben due volte dai voti dei “progressisti” europei? 
Ebbene, sono reduce da un viaggio in Russia, dove mi sono fermato una dozzina di giorni, e contrariamente a quello che leggo sulla nostra stampa o ascolto sui nostri dibattiti tv, dove sedicenti esperti ribadiscono che la Russia è spacciata che le sanzioni “stanno facendo effetto”, nelle due capitali (Mosca e San Pietroburgo), la meta del mio viaggio, ho visto efficienza, pulizia, gioia di vivere e soprattutto una sicura determinazione a vincere questa guerra, che è in realtà già ampiamente vinta sul campo militare ma anche sul campo politico ed economico. Vallo a spiegare a Carlo Calenda, principe dei politici-chiacchieratori, che in sciocchezze elargite con arroganza e incompetenza (il suo “dibattito” con Jeffrey Sachs è stato sconcertante), supera di gran lunga tutti gli opinionisti, che dobbiamo sorbirci ogni giorno in tv, su carta e sulla Rete.