La super- extramoenia di Fontana: assalto al Servizio Sanitario Nazionale  

La Lombardia è sempre stata laboratorio politico delle politiche neoliberiste, in particolare sulla Sanità ha costruito fin dagli anni ’90 un modello sanitario regionale che ha fatto scuola sia per il centro destra che  per il centro sinistra Facendo leva ideologica sulla sussidiarietà orizzontale e sull’arretramento della funzione dello stato, ha scardinato il ruolo del pubblico, la sua centralità e i suoi poteri di programmazione e di controllo in tutti gli ambiti, dalla prevenzione alla cura. Passando per il governo di Formigoni, di Maroni e di Fontana il servizio sanitario lombardo ha perso il carattere universalistico, si è strutturato in un sistema duale pubblico-privato, considerati esplicitamente equivalenti estendendo le funzioni e i servizi che il pubblico può delegare al privato, allentando così la cogenza  della programmazione e del controllo pubblico La sanità pubblica impoverita di risorse, di personale si confronta, sempre più in affanno con una sanità convenzionata e privata ormai sostenuta dalla grande finanza che  sceglie di investire dove il profitto è massimo e non in base alla rilevazione dei bisogni di salute del contesto e del loro sviluppo nel tempo

Le conseguenze di questo indirizzo sono state prevenzione ridotta al minimo e medicina territoriale destrutturata e impoverita. La sanità lombarda per questo non ha retto l’impatto travolgente del Covid che in Lombardia ha seminato morte e desolazione. (più di 30.000 morti) un caso da manuale per un territorio ricco e una pretesa eccellenza. Ma proprio mentre la narrazione pubblica e la esperienza internazionale ribadiscono la funzione irrinunciabile del sistema sanitario pubblico, la Regione Lombardia non demorde, anzi si perfeziona nell’organizzare una sanità a due velocità, quella per chi ha denaro e quella per chi non ne ha, in aperta violazione del dettato costituzionale. La situazione scandalosa delle liste di attesa sempre più lunghe per la diagnostica è l’iceberg del meccanismo strutturante e deliberatamente costruito del sistema lombardo: non si garantisce il tempo prescritto dal medico (che è un Livello Essenziale di Assistenza) e si costringe il cittadino a scegliere se ricorrere alla visita privata o aspettare o addirittura non farsi curare; e questo si ripete in tutti i campi della medicina, per le operazioni, per la riabilitazione, etc. Si drenano denari pubblici verso la sanità privata, che si espande. (In Lombardia le strutture private accreditate sono ormai prevalenti in diverse aree: assistenza residenziale 85,1%,riabilitativa 78,4%,semiresidenziale 72,8%,specialistica ambulatoriale 59,7%).

Ma il 15 settembre la Giunta Lombarda fa un ulteriore passo, gravissimo: con una delibera di Giunta che passa all’inizio quasi inosservata, perché non viene neppure discussa dal Consiglio Regionale, spinge le strutture pubbliche a stipulare convenzioni con Assicurazioni e/o Fondi integrativi e Mutue per erogare prestazioni sanitarie. Negli allegati della delibera è già formulata in modo articolato una bozza di Convenzione, una nuova intramoenia in più, diversa da quella che già esiste e che già da sola entra in contraddizione con l’esplodere delle liste di attesa (a tal punto che lo stesso Ministro Schillaci, con piglio demagogico propone di sospenderla fino a quando le liste saranno azzerate). Se si stipuleranno queste convenzioni il cittadino che, come è suo diritto vuole curarsi con il SSN, nelle strutture pubbliche vedrà sempre passare davanti il paziente “solvente”. Le strutture pubbliche saranno usate per fini privati togliendo spazio e tempo al servizio pubblico.

La Lombardia di fatto è stata traino simbolico per la trasformazione neoliberista della sanità per il centro destra e per il  centro sinistra, ma  ora Fontana assume pubblicamente il ruolo proponente, quando scrive a Massimiliano Fedriga Presidente della Conferenza delle Regioni per sollecitare un confronto tra amministrazioni regionali e “avviare un percorso di riforma condivisa del sistema sanitario”, per cambiare la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale sostenendo che non è più adeguata ai tempi. Tutto  questo avviene mentre Calderoli firma le pre-intese con alcune regioni, forzando i vincoli che la Corte ha dato al percorso della autonomia differenziata. Non si tratta di singoli provvedimenti da contrastare uno per uno, ma di un piano organico di distruzione del pubblico lasciando mano libera ai privati, agli imprenditori della Sanità privata, alla finanza che li sostiene, alle Assicurazioni, ai Fondi, alle Mutue private che diventeranno non più integrativi ma pilastri di una sanità di classe. Chi in qualche modo spinge i cittadini e soprattutto i lavoratori ad aderire a queste forma assicurative sostitutive del welfare indebolisce la forza piena ed esigibile qui ed ora del diritto alla salute.