I lavoratori dell’Ilva sono oggi in lotta nella giornata di sciopero nazionale indetta da Fiom, Fim e Uilm. Sono costretti ancora una volta a mobilitarsi contro la chiusura di quella che fu la più grande industria siderurgica d’Europa e asse strategico per l’economia nazionale.
Un’iniziativa che segue gli scioperi di ieri in Puglia, l’occupazione dello stabilimento di Cornigliano e la mobilitazione dei metalmeccanici di Novi Ligure che ieri hanno bloccato la tangenziale.
È quanto si evince chiaramente dall’andamento di tredici mesi di trattative nelle quali il rappresentante del governo, ministro del MIMIT, ha mostrato di lavorare non per rilanciare le acciaierie, ma per creare attraverso il ridimensionamento degli impianti e dell’occupazione le condizioni per la svendita di una mini Ilva a un acquirente purchessia.
Anche l’ipotesi “spezzatino” a cui questo atteggiamento potrebbe portare sarebbe un favore all’imprenditoria privata del settore contro gli interessi operai e del paese.
Nasce da ciò la richiesta sindacale del commissariamento del ministro D’Urso “che sta portando a schiantare l’industria del paese e di un’assunzione di responsabilità da parte della Presidente del Consiglio con la presentazione di un piano che fermi la corsa verso la chiusura a partire da marzo.
L’ultimo atto l’altro ieri quando è stato comunicata ai sindacati la messa in C.I fino alla fine di febbraio di altre 1500 persone, che si aggiungerebbero alle 4500 attuali, operazione mascherata all’ultimo momento da formazione; aggiungendo con incredibile cinismo che poi “sarà comunque necessario fare ulteriori interventi auspicabilmente a cura del nuovo acquirente”. Come dire che continua la nebbia più fitta sui compratori e che il governo se ne lava le mani.
Il sospetto che lo stesso piano industriale verso la decarbonizzazione presentato quest’estate non esista più sarebbe confermato dal definanziamento della società che dovrebbe costruire gli impianti di preridotto indispensabili per far funzionare i forni elettrici previsti. Oltre che dal fatto che il governo non mette i soldi per la continuità produttiva.
Sosteniamo con forza le mobilitazioni previste dai sindacati, ma sottolineiamo che solo l’estensione e la continuità delle lotte potrà indurre un governo, che assiste passivamente a una nuova fase di gravissima deindustrializzazione del Paese, a fare ciò che andava fatto da subito: Nazionalizzare l’ex Ilva, unica strada percorribile per salvaguardare gli stabilimenti garantendo la decarbonizzazione, e l’occupazione.