“Piano Florio”: la stessa ricetta, lo stesso fallimento? La Sicilia non ha bisogno di nostalgia, ma di giustizia economica

Sicindustria ha presentato, a Palermo, nella cornice di Villa Igea, il “Piano Florio”. Parlano di regole chiare, tempi certi, niente risorse a pioggia, alleanza pubblico-privato, semplificazioni, infrastrutture, decontribuzione triennale, ZES potenziate il tutto condito dai soliti mantra: «Se cresce il Sud cresce la Sicilia», «Sicilia capitale industriale del Mediterraneo» il tutto evocando addirittura il mito dei Florio.
Peccato che questo “piano” non abbia nulla di nuovo. È la riproposizione, appena truccata con certa retorica regionalista, di vecchie ricette neoliberiste che, invero, da decenni vengono applicate con scarsi successi.
C’è la solita retorica che invoca meno Stato regolatore, più libertà d’impresa, meno diritti “rigidi” per i lavoratori, più incentivi fiscali alle aziende ( spesso estere o del Nord che delocalizzano i profitti), più burocrazia “snella” che, in Sicilia come altrove, significa quasi sempre meno controlli e più discrezionalità.
L’attenzione ai lavoratori, alla gente “comune” rimane sempre indiretta, strumentale ai dati aziendali. Si parla di occupazione quasi che questo fosse un effetto collaterale degli sgravi alle imprese.
Si parla dei giovani citando i diciotto milioni del “Sicily-working” dimenticando che si tratta di “briciole”  a fronte dello stanziamento di centinaia di milioni per la decontribuzione che alleggeriscono i costi aziendali senza con ciò però garantire né stabilità né salari dignitosi.
Si tratta della solita narrazione pseudo sicilianista e neoliberista legata alle vigenti dinamiche di potere, il tutto condito  con una dose di nostalgia per i Florio. Del resto non è casuale che si lodi la “visione liberale” del Presidente della Regione Schifani, che si ringrazi la Presidente del Consiglio Meloni e che il tutto si svolga nella cornice chic di Villa Igea con una passerella di imprenditori e politici.
A nessuno sembra concretamente interessare che modelli simili, in passato, abbiano tutti miseramente fallito. Si pensi ai tentativi di deregulation, di attrazione di investimenti a basso costo del lavoro, all’abbandono di ogni idea di pianificazione pubblica e industriale vera.
La Sicilia, i nostri Sud non hanno bisogno dell’ennesimo “libro dei sogni” confezionato dalle stesse forze politiche e datoriali che hanno gestito(spesso non egregiamente) la Regione, le regioni negli ultimi decenni.
La gente di Sicilia, nello specifico,  ha bisogno di un progetto alternativo che metta realmente al centro diritti, salari, servizi pubblici ( scuola, sanità) industria pubblica strategica e con essi il tema dei temi ovvero quello della redistribuzione della ricchezza e non certo dell’ennesima variante del «Meno Stato, più mercato» seppure declinata in salsa isolana.
Il “Piano Florio” non è una svolta. È la continuità travestita (e male) da novità, un qualcosa che i siciliani, purtroppo, conoscono fin troppo bene.