La Sicilia hub energetico? No, grazie!

Da dove cominciare nell’elenco dei progetti o programmi di «distruzione predatrice» puntati sulla Sicilia – come del resto, mutatis mutandis, su tutta l’Italia? Dal Ponte sullo Stretto? Dalla miriade di altre opere, “grandi” e medie, medio-piccole e minime o molecolari (con esclusione, naturalmente, di quelle utili: acqua, sanità, trasporti locali e via elencando), che aggrediscono il territorio da Est a Ovest, da Nord a Sud, dal mare alla montagna alla pianura? Dallo spopolamento? Dal consumo di suolo? Per essere originali, fino a un certo punto, riprendiamo una antica vocazione del territorio siciliano, risalente agli anni beati di Moratti e dei “poli” energetici a base di idrocarburi. Sicilia hub energetico: oltre lo slogan, titola il quotidiano «La Sicilia». Lo sapevamo da tempo, ma oggi, 22 novembre 2025, ne abbiamo certificazione. Il quotidiano di Catania ha infatti promosso e organizzato un incontro sul tema delle rinnovabili e dei biocarburanti, seguito da molti esponenti politici locali e nazionali (compreso il ministro Musumeci) finanziari e imprenditoriali e dell’Università: è un segno su cui porre attenzione, anche perché l’incontro si tiene in un luogo come il Laboratorio Nazionale del sud, dell’INFN: quasi a indicare una “virtuosa” convergenza fra tutti i soggetti pubblici e privati che contano.
Il resoconto prende nel complesso un paio di pagine, ed è accompagnato dalla notizia che il CdM ha varato un decreto sulle aree idonee per eolico e solare.
A noi interessa capire, in sostanza, due punti: primo, che la cosiddetta transizione energetica verso le rinnovabili è uno dei molti grandi affari che animano, nonostante le apparenze, il grande capitale (le istituzioni servono da contorno, i media da grancassa non disinteressata); secondo, che la logica coloniale colpisce ancora, essendo la produzione di energia, ieri con il petrolio, oggi con le meno invasive tecnologie “verdi”, non produzione di beni e servizi pubblici, ma concentrazione della meta-produzione che è l’energia. A parte quello di cui si parla oggi, è già da qualche tempo noto che l’isola vedrà crescere la sua funzione, oltre che di base militare del Mediterraneo, anche di centro di smistamento di energia elettrica, prodotta anche in Tunisia, e poi esportata, attraverso un complesso sistema di cavi, su tutto il Paese; il che comporta anche una pesante logistica, e conseguente consumo di suolo. La produzione “green” non fa certo eccezione. Leggiamo infatti:
«nei primi nove mesi del 2025 – secondo la Commissione tecnico specialistica della Regione presieduta da Gaetano Armao – sono stati emessi 700 pareri (900 in tutto il 2023 e 1.100 nel 2024) di cui il 60% sono conclusivi (Pic), a questo ritmo il 2025 si concluderà in aumento. Di questi pareri resi, il 60% riguarda provvedimenti in materia energetica. L’investimento stimato totale si aggira sui 50 miliardi. Le autorizzazioni per nuovi impianti di energie rinnovabili in Sicilia, tra il 2022 e il 2024, hanno raggiunto i 6 GW, mentre altri 14 GW sono in istruttoria.
Nel frattempo arrivano altri investimenti e si aprono nuovi cantieri. Marco Lupo, capo dipartimento del ministero dell’Agricoltura, ha ricordato l’impatto del decreto sull’agrisolare, che ha una dote di 8,9 miliardi. In Sicilia per questa misura sono stati finanziati 2.073 progetti con risorse del Pnrr per 177 milioni, promuovendo investimenti totali per circa 300 milioni localizzati in 277 Comuni. Questi progetti consentiranno di installare pannelli con una potenza di 114 MW a beneficio dell’autosufficienza energetica e dell’elettrificazione dei mezzi delle aziende agricole. Finora sono stati completati 819 progetti con una potenza installata di 34 MW. Ulteriori 623 progetti sono in fase di completamento».
Naturalmente siamo tutti – me compreso – persuasi delle assoluta necessità e urgenza di abbandonare il fossile per le rinnovabili, ma ci sono due condizioni: la prima (se vogliamo, regionale o “locale”) è che le cosiddette specializzazioni dei territori debbono essere contenute ed equilibrate, perché le “monocolture” produttive hanno sempre fatto e continueranno a far danno; la seconda, che nell’euforia per il green (vero o presunto: perché la “pannellizzazione” sistematica è un vero obbrobrio, una forma di land grabbing, ed è considerata, anche nel recentissimo rapporto ISPRA, un vero e proprio consumo di suolo[1];) si dimentica del tutto un principio dell’ambientalismo: ossia che il primo obbiettivo su cui puntare è la riduzione dei consumi energetici. La realtà è che la fame di energia cresce con il suo consumo. E la “svolta” green sa sempre più di greewashing. (E trascuriamo qui l’enorme costo sociale e ambientale dell’estrazione dei materiali per l’insieme della rivoluzione informatica e digitale.)
A ricordarci i limiti della “svolta” è perfino un forum di Legambiente Sicilia di pochi giorni fa, schierata, a livello di vertici, piuttosto acriticamente dalla parte dei pannelli: da questo convegno ricaviamo fra l’altro l’informazione che segue, fonte sempre “La Sicilia”, 19 novembre 2025:

Al netto del fatto che la produzione di energia è affidata ancora a fonti fossili per poco più della metà del totale, Legambiente fa notare che nei primi mesi del 2025 si è registrata una frenata di investimenti. La Sicilia ha raggiunto i 5,8 mila megawatt di potenza installata nel 2025, in linea con i trend previsti, ma dovrà installarne a una media di 1,6 all’anno per arrivare all’obiettivo previsto per il 2030 di 10,4 mila megawatt. Se invece si procedesse con il ritmo attuale di 420 all’anno la Sicilia arriverebbe all’obiettivo nel 2050, vent’anni in ritardo.

Immaginiamo, anzi siamo certi (l’articolo non è chiaro sull’argomento), che Legambiente si riferisca alla opportunità di produrre energie per vie rinnovabili; ma delude non ritrovare, nel percorso verso la transizione energetica, spazi per una riflessione sulla riduzione di produzione/consumi. Dobbiamo dunque andare avanti a tutto pannelli, anziché a tutto vapore?


[1] https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/suolo/il-consumo-di-suolo/i-dati-sul-consumo-di-suolo