Mentre il sipario cala sull’ennesimo vertice di Bruxelles, la commedia tragica che vede come protagonisti il cancelliere Friedrich Merz e il fantomatico “generale von der Truppen” alias von der Leyen (incarnazione di un militarismo senza bussola) rivela il suo volto più grottesco. Usciti sconfitti dal tentativo — giuridicamente insensato e politicamente suicida — di sequestrare direttamente gli asset russi per finanziare il conflitto, i vertici europei hanno ripiegato sull’unica strategia che conoscono bene: emettere assegni a debito gravanti sui cittadini della UE.
Il consuntivo della follia: 90 miliardi sulla pelle dei posteri
Nonostante il fallimento del piano originario, la “demenza collettiva” che guida le istituzioni comunitarie ha partorito un nuovo mostro: un finanziamento da 90 miliardi di euro destinato all’Ucraina. Un’operazione che vede la resistenza di un manipolo di stati — Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia — che, con una lucidità che altrove è assente, hanno dichiarato apertamente l’insensatezza di continuare a pompare risorse in un pozzo senza fondo, come quello ucraino carico tra l’altro di corruzione.
Il resto dell’Europa, invece, si accoda docilmente. Questi fondi non serviranno a costruire un futuro, ma a sostenere un apparato che le cronache internazionali più attente descrivono come permeato da una corruzione sistemica e profonda. Mentre si parla di democrazia, i contribuenti europei finanziano, di fatto, la continuazione di un massacro e delle ruberie, ma anche paradossalmente, l’arricchimento di lobby che sulle armi e sulla ricostruzione (ancora di là da venire) hanno già messo il cappello.
Il “buonsenso” di facciata e il silenzio sulla nostra Costituzione
In Italia, il governo Meloni ha accolto questa decisione parlando di “buonsenso”. Tuttavia, un’analisi tecnica rivela una realtà ben diversa:
- Il Costo: L’Italia si troverà a garantire una quota parte di questo prestito che ammonta a decine di miliardi di euro.
- La Questione Costituzionale: L’Articolo 11 della Costituzione Italiana è inequivocabile nel ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Finanziare un “prestito di guerra” senza un passaggio parlamentare trasparente e sotto l’avallo silente del Quirinale rappresenta una forzatura istituzionale senza precedenti.
Stiamo assistendo alla sistematica esautorazione del Parlamento su temi di importanza esistenziale. Il risultato? Un debito che non colpirà chi lo decide oggi, ma che sarà un cappio al collo per figli, nipoti e pronipoti, costretti a pagare per le ambizioni fallimentari di una classe dirigente che non ha saputo (o voluto) imbroccare una singola previsione strategica.
La memoria storica tradita – da Minsk a Istanbul
Per comprendere il disastro attuale, è necessario uscire dalla narrazione tossica e propagandistica che ci propine guardare ai fatti storici con metodo rigoroso:
- Gli accordi di Minsk: Traditi e lasciati morire perché la stabilizzazione di quelle aree non serviva agli interessi geopolitici dei “Dem” americani e dei loro esecutori europei.
- Il sabotaggio di Istanbul: È ormai documentato che, a un mese dall’inizio delle ostilità, esisteva la possibilità concreta di porre fine al conflitto. Fu l’intervento di figure come Boris Johnson e l’amministrazione Biden a imporre il “no” alla pace, scommettendo su una sconfitta della Russia che, ad oggi, appare solo un’illusione tossica e irrealizzabile.
La sicumera con cui si ignora il concetto di sicurezza nazionale russa, ribadito da anni da Mosca, non è cecità: è malafede. Non si è voluto tenere conto degli equilibri necessari, preferendo seguire una strategia di logoramento che sta logorando, in primis, l’economia e la stabilità sociale dell’Europa stessa.
Una banda di pagliacci che ci porta verso l’abisso
Siamo di fronte a un’ostinazione che rasenta il patologico. Chi ci governa sembra legato a doppio filo alle lobby delle armi, in un intreccio di interessi che spiega meglio di ogni analisi politica la volontà di proseguire una guerra già persa irrimediabilmente sul campo.
Mentre i leader europei giocano ai piccoli strateghi sulla pelle altrui, il rischio di un’escalation mondiale si fa sempre più concreto. La storia emetterà il suo verdetto su questa “banda di pagliacci” che, incapace di visione diplomatica, ha scelto di sacrificare il benessere attuale delle popolazioni europee e quello delle generazioni future sull’altare di un vassallaggio bellicista privo di onore e di logica.