No alla sentenza che giustifica un tentato femminicidio

Lucia Regna, una signora torinese nel luglio del 2022, nel corso di un pestaggio violento durato ben 7 minuti da parte del marito, da cui si era separata (dopo mesi di maltrattamenti e insulti, tutti denunciati agli organi competenti) ha ricevuto un pugno così violento, che il suo cranio è stato sfondato. Per questo è stata a lungo in ospedale in pericolo di vita. e ora riprende con fatica a vivere con 21 placche di titanio in testa e un nervo oculare lesionato in modo permanente, fatto che le impedisce di continuare il suo lavoro di manicure. La sentenza che la Terza Sezione Penale di Torino ha promulgato ai primi di settembre è stata un colpo al cuore per Lucia, una umiliazione per lei e per i suoi 2 figli, testimoni della brutale violenza di genere a cui la madre è stata sottoposta. Al marito non è stato contestato un tentato femminicidio, né maltrattamenti aggravati, ma semplicemente un reato di lesioni. La condanna è di un anno e 6 mesi, con la concessione delle attenuanti e della condizionale. L’uomo violento è libero e pronto a ricominciare la sua persecuzione, perché ha a sua difesa e sollecitazione le incredibili parole della sentenza e anche l’andamento di tutto il processo. Lo stesso Pm ha derubricato le fattispecie di reato da tentato femminicidio a maltrattamenti e lesioni. Le motivazioni della sentenza rifiutano le osservazioni della parte civile e danno fiato alla “comprensione” patriarcale delle ragioni del marito. Il filo della solidarietà maschilista costruisce infatti gli scandalosi nessi argomentativi della sentenza. Lucia, la vittima non viene creduta, anzi il suo racconto secondo il giudice andrebbe preso con” estrema cautela perché è portatore di macroscopici interessi “Lucia ha chiesto un risarcimento di 100.000 euro) e implicitamente viene trasformata in colpevole perché ha rovinato” un matrimonio ventennale allietato dalla nascita di 2 figli “, mentre la sera del tentato femminicidio l’imputato ha avuto uno “sfogo, perché si sentiva vittima di un torto”

Questa sentenza crudele, che testimonia la profondità e la persistenza del patriarcato e della conseguente solidarietà maschilista a tutti i livelli della convivenza umana, chiama le donne a una lotta sempre più incisiva e aperta. Rispetto al passato la vicenda continua in modo inaspettato. Dopo poche ore dalla diffusione della scandalosa sentenza misogina, la Procura di Torino, rappresentata dal procuratore aggiunto Cesare Parodi, la impugna sottolineando che “quello che purtroppo ci ha molto colpito. è il linguaggio che è stato utilizzato non in linea a quei principi espressi anche dalla Corte europea.

La critica al patriarcato comincia a essere paradigma di azione anche di qualche giudice e produce tensione, conflitto e contraddizione e in prospettiva cambiamento anche nelle istituzioni statuali. Un segno della efficacia e della capacitĂ  trasformativa delle lotte.

Casi di femminicidi lesbicidi trans*cidi monitorati nel 2025 in Italia

dati aggiornati all’8 settembre 2025

Casi monitorati nel 2025 in Italia: 75

Ad oggi, l’Osservatorio ha registrato:

  • 64 femminicidi
  • 4 suicidi indotti di donne
  • 1 suicidio indotto di un ragazzo trans
  • 1 suicidio indotto di una persona non binaria
  • 5 casi in fase di accertamento

Si tratta di morti indotte da violenza di genere e eterocispatriarcale.

Inoltre, ci sono almeno altri 57 tentati femminicidi riportati nelle cronache online di media nazionali e locali e almeno un figlicidio, di un ragazzo ucciso dal padre per difendersi dalla violenza del padre verso la madre.

(tabella ripresa dal sito di “Non una di meno“ https://osservatorionazionale.nonunadimeno.net/)