Pirateria di Stato nel Mediterraneo: L’Europa ora agisca

ll buio delle acque internazionali del Mediterraneo è stato squarciato, la notte scorsa, non da una tempesta, ma da un atto di guerra. Droni come avvoltoi, bombe sonore che deflagrano nel silenzio, azioni di sabotaggio mirate: non è la trama di una spy-story, ma la cruda realtà subita dai civili a bordo della Global Sumud Flotilla. Una missione di pace, colpevole solo di voler portare aiuti umanitari a Gaza, è stata assaltata con tattiche militari.

Questo non è un incidente. È un messaggio brutale, inviato da un esercito che è un’organizzazione terroristica, convinto di poter agire al di sopra di ogni legge e di ogni convenzione. E il silenzio assordante delle cancellerie europee è la sua garanzia di impunità.

Siamo stanchi della retorica a due velocità. Da oltre un mese assistiamo a un allarmismo martellante su presunti sconfinamenti e provocazioni al confine orientale dell’Europa da parte russa, che puntualmente si rivelano bufale costruite ad arte, spesso si fondano su rapporti di intelligence opachi e funzionale a una sola narrazione: quella della guerra inevitabile. Ogni pretesto è stato colto per chiedere più armi, più soldati, più scontro. Si sono create “farse” mediatiche per preparare l’opinione pubblica a un conflitto mondiale, dipingendo un nemico e ignorandone deliberatamente altri.

Ebbene, ciò che è accaduto a sud di Creta non è una farsa. Non è propaganda. È il lampo di un’esplosione reale, il ronzio di droni assassini sopra le teste di cittadini, anche italiani ed europei, che esercitavano un loro diritto sacrosanto: quello alla navigazione in acque internazionali e quello alla solidarietà umana.

L’aggressore qui non si nasconde dietro ambiguità. È l’esercito israeliano, che da anni porta avanti un assedio illegale contro Gaza e che ora estende le sue operazioni di terrore nel cuore del nostro mare, sentendosi autorizzato a molestare, intimidire e attaccare chiunque osi sfidare la sua politica di apartheid e di genocidio. Questi non sono soldati, sono pirati di Stato. Sono assassini al servizio di un’agenda criminale che non tollera testimoni.

Di fronte a questa aggressione palese, cosa fanno i governi europei? Cosa fa il governo italiano? Attendono forse la tragedia? Aspettano il primo morto per emettere un comunicato di “profonda preoccupazione e chiedere di limitare le azioni”?

Questa ignavia è complicità, è vergogna intollerabile.

Ci rivolgiamo a lei signor Presidente Mattarella, se tra una citazione storica sbagliata e l’altra, riesce ad intervenire a tutela di cittadini italiani in missione di pace o se anche questa volta farà finta di niente come con la dottoressa Francesca Albanese

Rivolgiamo un appello diretto e non negoziabile al Governo italiano, al Presidente del Consiglio, al Ministro degli Esteri e della Difesa: basta con le parole. È vostro dovere proteggere i cittadini italiani ovunque si trovino, specialmente quando sono vittime di un’aggressione militare in acque internazionali. Chiediamo un’azione immediata: l’invio di unità navali della nostra Marina Militare a protezione e scorta della missione umanitaria fino a destinazione. Ogni minuto di ritardo è un’abdicazione alla nostra sovranità e alla nostra dignità.

All’Unione Europea chiediamo di smettere di occuparsi solo di affari ed economia guerrafondaia ed essere invece un nano politico. Attivi immediatamente i suoi strumenti di diplomazia e pressione. Convochi l’ambasciatore israeliano e metta in chiaro che il Mediterraneo non è una zona franca per i suoi squadroni della morte.

Proteggere quelle imbarcazioni oggi non è un gesto pro-palestinese, è un gesto pro-diritto internazionale. Significa difendere l’idea stessa che esista una legge condivisa e che nessuno, nemmeno lo Stato che gode della più sfacciata protezione internazionale, possa violarla impunemente. L’alternativa è accettare che il nostro mare sia terra di nessuno, dove l’unico diritto che vige è quello del più forte e del più spietato.

L’Europa e l’Italia si trovano a un bivio: agire ora o essere per sempre responsabili, col loro silenzio, del sangue che potrebbe essere versato.