Contro la censura, contro la guerra

In principio fu Calenda & Picierno. Il blocco della mia conferenza programmata a Torino il 12 novembre al Polo del ‘900, avvenne su richiesta ultimativa di una serie di personaggi del sottobosco politico nazionale (Gori, Calenda, Picierno), richiesta subito accolta, forse con gioia, prima dall’Amministrazione comunale, che in effetti in questi ultimi tempi specialmente, si sta sperticando nella lode dell’Ucraina incurante della corruzione e del nazismo i due tratti essenziali del regime zelenskiano.
Con pronto servilismo, l’ukaze calendian-picierniano fu immediatamente recepito dalla Direzione di quella pubblica istituzione (il Polo del ‘900), che si proclama democratica e pluralista… Ma si sa come sono i “liberali”: ti concedono la parola se pensano che dirai quello che loro stessi vogliono, se invece temono che tu possa uscire fuori dalla corrente principale (il famigerato “mainstream” appunto), se sospettano che tu abbia la competenza a loro sconosciuta, se sono convinti che hai le basi culturali per demolire la loro narrativa farlocca, allor non ti lasciano neppure aprire bocca. Come è accaduto a Torino.
A seguito del “fattaccio”, come ormai noto, abbiamo riprogrammato l’evento, presso il Circolo Arci La Poderosa, e fu una serata memorabile. Su sollecitazione dei partecipanti (circa 500 in presenza, molte migliaia a distanza), quella stessa sera decidemmo di fare un secondo incontro dedicato specificamente, in primo luogo, al tema della censura, della pressione sulla libera informazione, al condizionamento politico-finanziario della ricerca scientifica e così via, in una chiave di smascheramento della russofobia, un concetto che, secondo i miei censori, avrei inventato io, come travestimento del “putinismo”, e che è invece una realtà dei circoli più beceri del nostro Occidente.
Si tratterà di un evento, di ben maggiore rilievo rispetto al precedente, a distanza di un mese con la partecipazione di un parterre eccezionale, che farà da contorno al dialogo che io stesso intratterrò con il collega e amico Alessandro Barbero. L’evento – che si terrà al Teatro Grande Valdocco di Torino – il 9 dicembre prossimo, al di là del numero e del prestigio di coloro che hanno accettato l’invito, nella mia personale prospettiva, vuole proseguire un tragitto, da me già annunciato nelle scorse settimane. Il mio obiettivo è dar vita a un grande movimento contro la menzogna, contro la narrazione unilaterale, contro la censura alla libertà di informazione, di pensiero, di ricerca, contro il tentativo di militarizzare la scuola, l’università, la cultura, contro la pretesa di piegare la scienza agli interessi di chi produce armi per giocare alla guerra: contro tutto ciò che ci sta spingendo a un conflitto con la Federazione Russa, che sarebbe un salto nel vuoto, con prevedibili rischi di annientamento da parte della maggiore potenza nucleare nel mondo.
Perciò questa iniziativa come la precedente si propone anche come una denuncia della russofobia. E vuole essere anche un monito alle classi politiche che, in preda alla follia bellicistica, sono attive “opinionisti”, soldatini e soldatine dell’immenso, grottesco esercito dell’“Armiamoci e partite!”. Ci vadano loro a combattere per un regime nazistoide e corrotto come quello di Zelensky!
Devono ricevere i nostri s/governanti italiani ed europei, il nostro “BASTA!”. Un grido che io personalmente e quelli che sono d’accordo con me, elevo ed eleviamo ed eleveremo nei prossimi mesi, un grido che esprime, ne sono sicuro, la volontà delle masse popolari. Noi non vogliamo la guerra. Non vogliamo gettare nella fornace bellica le nostre vite, quelle dei figli, quelle dei nipoti, quella della intera umanità. Non vogliamo mettere in forse la stessa continuazione della vita sul pianeta terra, perché tale è lo scenario davanti ai nostri occhi, se l’Italia e la UE si infilassero nel vicolo cieco dello scontro militare con la Russia. Vogliamo arrivare a questo?