Il movimento per Gaza

A proposito della marea di persone che si è riversata nelle strade e nelle piazze in queste ultime settimane contro il genocidio a Gaza e i soprusi nei confronti della Flotilla viene in mente il vecchio detto: “ci sono decenni in cui non accade nulla e delle settimane in cui accadono decenni”. Questo è ciò che è successo. Dopo un lungo periodo di stallo sociale si è generato un “gigantesco imprevisto”. Milioni di persone si sono sollevate contro la barbarie di un genocidio che ha luogo in tutta la sua oscena nudità, com’è stato nel secolo scorso nei lager nazisti, non fuori, ma dentro la cosiddetta civiltà occidentale. Perciò quella in corso non è solo rivolta morale, civile, sociale contro chi sta compiendo materialmente una terribile carneficina, contro lo Stato canaglia, sionista di Israele. E’ rivolta contro le responsabilità primarie dell’Occidente, contro la condotta immorale, complice del potere politico, governativo per lo strazio di umanità e l’aperta violazione di ogni fondamento del diritto internazionale. E ‘ rivolta segnata da una forte avversione al riarmo, alla guerra, alle troppe ingiustizie.

Il dato di novità non è rappresentato solo dall’elemento quantitativo ma da quello qualitativo. L’onda di ribellione che si è prodotta è solcata da tantissime voci nuove, da una generazione insofferente per la politica convenzionale, tutta interna alla cultura dominante, così come per un sistema politico che non ha nulla da offrire se non incertezza, precarietà, guerra. Un’onda attiva, invasa da una voglia di agire, di praticare forme di solidarietà, di stare in mare e in terra con la Flotilla, di essere in piazza, di praticare forme di lotta incisive, dal blocco del trasporto delle armi nei porti, alle occupazioni di scuole, stazioni, autostrade, tangenziali, allo sciopero generale. Di fare tutto questo alla faccia di minacce, divieti, decreti sicurezza.

La mobilitazione di questi giorni dice che al di là della tendenza del capitalismo a generare crisi e guerre – tra cui la guerra della Nato dell’Ovest contro Est – quello che stiamo vivendo è uno straordinario momento di possibilità. Si sono poste le basi per una nuova potenza pacifista capace di sostenere la sfida contro le forze della guerra. Non solo. Si è aperto un grande squarcio di consapevolezza del fatto che così non si può andare avanti, sull’incompatibilità del capitalismo con la pace, con i valori di umanità. Da questo squarcio di coscienza può prendere avvio un processo di trasformazione sociale, di cambiamento dei fondamenti della politica fuori e contro il sistema della guerra.

Si tratta ora di allargare e rendere durature le basi di questo sussulto sociale intrecciando la lotta contro il sistema genocidiario e di guerra con obiettivi sociali, di lotta alle diseguaglianze, al carovita, ai bassi salari, al taglio delle spese sociali, in una parola di lotta al “liberismo armato”. Non possiamo lasciare che la rabbia di una grossa fetta di popolazione impoverita e messa ai margini da politiche economiche, sociali e di riarmo devastanti sia lasciata alla mercé dei peggiori demagoghi o spinta ad accomodarsi nella gabbia del bipolarismo politico-militare. Le pratiche di contestazione devono agire a tutto campo. Ripartiamo dai movimenti per Gaza, riapriamo per intero la battaglia per la pace, l’umanità e la giustizia sociale