Il dibattito in Rifondazione Comunista – Intervento in riunione Direzione Nazionale del 9 ottobre 2025

Il nostro partito si trova di fronte a una situazione divaricante con molti aspetti preoccupanti rispetto al suo
ruolo nella politica e nella società del Paese.
Da una parte si assiste all’insorgere di un vasto movimento collegato alla tragica vicenda palestinese.
Si tratta di un fenomeno che si voleva completamente escluso dall’orizzonte del possibile, invece ancora una
volta, come sempre nella storia, il freno a mano per sterzare dalla direzione della barbarie è nelle disponibilità
delle donne e degli uomini, del loro essere enti naturali generici, quindi con una incomprimibile capacità
creativa. Ci hanno provato decenni di dispositivi capitalisti a mettere a tacere quest’ultima ma non è stato
possibile. Naturalmente la spinta principale, non più contenibile, è stata di tipo empatico: non si poteva più
fare pace con la propria coscienza. In piazza però si è riversata una grande massa quando la sua radicalità è
stata riconosciuta negli appelli, fuori dal traccheggiamento abitudinario del quadro politico dato: centro
destra e centro sinistra. Ora, questo movimento non ha certo caratteristiche omogenee, ma ha sicuramente,
oltre la ferma indignazione morale, una disponibilità a considerare criticamente le basi fondanti di un sistema
che è disponibile a eliminare fisicamente popolazioni ritenute in eccesso. Quale investimento il nostro partito
intende fare su questa enorme novità? A me non pare affatto chiaro quale sia il nostro intendimento. Eppure
qui ci sarebbe un lavoro positivo da fare su un terreno di alterità di fondo già scelta rispetto agli attori politici
noti e lontani dalle vite di chi è sceso in piazza. Ci sarebbe da mettere i/le nostri/e militanti a disposizione per
collegare, evitare settarismi, facilitare incontri, impostare connessioni fra tematiche, sapendo bene che una
totalità come quella non si organizza, ma che dentro di essa ci si organizza, senza egemonismi, in rinnovate
istituzioni di movimento. Qui dunque una possibilità concreta, tutta da attraversare anche dialetticamente,
per rilanciare un percorso di alternativa sociale e poi politica.
Da un’altra parte, con un più preciso e riconoscibile impegno, c’è il lavoro per affrontare la stagione
delle elezioni regionali abbandonando ogni infingimento o tattica congressuale, per portare la maggioranza
dei posizionamenti nell’alveo del centro sinistra. Persino l’autonomia della nostra organizzazione, che pure il
documento prevalso al congresso aveva ritenuto centrale da salvaguardare e rilanciare, viene miseramente
sacrificata in questa discesa veloce verso l’accordo purchessia entro il campo largo. Una impostazione che ha
derubricato qualsiasi regola di coerenza politica a orpello. In Veneto un incredibile balletto che ci ha visti
descritti a mezzo stampa come “rifiutati” dal PD dopo aver accettato tutto il suo programma, per inseguire
col fiatone una ipotesi con il PCI, scaricato vergognosamente per una riconversione a u nel centro sinistra su
pressione, udite udite, dei movimenti. In Calabria siamo finiti ad appoggiare candidature non nostre in liste
diverse per collegio. In Puglia ci affidiamo a un candidato presidente verso cui siamo stati iper critici sino a
ieri e che vota per le armi e la guerra. Una ricognizione desolante.
Se le opzioni in campo sono le due descritte, io credo sia necessario, oggi più di ieri, abbandonare
molto velocemente la via disastrosa del frontismo progressista, non in grado di produrre idee e pratiche utili
per sconfiggere stabilmente la destra sul suo terreno. Abbiamo una storia, una tradizione importanti non da
imbalsamare, ma da utilizzare creativamente. Si scelga la strada della Rifondazione migliore, quella
sperimentata una prima volta a Genova 2001, per far crescere, curare, allargare il movimento prodotto dallo
scempio di Gaza. Si orienti così la strada per il nostro lavoro sociale e politico per l’alternativa, dandogli
tempo, ma senza deviazioni deleterie.

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