Di fronte a uno scenario internazionale incandescente, la figura del Presidente della Repubblica dovrebbe ergersi a garanzia suprema degli interessi nazionali e dei principi costituzionali. Tuttavia, l’analisi dei fatti recenti restituisce l’immagine di una presidenza segnata da un’asimmetria sconcertante e da un preoccupante allineamento bellicista.
La funzione del Capo dello Stato, secondo il dettato costituzionale, è quella di rappresentare l’unità nazionale e garantire il rispetto della Carta fondamentale. Eppure, su alcuni fatti, assistiamo a un silenzio sistematico che non è più interpretabile come discrezione istituzionale, ma appare come una precisa scelta di campo politica. Una scelta che lascia i cittadini italiani, impegnati nella difesa dei diritti umani e del diritto internazionale, privi di qualsiasi tutela da parte delle loro stesse istituzioni.
L’abbandono dei cittadini italiani
È emblematico il caso di Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite, oggetto di attacchi e pressioni indebite da parte di potenze straniere come gli Stati Uniti e Israele. Di fronte a queste ingerenze verso un’alta funzionaria italiana che opera nel solco del diritto internazionale, dal Quirinale non è giunta mezza parola. Non un richiamo formale, non una nota di solidarietà. Lo stesso silenzio tombale ha avvolto la vicenda della Sumud Flotilla, dove cittadini italiani sono stati vittima di aggressioni in acque internazionali da parte dell’esercito israeliano, e poi le continue violenze perpetrate dai coloni in Cisgiordania contro civili e attivisti, anche italiani. In questi frangenti, la “difesa della patria” e dei suoi cittadini sembrerebbe dissolversi di fronte alla necessità di non disturbare gli alleati atlantici..
Lo sfregio all’Articolo 11
Ancor più grave è la postura assunta rispetto al comparto militare e alla gestione della crisi russo-ucraina. Il Presidente Mattarella, che è anche capo delle Forze Armate, allo stato attuale non ha ritenuto di dover sussurrare nemmeno un timido richiamo all’ammiraglio Cavo Dragone. Le dichiarazioni di quest’ultimo riguardo la possibilità di un “attacco preventivo” alla Russia rappresentano uno sfregio palese all’Articolo 11 della Costituzione, che ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Tacere su affermazioni che prefigurano uno scenario di aggressione che significato può avere? Non siamo difronte ad una deriva che trasforma l’Italia da Repubblica di pace a pedina attiva in un conflitto globale contro un “nemico immaginario russo” ?
Due pesi e due misure
L’analisi storica del mandato evidenzia un doppio standard inaccettabile. Se da un lato si è pronti a intervenire con fermezza contro la Russia, dall’altro si riserva un trattamento di favore verso chi oggi è responsabile di crimini atroci. La solidarietà espressa alla comunità ebraica romana — che, va notato, ha mostrato un sostegno compatto al governo Netanyahu senza mai esprimere un briciolo di umanità per il genocidio in corso a Gaza — non rischia di apparire come una legittimazione politica indiretta? Mentre il governo israeliano prosegue nelle sue azioni, sostenuto trasversalmente da governo e da una finta opposizione italiana, perché il Quirinale non esercita quel ruolo di freno morale e costituzionale che gli competerebbe?
La legittimazione del baratro
Ci domandiamo se a rigor di logica e di diritto, siamo sì o no al di fuori del mandato Costituzionale con particolare riferimento al principio fondante del ripudio alla guerra. Tuttavia, è illusorio aspettarsi che l’attuale classe politica avvii una seria riflessione e discussione in merito. In assenza di un contrappeso istituzionale all’altezza della grave situazione in cui siamo l’Italia continuerà a marciare spedita verso il disastro, orfana di una guida che sappia dire “no” ai soprusi internazionali.