Il ministro Piantedosi sa poco di salute e in particolare di salute mentale. Nonostante questo l’altro giorno ha evocato la riapertura dei manicomi, commentando l’accoltellamento di una donna a Milano per mano di un uomo con problemi psichiatrici; una terza via ha detto, ma di fatto ha chiesto una revisione radicale della legge Basaglia che i manicomi li chiuse.
Fu, quello del grande psichiatra e di una grande lotta collettiva, un approdo di civiltà. Basaglia semplicemente rese evidente in forma definitiva che il manicomio non curava, ma che era fonte di indicibili sofferenze e sminuiva le persone sino a farle diventare cose prive di diritti. Quella stagione pare davvero lontana oggi che al senato si sta discutendo di un DDL proposto da Francesco Zaffini, parlamentare di Fratelli d’Italia, che intende manomettere pesantemente la riforma basagliana. Attualmente sta in commissione referente e vedremo quindi quanti e quali emendamenti arriveranno in aula, ma soprattutto vedremo se si allargherà il dibattito pubblico.
Ritornando all’intemerata del Ministro dell’Interno, occorre essere chiari su alcune cose. In primo luogo la nostra massima solidarietà e vicinanza va alla donna che ha subito l’accoltellamento. In seconda battuta intendiamo cercare di immedesimarci nelle persone che vivono il disagio, la malattia mentale e che ora si sentono in qualche modo tirati per la giacca come soggetti potenzialmente pericolosi. Infine intendiamo ristabilire il nesso tra sicurezza e cura, perché è intorno ad esso, anche secondo le evidenze scientifiche ben presenti in un sacco di letteratura, che si deve fondare una discussione seria.
Se è vero che il tema della pericolosità è un tema esistente, non è vero che esso sia endemico, anzi. Esso rappresenta semmai una piccola parte dell’insieme dei temi connessi alla salute mentale. Si tratta davvero di lasciar perdere questa drammatizzazione. La pericolosità esiste in realtà in tutti gli esseri umani e nel caso di chi ha un disagio psichico può essere affrontata con efficacia solo se viene trattata con la cura. Le persone sono meno pericolose se vengono curate.
Allora, se tutto questo è vero, il tema non è quello inserito nel dibattito da Piantedosi. Non è la rinascita dell’istituzione totale la soluzione, ma casomai una attenta disamina critica di che cosa ne è stato della riforma che quell’istituzione ha giustamente archiviato.
Basaglia il manicomio l’ha chiuso alla fine del lungo 68 italiano. La legge che porta il suo nome prevedeva però tutta una serie di interventi, strutture, reti di servizi che in particolare a livello territoriale potessero, appunto, assicurare la cura e il supporto per le persone con malattia mentale.
Questa architettura in grado di rovesciare un sistema autoritario, incapace di curare ma solo in grado di annichilire, è stata semplicemente non implementata. Negli anni le attenzioni e le risorse per la salute mentale sono diventate vieppiù insufficienti. E’ proprio per questo che oggi c’è chi come l’on. Zaffino preferisce le scorciatoie istituzionalizzanti. A lui e a Piantedosi, che davvero farebbe meglio a ricercare altre vie di facile consenso, chiediamo conto di cosa intenda fare il governo di cui fanno parte o sostengono in merito al rilancio della coppia sicurezza e cura. Temiamo che qui le chiacchiere stiano a zero, visto che per la sanità pubblica i soldi dal governo meloniano non arriveranno. Siccome purtroppo la salute mentale è sempre considerata la cenerentola non è difficile trarre conclusioni molto gravi. Tutto questo è semplicemente inaccettabile e non può avere ricadute vergognose su chi vive ogni giorno il proprio disagio. I pericolosi, quelli veri e da contrastare a fondo, stanno seduti nei banchi del governo e della sua maggioranza.