Il petrolio del Venezuela e la politica mafiosa degli Stati Uniti

Di Jeffrey D. Sachs* e Sybil Fares* – Sud e Sud

Il fragile pretesto morale oggi è la lotta contro i narcotici, ma il vero obiettivo è rovesciare un governo sovrano, e il danno collaterale è la sofferenza del popolo venezuelano. Se questo suona familiare, è perché lo è.

Gli Stati Uniti stanno rispolverando la loro vecchia strategia di cambio di regime in Venezuela. Sebbene lo slogan sia cambiato dal “ripristinare la democrazia” alla “lotta ai narco-terroristi”, l’obiettivo rimane lo stesso: controllare il petrolio venezuelano.
I metodi utilizzati dagli Stati Uniti sono quelli di sempre: sanzioni che strangolano l’economia, minacce di uso della forza e una ricompensa di 50 milioni di dollari per la testa del Presidente venezuelano Nicolás Maduro, come se fosse il selvaggio Far West.
Gli Stati Uniti sono dipendenti dalla guerra. Con il cambio di nome del Dipartimento della Guerra, un budget proposto dal Pentagono di 1,01 trilioni di dollari e più di 750 basi militari in circa 80 Paesi, non è una nazione in cerca di pace.
Negli ultimi due decenni, il Venezuela è stato un obiettivo persistente di cambio di regime da parte degli Stati Uniti. La ragione, chiaramente esposta dal presidente Donald Trump, sono i circa 300.000 milioni di barili di riserve petrolifere che sono sotto la fascia dell’ Orinoco, le più grandi riserve di petrolio del pianeta.
Nel 2023, Trump ha dichiarato apertamente: “Quando ho lasciato la presidenza, il Venezuela stava per crollare. L’avremmo preso, avremmo ottenuto tutto quel petrolio… ma ora stiamo comprando petrolio dal Venezuela, quindi stiamo arricchendo un dittatore”.
Le sue parole rivelano la logica di fondo della politica estera statunitense, che ignora completamente la sovranità e favorisce invece l’appropriazione delle risorse di altri paesi. Quello che sta accadendo oggi è una tipica operazione di cambio di regime guidata dagli Stati Uniti travestita da lotta contro il traffico di droga.
Gli Stati Uniti hanno ammassato migliaia di soldati, navi da guerra e aerei nel Mar dei Caraibi e nell’Oceano Pacifico. Il Presidente ha autorizzato la CIA a condurre operazioni segrete all’interno del Venezuela. Le richieste di escalation del governo degli Stati Uniti riflettono uno sconsiderato disprezzo per la sovranità del Venezuela, il diritto internazionale e la vita umana.
Il 26 ottobre 2025, il senatore Lindsey Graham (repubblicano della Carolina del Sud) è apparso alla televisione nazionale per difendere il recente attacco militare degli Stati Uniti alle navi venezuelane e per dire che gli attacchi di terra all’interno di Venezuela e Colombia sono una “possibilità reale”. Il senatore della Florida Rick Scott, nelle stesse notizie, rifletteva che, se fosse stato Nicolas Maduro, “si dirigerebbe in Russia o in Cina ora stesso”.
Questi senatori mirano a normalizzare l’idea che Washington decida chi governa il Venezuela e cosa succede al suo petrolio. Ricordiamo che Graham difende allo stesso modo che gli Stati Uniti combattono la Russia in Ucraina per garantire i 10 trilioni di dollari di ricchezza minerale che Graham rivendica frivolmente come a disposizione degli Stati Uniti.
Anche le misure di Trump non sono una novità quando si tratta del Venezuela.
Per più di 20 anni, le successive amministrazioni statunitensi hanno cercato di sommettere la politica interna del Venezuela alla volontà di Washington.
Nell’aprile 2002, un breve colpo di Stato militare rovesciò l’allora presidente Hugo Chavez. La CIA conosceva in anticipo i dettagli del golpe e gli Stati Uniti hanno immediatamente riconosciuto il nuovo governo. Alla fine, Chavez ha ripreso il potere. Tuttavia, gli Stati Uniti non hanno posto fine al loro sostegno al cambio di regime.
Nel marzo 2015, Barack Obama ha codificato una notevole narrativa legale. Obama ha firmato l’Ordine Esecutivo 13.692, in cui ha dichiarato che la situazione politica interna del Venezuela costituiva una “minaccia insolita e straordinaria” per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, rafforzando le sanzioni economiche contro il Venezuela. Tale misura ha gettato le basi per un’escalation di coercizione da parte degli Stati Uniti. Da allora la Casa Bianca ha sostenuto questa affermazione di “emergenza nazionale” negli Stati Uniti.
Trump ha aggiunto sanzioni economiche sempre più draconiane durante il suo primo mandato. Sorprendentemente, nel gennaio 2019, Trump ha dichiarato l’allora esponente dell’opposizione, Juan Guaidó, come “presidente ad interim” del Venezuela. Come se Trump potesse semplicemente nominare un nuovo presidente venezuelano “presidente interino” de Venezuela.
Questa tragicommedia statunitense alla fine è andata in pezzi nel 2023, quando gli Stati Uniti hanno abbandonato questa manovra fallita e ridicola.
Oggi, gli Stati Uniti stanno avviando un nuovo capitolo del furto di risorse. Trump ha parlato a lungo apertamente di “avere il petrolio”. Nel 2019, quando si parlava di Siria, il presidente Trump aveva dichiarato: “Manteniamo il petrolio, abbiamo il petrolio, il petrolio è al sicuro, lasciamo le truppe lì solo per il petrolio”.
Per chi ha dubbi, le truppe statunitensi sono ancora lì, nel nord-est della Siria, occupando i giacimenti petroliferi. All’inizio del 2016, sul petrolio dell’Iraq, Trump ha detto: “L’ho detto costantemente e coerentemente a chiunque volesse ascoltarmi, ho detto di mantenere il petrolio, mantenere il petrolio, mantenere il petrolio, non lasciare che qualcun altro lo ottenga”.
Ora, con nuovi attacchi militari contro navi venezuelane e dichiarazioni pubbliche su attacchi di terra, l’Amministrazione parla di narcotici per giustificare il cambio di regime.
Tuttavia, l’articolo 2, paragrafo 4 delle Nazioni Unite, vieta espressamente “la minaccia o l’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato”. Nessuna teoria statunitense della “guerra ai cartelli del narco-traffico” giustifica anche lontanamente un cambio coercitivo di regime.
Anche prima degli attacchi militari, le sanzioni coercitive statunitensi hanno funzionato come una macchina d’assedio. Obama ha creato il quadro delle sanzioni nel 2015 e Trump lo ha usato come arma per rovesciare Maduro.
L’idea era che la “massima pressione” avrebbe potenziato i venezuelani. Ma in pratica, le sanzioni hanno causato sofferenze diffuse. Come ha scoperto l’economista ed esperto di sanzioni Francisco Rodriguez nel suo studio sulle “Conseguenze umane delle sanzioni economiche”, il risultato delle misure coercitive degli Stati Uniti è stato un declino catastrofico degli standard di vita dei venezuelani, un grave peggioramento della salute e della nutrizione e terribili danni alle popolazioni vulnerabili.
L’attuale fragile pretesto morale è la lotta contro i narcotici, ma il vero obiettivo è rovesciare un governo sovrano, e il danno collaterale è la sofferenza del popolo venezuelano.
Se questo vi sembra già sentito, è perché lo è. Gli Stati Uniti hanno ripetutamente effettuato operazioni di cambio di regime in cerca di petrolio, uranio, piantagioni di banane, rotte di gasdotti e altre risorse: Iran (1953), Guatemala (1954), Congo (1960), Cile (1973), Iraq (2003), Haiti (2004), Siria (2011), Libia (2011) e Ucraina (2014), per citare solo alcuni casi. Ora tocca al Venezuela.
Nel suo brillante libro Covert Regime Change (2017), la professoressa Lindsay O’Rourke descrive in dettaglio i complotti, le ripercussioni e i disastri di non meno di 64 operazioni segrete di cambio di regime effettuate dagli Stati Uniti tra il 1947 e il 1989.
Si è concentrata su questo periodo precedente, perché molti documenti chiave di quell’epoca sono già stati declassificati. Tragicamente, il modello di politica estera degli Stati Uniti basato su operazioni segrete (e non così segrete) di cambio di regime continua ancora oggi. Le richieste di escalation del governo degli Stati Uniti riflettono uno sconsiderato disprezzo per la sovranità del Venezuela, il diritto internazionale e la vita umana.
Una guerra contro il Venezuela sarebbe una guerra che gli statunitensi non vogliono, contro un Paese che non ha minacciato o attaccato gli Stati Uniti, e con motivi legali che non avrebbero superato un esame di uno studente di legge del primo anno.
Bombardare navi, porti, raffinerie o soldati non è una dimostrazione di forza. È l’epitome del gangsterismo.

*Jeffrey D. Sachs, professore e direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile presso la Columbia University.

*Sybil Fares, Senior Advisor on the Middle East and Africa for UN Sustainable Development Solutions Network.

Fonte: https://www.other-news.info/noticias/el-petroleo-de-venezuela-y-la-politica-mafiosa-de-eu/