Il movimento BDS, le paure di Israele

Perché il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni spaventa tanto Israele e chi lo sostiene? Sembra impossibile che una campagna condotta quasi esclusivamente da volontari, che si rifà ai movimenti nonviolenti contro l’apartheid sudafricana e contro la segregazione razziale nel sud degli Stati Uniti, susciti tanta avversione non solo dai governi e dalle istituzioni israeliane che ne sono oggetto, ma anche da rappresentanti di paesi democratici, da istituzioni culturali altrimenti aperte al dialogo, e da intellettuali.
Perché una sigla, che era poco conosciuta al di fuori del circolo dei sostenitori della causa palestinese, sta diventando comune anche tra i semplici cittadini, che assistono impotenti al massacro di palestinesi, in grande maggioranza civili, incluse donne e bambini?
Il movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni  è nato 20 anni fa, da un appello del 9 luglio 2005, un anno dopo che la Corte internazionale di Giustizia dell’Aja aveva emesso un advisory opinion, un parere legale, relativamente alla legalità del cosiddetto  “Muro in Palestina”, giudicando che la costruzione del muro costituisse una violazione del principio di autodeterminazione dei popoli, del divieto di annessione forzata di territori e beni altrui, oltre che di vari diritti umani e del diritto internazionale umanitario. 
L’appello fu lanciato da una vasta coalizione di organizzazioni della società civile palestinese (oltre 170 sigle) rivolto alle società civili mondiali, perché esercitassero pressioni e sanzioni nei confronti dello Stato di Israele, che da sempre ignora raccomandazioni e risoluzioni degli organismi internazionali, erodendone anche la credibilità e la possibilità di azione.
Le richieste delle organizzazioni palestinesi erano semplici e comprensibili, e coinvolgevano tre grandi componenti popolari: i residenti dei Territori Occupati, i palestinesi cittadini di Israele (circa il 20% della popolazione di Israele) e quelli della diaspora mondiale. Gli obiettivi erano:
– Fine dell’occupazione e della colonizzazione israeliana, e smantellamento del Muro;
– Fine delle discriminazioni e riconoscimento di uguali diritti ai cittadini arabo-palestinesi di Israele
– Diritto al ritorno dei profughi palestinesi nella loro terra, sancito dalla Risoluzione 194 dell’ONU
I governi israeliani, sostenuti costantemente dall’alleato-protettore americano si sono sempre fatti beffe delle indicazioni degli organismi sovranazionali, proseguendo imperterriti ed impuniti nel progetto sionista di progressivo svuotamento delle popolazioni dalla Palestina storica, e sostituendole con immigrati da ogni parte del mondo, che dimostrassero una qualunque discendenza ebraica, spesso fittizia.
Le caratteristiche del BDS sono state chiare fin da subito:
il movimento internazionale è a guida palestinese (Boycott National Committee -BNC) e vi aderiscono organizzazioni palestinesi, israeliane e internazionali (incluse organizzazioni ebraiche)
Il movimento è nonviolento, basato sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, è contro razzismo, fascismo, anti-semitismo, islamofobia, sessismo, non è contro i cittadini israeliani, ma contro le politiche del loro governo. Insomma, non colpisce l’identità, ma le complicità.
Le richieste BDS si riassumono in “restituiteci i nostri diritti, e potremo autodeterminarci”. Ogni soluzione politica sul futuro ed il destino delle e dei palestinesi si basa sulla possibilità di esercitare il diritto fondamentale di esprimere liberamente il proprio pensiero e decidere per sé. Finora, nella storia, il popolo palestinese non ha mai potuto esercitarlo, non è mai stato davvero consultato.

La reazione di Israele
All’inizio Israele ignorò, sottovalutandolo, il movimento, pur tenendolo sempre controllato (anche attraverso ricorrenti irruzioni nelle sedi delle associazioni aderenti, sottraendo documenti e danneggiando strumentazione, arrestando gli attivisti). E intanto il movimento cresceva. Anche la leadership palestinese si dimostrò diffidente, all’inizio, poi mutò idea.
Il primo ministro Netanyahu (2014) cominciò a delegittimare BDS definendolo una “minaccia strategica” per Israele, al pari del programma nucleare iraniano e dei razzi di Gaza e del Libano. Si applicarono contromisure per bloccare il movimento di boicottaggio. Con uno stanziamento iniziale di $ 100 milioni e l’utilizzo di 200 tecnici informatici e influencer su condusse una lotta anti-BDS sui social, con intimidazioni e minacce agli attivisti BDS palestinesi, spionaggio contro attivisti BDS all’estero e attacchi a siti internet. Furono avviate campagne denigratorie violente e crescenti accuse di antisemitismo nei confronti di attivisti BDS. Particolarmente insidiosa è l’introduzione, da parte della International Holocaust Remembrance Alliance– IHRA di una definizione più “aggiornata” del concetto di antisemitismo, che include anche le accuse di razzismo allo stato di Israele. Tale definizione è stata rigettata anche da molti studiosi della storia dell’olocausto, ma viene continuamente riproposta, anche in Italia, da politici non solo di estrema destra.

Il movimento BDS può essere una minaccia reale per Israele ?
Il BDS funziona. Grandi imprese internazionali come AXA, HP, Booking, G4S, Veolia, Orange, Puma, e molte altre hanno subito danni economici rilevanti, per tacere di quelli di immagine, spesso di uguale importanza nella strategia di marketing aziendale.
Ma è lo stesso “Stato degli ebrei” ad aver subito il danno maggiore: la sua immagine di stato liberale, di “unica democrazia del Medio Oriente”, è stata intaccata e ormai definitivamente smentita. Il progetto sionista di sostituzione etnica, accelerato dopo i fatti del 7 ottobre 2023 a Gaza, sfruttati come giustificazione di qualunque violenza contro i palestinesi -compreso il genocidio in corso- ha ripreso con feroce dinamismo. Quella in corso è, secondo molti osservatori, una “Naqba 2.0”, con la violenta accelerazione in atto della decimazione ed espulsione della popolazione locale.
Il BDS ha il merito (o la colpa, secondo alcuni) di evidenziare l’anomalia di Israele, dimostra che non è uno stato normale, uno stato democratico che commette qualche errore, ma uno stato ai margini della legalità internazionale, la vera unica colonia rimasta a presidiare il potere occidentale in Asia minore.

Il movimento BDS in Italia cresce
In Italia la campagna BDS è stata avviata “ufficialmente” nell’anno 2009, e vi hanno aderito molte organizzazioni, gruppi e associazioni di diversa estrazione e orientamento. Coerentemente con l’impostazione originaria, che fa della inclusività una propria caratteristica prioritaria, BDS Italia raccoglie diverse anime e sensibilità: oltre a gruppi locali stabili in circa 20 città, aderiscono associazioni quali Un Ponte per, Pax Christi, Assopace Palestina, Salaam Ragazzi dell’Ulivo, ecc.
BDS Italia promuove sia campagne internazionali proposte dal Comitato Palestinese BNC, sia altre a carattere più propriamente nazionali o locali.
La campagna più importante ed urgente è senza dubbio quella per imporre sanzioni ad Israele per i crimini contro l’umanità e ora anche di genocidio: l’embargo militare totale da parte degli Stati e delle organizzazioni internazionali Milioni persone si sono attivate contro la barbarie della guerra, contro questo genocidio “in diretta< streaming”.
Tra le altre campagne attive in Italia, ricordiamo quella contro Carrefour, società francese della GDO, che ,oltre a commercializzare prodotti israeliani provenienti dalle colonie illegali, vende proprie merci nelle colonie stesse, e si vanta di aver fornito pacchi dono ai militari israeliani che stanno massacrando i palestinesi a Gaza.
Coop e Teva. Due campagne avviate di recente, e tutte italiane, sono quelle contro la presenza di prodotti israeliani nei supermercati Coop, con la raccolta di migliaia di firme e l’invio di lettere di protesta da parte di soci coop ai responsabili dell’azienda, fino ad ora senza una risposta adeguata. La Coop tradisce il proprio codice etico e gli stessi soci (https://bdsitalia.org/index.php/comunicati-stop-agrexco/2886-coop-codice-etico)
Da ultimo ricordiamo la campagna contro l’industria TEVA, multinazionale israeliana del farmaco generico, che trae profitto dalla occupazione militare israeliana dei Territori Palestinesi per il sistema di costrizione e limitazioni che strangolano l’economia palestinese, inclusa l’industria farmaceutica locale, un tempo fiorente.
 La campagna di BDS Italia, condivisa con l’organizzazione “Sanitari per Gaza” è rivolta ai consumatori, ma anche ai medici di base, alle farmacie, ai centri di acquisto dei farmaci (https://bdsitalia.org/index.php/teva-comunicati/2856-teva-no-grazie)
Come molte altre campagne, tutte le cittadine e i cittadini possono aderire. Per informazioni sul BDS e sulle sue campagne, (www.bdsitalia.org)

Per chiudere, ricordiamo un caro amico che ha dato la vita per la Palestina, Vittorio,“Vik” Arrigoni, che scrisse; “C’è parecchio da fare anche in Italia, in Europa, nel Mondo, e la marcia verso la libertà per i palestinesi si chiama BDS (blog “Guerriglia Radio, 14/03/2010)