Tratto da Cambia il mondo –
Relazione all’Assemblea Filef del 13 dicembre 2025
di Adriana Bernardotti, Analia Barrera, Salvatore Finocchiaro (*)
Il 26/10 in Argentina si sono svolte le elezioni parlamentari di metà mandato per il rinnovo parziale delle Camere. Tutti gli analisti prevedevano una netta sconfitta per il governo Milei, considerando la disastrosa situazione sociale, gli scandali di corruzione e soprattutto l’antecedente così vicino delle elezioni del 7/9 nella provincia di Buenos Aires – territorio che riunisce oltre il 38% della popolazione argentina – dove il centro-sinistra del peronismo aveva sconfitto pesantemente i candidati del Presidente. Invece, contro tutti i pronostici, Milei ha vinto duplicando il numero di parlamentari e diventando prima minoranza nel Congresso.
Perché ha vinto Milei e perché continua a vincere contro tutte le aspettative?
–L’anti-kirchnerismo (in parte assimilabile a quello che storicamente è stato l’antiperonismo) si è confermato nelle ultime elezioni per il rinnovo delle Camere del 26/10 come la forza elettorale più potente in Argentina. In questo senso le elezioni del 7/9 della provincia di Buenos Aires hanno funzionato come un “primo turno”: il trionfo del candidato della sinistra peronista è stato uno stimolo per riunire a tutta la destra, dal centro all’estrema destra attorno alla figura di Milei, capovolgendo il risultato che tutti prevedevano.
– L’Argentina non cresce da almeno 15 anni, circa dal 2011. L’inflazione si è insediata come minaccia per i ceti popolari e il kirchnerismo non ha percepito la gravità del tema. Milei sta crescendo in un Paese con un PIL congelato da molti anni, dove cadono i consumi e gran parte delle famiglie si indebita per acquistare alimenti, dove l’occupazione nel settore privato è stagnante e l’informalità è in aumento (raggiunge il 42% alla fine del 2024)
– La “casta” come strategia vincente: Destra e mezzi di comunicazione – tra i quali dobbiamo sottolineare il potere pervasivo degli influencers e le reti sociali – hanno instillato un’idea nella percezione popolare: che i nuovi e pochi privilegiati sono “quelli salvati dallo Stato”, cioè gli “assistiti” dalle politiche K (di Cristina Kirchner); ovviamente inclusi i politici, “la casta”. Qualcuno ha riflettuto che si tratta del “ritorno di ciò che era stato represso”, ovvero la forza del “Que se vadan todos” (“che se ne vadano tutti quanti!”) del 2001 che allora era riuscita a canalizzare la politica con Nestor Kirchner.
-La sinistra non ha risposte per la crisi, né in Argentina né nel mondo. Di fronte all’avanzare delle politiche pro-mercato e di destra dappertutto, la sinistra si è limitata alla difesa dei diritti umani e delle minoranze, di genere, sessuali, ecc (“il woke”), perdendo il sostegno delle masse popolari che si spostano a destra. Questo è valido anche per il kirchnerismo, ovvero il peronismo di sinistra che si identifica nella figura di Cristina oggi agli arresti domiciliari.
-Il governo Milei ha avuto successo offrendo tre cose strettamente collegate: stabilità politica, discesa dell’inflazione e dollaro a basso costo. In Argentina l’instabilità politica diventa subito crisi economica: una sconfitta dell’officialismo o trionfo peronista avrebbero portato alla svalutazione del peso e quindi all’inflazione. Il termometro è il cosiddetto “rischio paese”, un indicatore che misura la probabilità che un paese non riesca a adempiere ai propri obblighi finanziari: esprime in punti l’importo in più che quel paese deve pagare in interessi per indebitarsi sul mercato internazionale, rispetto ai titoli del Tesoro statunitense, considerati a basso rischio. Nelle settimane precedenti alle elezioni del 26 ottobre il rischio paese era salito pericolosamente di fronte alla previsione di un trionfo peronista. Il risultato elettorale ha fatto scendere immediatamente l’indicatore: la mano invisibile del mercato non ha dubbi su chi deve vincere…
–L’aiuto condizionato e praticamente estorsivo degli Stati Uniti ha rinforzato questa percezione di crisi imminente. Mai prima d’ora l’Argentina aveva assistito ad un’ingerenza statunitense così sfacciata nella politica interna. Ciò è avvenuto attraverso un’operazione economica in cui il Tesoro statunitense, su richiesta personale di Trump – una decisione che ha suscitato scalpore al Congresso – ha acquistato pesos argentini, aprendo una linea di credito per sostenere la valuta argentina e prevenire un’impennata inflazionistica nella settimana precedente le elezioni di medio termine. Trump ha esplicitamente condizionato questo sostegno all’Argentina alla vittoria di Milei alle elezioni di ottobre e, di fronte alle richieste del suo Congresso, ha giustificato l’operazione citando i sostanziali profitti che il prestito avrebbe generato per il contribuente americano.
-La crisi profonda del peronismo, che non ha saputo fare autocritica né proporre un programma per il futuro, una soluzione alla crisi. Il programma è stato “volver”, ritornare al passato idealizzato. Milei ha creato una speranza di rottura, una svolta verso qualcosa di diverso, soprattutto per le nuove generazioni per le quali quel passato non significa niente e il kirchnerismo/peronismo è solo l’immagine della corruzione dipinta sui giornali mainstream e le reti sociali.
– L’Argentina non si governa mai dal Centro. Di fronte alla crisi e al discredito della figura di Cristina, il peronismo, nelle ultime tre elezioni, ha cercato candidati di centro destra: Scioli (che ha perso con Macri), Alberto Fernandez a cui è toccata la pandemia e ha fatto “il governo degli scienziati” con lunghissimi confinamenti, e per ultimo Massa (ex ministro dell’Economia di Fernandez che ha perso con Milei). L’Argentina è un Paese di grandi confrontazioni tra uomini forti: “la Grieta” (la spaccatura) è il termino in uso per definire questo violento confronto tra uomini o donne forti. Ci sono stati, per le elezioni di ottobre, alcuni tentativi di alleanze moderate e partiti di Centro (anche fratture del peronismo) però hanno completamente fallito.
– La destra moderata di Macri, invece, l’ha capito e ha fatto autocritica: la risposta è stata “facciamo lo stesso ma senza gradualismo”. E’ stato però Milei chi ha preso la staffetta per rivoluzionare tutto: farla finita con la casta, la “giustizia sociale” o l’assistenzialismo, la politica woke, e anche i vaccini e i confinamenti della pandemia. Alla fine, contro le previsioni iniziali, la forza di Milei ha svuotato il partito creato da Macri, ha inglobato anche il radicalismo e adesso, come risultato della conferma elettorale, sta indebolendo e fratturando il peronismo (comperando i Governatori delle province).
-La questione generazionale e di genere: I giovani sono i principali sostenitori di Milei. Non hanno memoria storica degli anni d’oro del peronismo (che conoscono solo attraverso i processi per corruzione portati avanti da un sistema giudiziario ammanicato con la destra). Non accedono né hanno ormai la speranza di accedere a lavori tutelati, esperienza che innesca un cambiamento dei valori e di coscienza di classe.
E’ ampiamente dimostrato, d’altra parte, che il voto a Milei è prevalentemente maschile, il che può esser letto anche come una reazione alla politica di genere del governo Fernandez (anti-woke).
–L’Argentina vive dei cambiamenti strutturali che si rleiflettono nella politica.
L’Argentina non è più il mito del paese diverso della regione (ugualitario, mobilitato, solidario, antimperialista). Diverse indagini sui valori registrano l’emersione di una “destra popolare”: persone che condividono l’ideologia di Milei. Riunisce gente che si dichiara anti-Stato e pro Trump; pastori evangelici; giovani maschi fan delle reti, le cripto monete e l’antifemminismo.
Un’ altro cambiamento è la centralizzazione nella capitale o “porteñizacion” della politica argentina: non vincono quelli che hanno esperienza esecutiva di governo nei territori, ma quelli che sono popolari nei grandi media e reti sociali. Perciò i governatori hanno perso volume politico.
Le Riforme della motosierra (il programma di Milei). Cosa ha fatto finora e cosa vuole fare in questa seconda fase del suo governo?
La prima parte del mandato si è basata su un draconiano taglio fiscale determinato dalla decisione politica di prendere il controllo della spesa pubblica.
“Ridurre l’inflazione a costo di recessione e debilitazione dei salari”: Il programma di Milei potrebbe essere riassunto con queste parole e declinato in misure come lo stop alle opere pubbliche, i tagli dei contratti dello Stato, la riforma dello Stato e i licenziamenti.
Milei ha potuto fare e disfare al suo piacimento governando alle spalle del Parlamento, attraverso “decreti presidenziali” giustificati dalla “necessità e urgenza” e senza legge di Bilancio. Il Parlamento ha avuto le mani legate perché secondo una modifica stabilita dal governo di Cristina, per bocciare un decreto presidenziale occorrono i 2/3 dei voti del Congresso (non più la maggioranza semplice). Questo espediente gli consentiva anche di prorogare lo stesso bilancio ogni anno, utilizzando e spostando le voci di bilancio a piacimento. Milei ha governato finora senza Finanziaria.
Il settore più colpito è stato il pubblico impiego: oltre 50.000 dipendenti pubblici hanno perso il lavoro dall’inizio dell’amministrazione. Il governo prevede di ridurre il numero di dipendenti pubblici di un ulteriore 10% entro il 2026, attraverso la riduzione o la chiusura degli enti decentrati.
Il Governo tiene sotto controllo le trattative salariali: non convalida le trattative salariali che stabiliscano incrementi salariali superiori all’indice inflazionario. Nell’ideologia del Governo si dà per scontato che i consumi, la vita stessa, siano inflazionistici – e impone un salario minimo che fa onore al suo nome.
C’è una “crisi del reddito“: dovuta al congelamento dei salari che impone contrattazioni salariali al ribasso, misure di austerità e tagli fiscali che hanno ridotto gli stipendi pubblici, le pensioni e i programmi sociali. Intanto nel mercato del lavoro si registra un aumento della disoccupazione, dell’informalità e della pluri-occupazione.
A questo si aggiunge la deindustrializzazione e conseguente crescita della disoccupazione che accelererà l’accordo commerciale con gli USA. Tra il novembre 2023 e l’agosto 2025 hanno chiuso 19.164 aziende e ci sono 276.624 lavoratori in regola in meno.
Altre due strategie complementari per il successo della politica della destra sono state la repressione della protesta e il disciplinamento dei Governatori.
Repressione e disciplinamento della protesta. Forse la prima misura di governo è stata il “Protocollo contro i picchetti” e le proteste di strada. Dal primo giorno vediamo ogni mercoledì le forze di polizia picchiare i pensionati in protesta, lanciare i gas contro i medici in sciopero per stipendi di fame. C’è un montaggio scenografico della repressione, che fa parte della “battaglia culturale”: disciplinare il popolo, i discoli e gli oppositori alla rivoluzione libertaria.
Una strategia politica vincente è quella di disciplinare i Governatori delle regioni riducendo gli stanziamenti di bilancio federali attraverso un sistema di premi e punizioni. Questo denaro serve alle province per finanziare la Salute e l’Istruzione Pubblica, che sono funzioni ad esse delegate. Anche per occuparsi minimamente delle opere pubbliche, che il governo centrale ha paralizzato con la motosega. Questo sistema gli consente oggi di assicurarsi – attraverso le estorsioni – la maggioranza dei rappresentanti al Congresso a spese del peronismo, che era stato finora la maggioranza relativa.
La politica economica e finanziaria:
La politica economica di Milei si riduce a mantenere artificialmente sottovalutato il dollaro per fare calare l’incubo dell’inflazione. (Dobbiamo ricordare che l’argentino pensa in dollari e in molti ambiti esiste da tempo una economia bimonetaria.) Per fare ciò il Governo ha bisogno di introdurre dollari nel mercato attraverso diversi strumenti: bruciando riserve; una sanatoria fiscale, un nuovo prestito di emergenza del FMI, incentivi ai grandi esportatori agricoli per liquidare i dollari del raccolto offrendo un cambio per la valuta superiore a quello di mercato.
L’ultimo di questi rimedi è stato l’intervento senza ambagi del Tesoro degli USA – per decisione personale del presidente Trump -. che ha introdotto dollari nel mercato argentino per frenare una crisi che preannunciava una sconfitta elettorale del Governo. Con l’intervento subito si sono recuperati gli asset nazionali – azioni societarie, titoli di debito e il peso stesso – che erano stati scambiati giorni prima a prezzi stracciati e Milei ha vinto.
Quello di Milei è un modello di salvataggio permanente, che ha bisogno di nuove dosi affinché il governo possa attraversare il ponte verso la sua salvezza finale: un ritorno al mercato del debito volontario. Sempre, ovviamente, con il costoso “tutor” fornito dal Tesoro statunitense. (Rischio paese o spread: 600, obiettivo 500) Ciò consentirebbe sia il rifinanziamento delle scadenze sia la fuga dello spettro del default per il resto dell’attuale periodo di governo, oltre a ridurre la necessità di aggiustamenti fiscali e quindi l’applicazione di alcune – modeste – misure di spesa sociale o di investimento più compatibili con le esigenze di un programma che dovrà avere una componente politica o rischierà di fallire.
Per concludere questa sintesi su quello fatto finora dal governo, possiamo dire che ci sono tre settori che sono stati avvantaggiati e tre che hanno perso duramente. I vincitori sono: il settore primario, l’intermediazione finanziaria e il settore immobiliare. I grandi sconfitti sono l’industria, l’edilizia e il commercio.
Le proposte per la nuova tappa: ribaltare l’Argentina
Per la seconda fase del governo che comincia adesso con la conferma elettorale, si annuncia una vera rivoluzione conservatrice. Ciò significa la probabile emersione di un’Argentina decisamente concentrata sugli interessi degli investimenti – il settore imprenditoriale più concentrato – e indifferente alle esigenze dei consumi – i lavoratori –.
A questo scopo il Governo si propone tre grandi riforme:
1- La Riforma del Lavoro, il primo compito (si discuterà nelle sessioni Straordinaria del Parlamento di dicembre, con la nuova composizione delle Camere più favorevoli al governo).
L’obiettivo palese è la riduzione dei salari attraverso vari mezzi, a cominciare dalla risoluzione dei contratti collettivi nazionali per arrivare al primato dei contratti di fabbrica su quelli settoriali. Si parla di limitare il diritto di sciopero e di protesta, ridurre i congedi, limitare la possibilità di contenzioso in caso di licenziamento, della trasformazione degli straordinari in una “banca delle ore” e di introdurre modifiche al trattamento di fine rapporto caricando il costo sui lavoratori nella forma di assicurazione o risparmio forzato. Si vuole intaccare anche il potere dei sindacati con misure come rendere facoltativa la quota sindacale o la rimozione delle commissioni interne per piccole imprese.
2- Una riforma fiscale per ridurre la tassazione ai capitalisti, eliminando anche imposte ad uso delle province e governi locali. La riforma ha anche l’obiettivo di costringere le province a rispettare il principio di uno Stato minimo e a basso consumo, stabilito nel cosiddetto “Patto di Maggio” sottoscritto dalla maggioranza dei Governatori con il Presidente. Quel documento stabiliva un obiettivo di spesa pubblica di appena il 25% del PIL, un livello che garantisce solo il sottofinanziamento della sanità, dell’istruzione e di altri servizi pubblici di base.
3- Una riforma delle pensioni, che verrà rinviata, ma che sicuramente non è pensata per migliorare la vita dei lavoratori in pensione.
Cambiamenti nella politica internazionale: l’allineamento con gli Stati Uniti e Israele. Il rapporto con Cina. Il Mercosur (e prossimo accordo con UE)
L’Argentina di Milei ha dichiarato l’allineamento incondizionato con gli USA di Trump e Israele. Questa posizione implica anche:
-Il rifiuto a fare parte del gruppo dei BRICS, al quale era stato invitato per iniziativa di Lula durante il governo precedente di Fernandez.
– Un indebolimento del Mercosur e quindi del rapporto con il nostro principale socio commerciale, il Brasile (secondo sbocco delle nostre esportazioni).
-Un cambiamento nelle votazioni all’ONU, dove si vota sempre accanto agli USA/Israele, ad esempio rispetto alla decolonizzazione dei territori occupati in Palestina, o riguardo all’embargo cubano. Queste posizioni debilitano anche la capacità del paese di rivendicare la sovranità sulle Isole Malvinas. L’Argentina si è nel frattempo ritirata anche dell’OMS.
– Mettere a rischio il rapporto commerciale con Cina, paese che è il principale sbocco delle nostre esportazioni.
– La dipendenza quasi-coloniale degli USA. Subito dopo la conferma elettorale di Milei, garantita dall’intervento di Trump e del Tesoro americano, l’Argentina ha firmato l’accordo commerciale con gli Stati Uniti (Accordo Quadro di Commercio e Investimenti) che rappresenta il coronamento della politica di dipendenza.
L’accordo mette a repentaglio l’industria e il settore primario del Paese, richiedendo la liberalizzazione del 70% del mercato locale per i prodotti statunitensi, tra cui prodotti farmaceutici, macchinari e prodotti agricoli, offrendo in cambio benefici limitati e poco definiti (ad esempio, dazi ridotti sulle esportazioni di acciaio e alluminio, alla Rocca-Techint).
Il patto rappresenta una rinuncia alla sovranità normativa, costringendo l’Argentina ad accettare automaticamente le certificazioni di agenzie statunitensi come la FDA e l’EPA, il che potrebbe lasciare l’industria nazionale senza protezione.
Ciò rappresenta un rischio per l’industria farmaceutica locale e apre persino le porte all’importazione di carne bovina, cereali e latticini dagli Stati Uniti. Gli Stati Uniti cercano di assicurarsi l’accesso a minerali rari e critici, che l’Argentina possiede e che sono di interesse anche per la Cina; tocca questioni strategiche come il commercio digitale e il trasferimento di dati, inclusi i dati personali, a vantaggio degli Stati Uniti.
Il governo Milei ha presentato l’accordo come una ricompensa personale, a dimostrazione del fatto che il Paese era stato scelto come partner dalla superpotenza del nord. In realtà, questo patto è solo uno di una serie di accordi presentati dagli Stati Uniti contemporaneamente a quelli con El Salvador, Guatemala ed Ecuador.
“Stiamo riconquistando l’America Latina attraverso la nostra leadership economica. Non ci saranno proiettili. Il Cile andrà alle elezioni (nota dell’editore: il ballottaggio del 14 dicembre, per il quale il sostenitore di Pinochet José Antonio Kast è il favorito). La Bolivia ha appena tenuto le elezioni, si è spostata al centro-destra per la prima volta in 20 anni e ha abbracciato gli Stati Uniti. Paraguay, Ecuador… L’intero emisfero si sta avvicinando a noi”, ha affermato il Segretario di Stato USA Scott Bessent.
Quale resistenza popolare alle sue politiche? Lotte operaie e movimenti di strada (pensionati, studenti, medici…)
Di conseguenza, ciò ha portato a un’esplosione di conflitti localizzati, ancora meno di quelli settoriali, che hanno contrapposto il governo ai medici dell’ospedale Garrahan, agli insegnanti delle università nazionali, alle famiglie con membri disabili, agli scienziati del CONICET, ai pensionati che hanno ancora la forza di scendere in piazza… Tutti questi gruppi hanno ricevuto solo fugaci momenti di sostegno e sono stati in gran parte abbandonati dai leader che avrebbero dovuto rappresentarli e proteggerli da una risposta ufficiale che era solo repressiva.
L’impatto nell’educazione e nella cultura
Forse la principale bandiera della politica di Milei è la cosiddetta “battaglia culturale”. Questa si è espressa – appena assunto il mandato – attraverso la riforma dei ministeri e la creazione di una mega struttura denominata “Ministero del Capitale Umano”, all’interno della quale sono stati declassati a semplici segreterie gli ex ministeri di “Sviluppo Sociale”, “Lavoro, Occupazione e Previdenza Sociale”, “Salute”, “Istruzione” e “Cultura”. E’ stato anche chiuso il ”Ministero della Donna”, come gli enti pubblici che si occupavano dell’Antidiscriminazione, delle comunità dei popoli originari. Oggi sono sotto attacco le politiche di genere (parità uomo-donna, violenza contro le donne e diversità sessuali) ed è stata irrigidita la legislazione sull’immigrazione straniera.
Al contrario, sono stati creati i singoli Ministeri dell’Interno, Ministero della Sicurezza Nazionale e Ministero della Difesa. C’è soprattutto una svolta d’indirizzo nella politica dei Diritti Umani e della memoria sui crimini della Dittatura: c’è una rivendicazione delle FFAA e si vuole instaurare il principio della “memoria completa”, per risarcire le vittime della violenza di sinistra.
È in cantiere anche una riforma educativa, che intaccherebbe ulteriormente una situazione già molto grave dell’infanzia e dell’adolescenza nel paese. Oggi il 35,5% dei bambini e degli adolescenti soffre di insicurezza alimentare; un 16,5% è in condizioni gravi, in termini di denutrizione, con tutte le conseguenze conosciute per lo sviluppo fisico-cognitivo, per la salute, il rendimento scolastico e la salute emotiva (0-17 anni, dato 2024). D’altra parte,circa il 30% (1 su 4) dei giovani tra i 18 e i 24 anni non studia né lavora.
La così chiamata “Legge di libertà educativa”, ancora in fase di revisione, propone una riforma del sistema scolastico che rischia di distruggere il sistema nazionale di educazione pubblica: pone il potere decisionale nelle mani delle famiglie, consente l’istruzione domiciliare parentale, amplia l’autonomia scolastica e intacca il principio della laicità dell’educazione, abilitando l’insegnamento religioso nelle scuole statali.
L’educazione pubblica e la scuola dell’obbligo sono vittime del definanziamento Milei, attraverso i fondi federali che sono stati decurtati alle province. Gli stipendi dei docenti hanno perso oltre il 30% del potere d’acquisto durante questo governo. Le università nazionali, che seguendo una lunga tradizione in Argentina sono completamente gratuite, sono state il principale bersaglio e anche il bastione della resistenza alle politiche del governo: “rappresentano un sussidio dei poveri verso i ricchi” asserisce Milei. Nella Finanziaria 2026 è stato proposto di destinare lo 0,75% all’Educazione contro un obiettivo stabilito da una legge precedente che era allo 6% del PIL. La censura è arrivata nelle aule, ad esempio è sotto attacco l’educazione sessuale nelle scuole.
I tagli colpiscono duramente le istituzioni scientifiche e i sussidi alla produzione artistica (chiusura di enti, emigrazione di massa di ricercatori e artisti). Sono in via di dissoluzione l’agenzia stampa statale Telam e la Radio e TV pubblica.
(*) – Componenti Filef Argentina e Assemblea Filef internazionale