Concordo con Acerbo che il partito sta applicando la linea politica decisa in Congresso. Infatti siamo davanti ad una crisi organica del partito in cui l’applicazione di quella linea produce il dissolvimento del progetto politico, della ragion d’essere di Rifondazione Comunista.
Per quanto riguarda le regionali il caso più incredibile è quello del Veneto in cui prima abbiamo rifiutato le proposte di alleanze che ci sono state avanzate dal PCI e abbiamo inseguito per mesi il PD. Poi dopo che non ci hanno nemmeno considerati abbiamo dichiarato ai giornali che il centro sinistra era settario perché nonostante noi avessimo accettato i loro contenuti loro non ci volevano. Su questa base i giornali ci hanno descritti come “rifiutati”. Dopo essere stati rifiutati abbiamo discusso con il PCI per fare una lista unitaria fuori dal centro sinistra e adesso – che il PD ha mostrando la disponibilità a prenderci in coalizione – abbiamo deciso di abbandonare il PCI e di entrare nel centro sinistra. Ma che credibilità può avere un partito che si comporta in questo modo? Qui non è nemmeno più un problema di linea politica ma di dignità, di mantenimento di un minimo di credibilità politica.
Il punto è che al di la delle chiacchiere nelle regioni dove il Documento 1 è maggioritario è stato cercato in tutti i modi l’accordo con il PD.
In questa situazione l’unico ruolo che giochiamo è quello di essere in concorrenza con AVS, sgomitando nella stessa area politica del centro sinistra per cercare di intercettare noi qualche relazione e qualche esponente politico in quel contesto. Che senso abbia dal punto di vista politico questa sovrapposizione di linea politica con AVS non si riesce a capire visto che il terreno politico che dovremmo praticare è quello dell’alternativa. Da questo punto di vista, che nelle regioni dove ha vinto il documento 2 si sia operato per costruire coalizioni alternative alle destre e al PD (in Valle D’Aosta con i 5 stelle, in Toscana e Campania con Potere al Popolo) è certo un fatto positivo ma non riesce a ridurre il danno fatto al partito dal pastrocchio sopra descritto.
Questa situazione di perdita del senso politico del progetto di Rifondazione risalta tanto più pesantemente nel contesto della nascita del movimento contro il genocidio a Gaza. Per la prima volta nella storia del nostro partito non abbiamo giocato alcun ruolo politico all’interno di un movimento di massa. Non fu così nel lontano 1992/93 nelle lotte contro l’abolizione della scala mobile, non fu così nelle lotte del movimento di Genova ed in generale nelle lotte per la pace dell’inizio di questo millennio. Oggi, per la prima volta, altri giocano un ruolo significativo nella costruzione delle lotte mentre noi partecipiamo alle manifestazioni ma non abbiamo alcuna impostazione politica condivisa e discussa. La rarefazione della convocazione degli organismi dirigenti non ha permesso infatti nemmeno di discutere su cosa stava succedendo.
Per quanto mi riguarda penso che di fronte a questo movimento il problema fondamentale sia quello di aiutarlo a sedimentarsi, costruendo comitati per Gaza in ogni scuola, in ogni territorio, in ogni posto di lavoro, in modo che il movimento oltre a fare manifestazioni dia luogo ad una costruzione sociale, a discussioni e confronti che strutturino una soggettività alternativa, a partire dalle giovani generazioni. Per fare questo è necessario un confronto e sarebbe necessario un partito che invece di mandare le circolari dalla segreteria discutesse, come si confà ad un partito comunista. Questa assenza di ruolo politico che viviamo è gravissima perché se è normale che un partito comunista soffra quando non si muove una foglia, nelle fasi di bassa, che un partito comunista non abbia alcun ruolo quando il movimento c’è, è sintomo del fatto che la sua linea politica è sbagliata.
In questa situazione in cui rifondazione è assente come proposta politica il rischio è che il movimento venga semplicemente sfasciato dal politicismo di destra e di sinistra, tra chi cercherà di arruolarlo come truppe di complemento contro la Meloni per rafforzare il centro sinistra e chi cercherà di arruolarlo per allargare la propria organizzazione.
Il punto sarebbe invece di scommettere politicamente sulla strutturazione del movimento in modo che possa crescere e alimentare una nuova generazione politica, un nuovo ciclo di lotte che da Gaza passi al no al riarmo e cosi via.
Per fare questo non bisogna strumentalizzare il movimento ma offrire una prospettiva di alternativa. Il movimento può crescere solo nella prospettiva dell’alternativa e non certo nell’inseguimento di chi, come il PD, ha appena salvato l’ennesima volta la von der Leyen. Un movimento che è nato contro il genocidio, contro le bugie e i doppi standard dell’occidente, non può certo trovare come interessante un partito che cerca in tutti i modi di infilarsi nello schieramento di centro sinistra, che di quell’occidente è pienamente espressione.
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