Senza difesa non c’è più Europa. La nuova ragione del continente secondo il PD. Insegnata a scuola.

Rendiamoci conto. Senza difesa non c’è più Europa. E’ questo il titolo del libro che Michele Bellini, analista politico, Investment Banking Spring Analyst JP Morgan e segretario provinciale cremonese del PD, sta presentando in un ciclo di incontri, anche presso scuole. Le ragazze e i ragazzi degli istituti e i loro docenti si troveranno davanti a un autore che sostiene l’idea della costruzione di una difesa europea comune autonoma ed efficace, perché solo così essa potrà continuare a preservare il suo modello di civiltà, la pace e i principi su cui è nata. Una posizione largamente coincidente, tra l’altro, con quella di Elly Schlein.
Quest’ultima non è l’unica visione possibile. Significativamente, l’Europa, la sua civiltà hanno prodotto molte cose, tra cui anche il colonialismo e Auschwitz. In ogni caso i principi su cui è nata, che io collocherei nelle profetiche idee elaborate a Ventotene, idee di pace, eguaglianza, persino socialismo, mi paiono molto distanti dalla chiamata alle armi che in qualche modo Bellini fa.
Oggi dovremmo difenderci da chi? La guerra Russo Ucraina ha radici lontane, mai prese in considerazione. Se la Russia ha invaso, con un atto ostile di certo riprovevole, bisogna ricordare che le promesse fatte a Gorbacëv dai paesi occidentali, europei e dalla NATO, quella cioè di non espandere quest’ultima verso i confini russi, è stata bellamente disattesa. Questa rimane la principale motivazione che spiega quel conflitto e senza riprenderla in mano seriamente, con una idea di sicurezza per tutta l’area, di Ucraina neutrale e fuori dalla NATO, difficilmente se ne uscirà. Non se ne uscirà certo con l’ipocrisia europea che ha fatto saltare gli accordi di Minsk per permettere all’Ucraina di armarsi e neanche con l’incrollabile spirito guerriero dei volonterosi d’Europa, disponibili a continuare la guerra sino agli esiti più distruttivi. Un’Europa che vota per armarsi sino ai denti e distruggere il suo stato sociale, che avalla un progetto di nuovi velivoli da combattimento per quasi dieci miliardi di euro, cui il PD ha assicurato sostegno attivo.
Bellini propone la difesa comune europea, che non è certo l’alternativa al modello fortemente militarista che oggi si vuole imporre, ma ne rappresenta una altrettanto pericolosa variante. Bisogna chiedersi: da chi sarebbe comandato il nuovo esercito europeo? Perché è del tutto evidente che non siamo di fronte a un potere politico unitario in grado di farlo. In secondo luogo pare limpido il fatto che una nuova forza militare di tale fatta si ergerebbe immediatamente contro un nemico, che in una fase come questa non potrebbe che essere la Russia: è questo che ci serve, mostrare i muscoli, alimentare tensioni, fabbricare minacce anche se esse non ci sono? In ultimo, un esercito europeo nascerebbe con la sicura necessità di dotarsi di potenziale atomico. Ancora: ci dobbiamo proprio impiccare a una escalation di questo genere? Dai conflitti atomici, una volta entrati, non si esce vivi: nessuno esce vivo.
Quello che vorrei che le ragazze delle scuole visitate da Bellini sapessero è che invece di questa impostazione, che di fatto raccoglie e rilancia sub specie rationis la via della forza come inevitabile, è possibile averne altre che guardano alla pace non passando per le armi, la deterrenza nucleare ecc. Intanto, per smontare le tensioni esistenti è di bruciante necessità un cambio di strategia. Si deve passare a quella che papa Francesco chiamava l’artigianalità della trattativa. Una cosa su cui l’Europa potrebbe fare molto e non fa nulla. Va affrontato con quel metodo il nodo irrisolto della sicurezza comune di Russia e Ucraina, non certo il fronteggiamento militare, ma con la costruzione di una situazione in cui nessuno si senta minacciato. L’Europa in cui specchiarsi, per usare termini di Bellini, potrebbe essere quella che dopo quasi 80 anni rinuncia alla sua divisione interna sulla sicurezza. La nascita della NATO sancì esattamente quella divisione, per mantenere la quale oggi rischiamo la terza guerra mondiale.
La voce di una prospettiva diversa da quella di riarmo, di esercito comune a difesa della civiltà europea, potrà mai avere uno spazio presso le scuole con le stesse caratteristiche garantite a Bellini? Testardamente auspico di si, perché non mi rassegno ai tentativi pressanti e multiformi di disegnare una società sempre più orientata sui canoni della guerra, del militarismo, del riarmo. Ai ragazzi e alle ragazze va assicurato un percorso critico, ne hanno bisogno, ne hanno diritto.