Col Pd la sinistra è in un vicolo cieco. L’alternativa è altrove. Una risposta a Marco Revelli

In una recente intervista al quotidiano La Stampa Marco Revelli dopo aver parlato della “irriformabilità” del Pd – un partito irreversibilmente segnato dalla zavorra che ha incorporato negli anni precedenti” – invita a “guardare in faccia alla deriva oligarchica. La democrazia dei nostri padri? Ormai sembra un concetto superato”. A questa premessa condivisibile di ragionamento bisognerebbe far seguire un discorso altrettanto chiaro sul percorso di costruzione di un’alternativa politica. Revelli non va oltre la constatazione di un vuoto politico quando afferma: “io non vedo che, in questi anni, è stata costruita un’alternativa alla destra”. Infatti, in questi anni non è stato fatto nessun serio tentativo di costruire un’alternativa politica e di modello sociale a quelle che Revelli trent’anni fa chiamava “le due destre, ovvero la destra populista, plebiscitaria (fascistoide) da un lato e una destra tecnocratica ed elitaria (liberale) dall’altro. Due destre in conflitto tra di loro sui mezzi ma per molti versi unificate da un fine comune”. Questo è quello che è successo. I maggiori partiti di centrosinistra e centrodestra hanno scelto di far parte a pieno titolo del medesimo sistema di potere elitario impegnato a sottrarre risorse e diritti alla maggioranza delle persone. Vogliamo dirlo chiaramente? La trasformazione in senso postdemocratico, oligarchico del sistema politico italiano ha messo radici grazie alle politiche economiche di austerità, di liberalizzazione, di sistematico attacco a qualsiasi cosa che abbia avuto in questi anni una qualche attinenza con l’uguaglianza.

Analizzando le scelte portate avanti dai vari governi negli ultimi decenni se ne ricava un’impressione di inaudita uniformità in tema di privatizzazioni, politiche di austerità, cessione della sovranità fiscale e di bilancio alla commissione europea, flessibilizzazione del mercato del lavoro e riduzione delle tutele contro i licenziamenti, innalzamento dell’età pensionabile, sgravi fiscali per imprese e grandi ricchezze e via di questo passo. Senza parlare della subalternità alle guerre USA (Irak, Yugoslavia, Afghanistan, Libia) e delle ultime scelte nefaste in tema di riarmo e di guerra. Un combinato disposto di provvedimenti che ha prodotto un aumento spaventoso delle disuguaglianze sociali e rideterminato il sistema in senso oligarchico e antipopolare. Allora non dobbiamo meravigliarci se un corpo sociale martoriato da moltissimi anni di “guerra di classe dall’alto” – come la definiva Luciano Gallino – ha cominciato a gridare: basta! Questo corpo sociale guarda le cose da un’altra prospettiva, rifiuta o si allontana dai partiti istituzionali.  Al voto, come rileva lo stesso Revelli “si astiene perché non vede alternative credibili all’esistente”. E allora che si fa?

Quando si dice che “bisogna uscire dal predominio della forza e del denaro”, bisogna essere conseguenti. La torsione autoritaria e oligarchica del sistema la si combatte contrastando i blocchi politici che l’hanno favorita. Bisogna prendere atto una volta per tutte della fine del riformismo, una strategia ormai di vecchia data, che ha chiuso tutte le possibilità di ottenere per via politica dei risultati parziali. L’unico spazio che abbiamo di fronte è l’alternativa che va costruita non solo nominata. Il Pd liberale, occidentalista, in armi, con la sua visione dell’uguaglianza basata sul mercato oltre che irriformabile è quanto di più lontano da una politica di alternativa. Una politica della trasformazione si ricostruisce fuori dal circolo vizioso del bipolarismo politico-militare, fuori dal vicolo cieco di un’alleanza col Pd. Si ricostruisce a partire dai movimenti di opposizione al liberismo, alla guerra, al genocidio, per la pace e la giustizia sociale. Non perdiamo di vista il momento di risveglio sociale che stiamo vivendo, in particolare tra le nuove generazioni. Questo momento rappresenta un’opportunità politica per invertire la rotta e dare risposta alla vasta e crescente sofferenza sociale.