È uscito a ottobre, per le edizioni Marx‑Ventuno, La controriforma permanente. La scuola italiana tra mercato e guerra, una raccolta di saggi curata da Luca Cangemi e scritta da alcuni tra i più lucidi conoscitori della scuola italiana: Ferdinando Dubla, Lucia Capuana, Rossella Latempa, Marina Boscaino, Antonio Mazzeo, Francesco Cori, Pina La Villa.
Da decenni, politiche neoliberiste hanno trasformato l’istruzione in un apparato piegato alle logiche del mercato: il sapere ridotto a merce, il docente a dipendente, lo studente a “capitale umano”. La scuola, da luogo di formazione, è diventata un dispositivo di valutazione e selezione: INVALSI, competenze, strabica meritocrazia, competizione. Questa trasformazione non è neutra: è ideologica, parte di un disegno di classe che mira a subordinare l’istruzione alle esigenze del profitto, svuotandola della sua funzione emancipatrice. La scuola non è un servizio, non è un’azienda, non è un luogo neutro: è un organo di democrazia. E proprio per questo è oggi sotto attacco.
Ma oggi, a questa deriva mercificatrice, si aggiunge un’altra minaccia: quella della militarizzazione. Tematiche quali la politica di pace per un mondo multipolare, la critica al Rearm Europe e la militarizzazione della conoscenza, la decolonizzazione dello sguardo, la didattica della storia dei genocidi, la lotta per la demilitarizzazione del sapere, vengono scientificamente tenute fuori dal mondo scolastico. Di converso, la scuola tende, attraverso l’occupazione fisica e simbolica degli spazi educativi da parte delle forze armate, delle forze dell’ordine e delle industrie belliche, a normalizzare la guerra, rendere accettabile lo spostamento di risorse dal welfare al warfare, e consolidare l’identità nazionale. Questa doppia strategia non è casuale. È il frutto di una precisa programmazione politica, sancita dal Programma di comunicazione del Ministero della Difesa e rafforzata dalle direttive europee come il progetto ReArm Europe, che tende al Riarmo Cognitivo come base essenziale per la creazione del consenso.
La militarizzazione dell’istruzione non è solo una questione pedagogica: è una questione democratica, culturale, etica. È il sintomo di una società che ha smarrito il senso della sua umanità. E proprio per questo, oggi più che mai, è urgente resistere, denunciare, costruire alternative. Perché educare non significa addestrare. E formare non significa reclutare.
È in questo scenario che si colloca La controriforma permanente. La scuola italiana tra mercato e guerra.
Luca Cangemi, apre il volume ricostruendo quarant’anni di controriforme: dagli anni Ottanta fino ai governi Meloni e Draghi, passando per Berlinguer, Moratti, Gelmini e Renzi. Cangemi mostra come l’autonomia scolastica, la managerializzazione, la valutazione e la subordinazione al mondo delle imprese siano diventate l’ossatura di una scuola funzionale al mercato e, oggi, sempre più integrata nel capitalismo armato. Le scelte dei governi di centrosinistra e centrodestra, allineate ai dettami dell’UE, dell’OCSE e della NATO, hanno costruito un modello di scuola che tradisce la Costituzione e la sua idea di uguaglianza sostanziale.
Il contributo di Lucia Capuana approfondisce la torsione neoliberista degli ultimi trent’anni, analizzando i trattati europei, le raccomandazioni OCSE-PISA e la retorica della competizione. Capuana richiama Calamandrei, Bobbio e Federico Caffè per mostrare come la scuola, nata dalla Resistenza, sia stata snaturata e come la mistificazione del linguaggio — parole come “merito”, “eccellenza”, “competenza” — abbia accompagnato un imbarbarimento culturale che ci ha condotti verso un “capitalismo senza democrazia”.
Rossella Latempa affronta il ruolo dell’INVALSI, mostrando come i test siano diventati l’infrastruttura della scuola neoliberale: classificazione degli studenti, certificazioni individuali, indicatori di fragilità, profilazione digitale, predizione algoritmica dei destini scolastici. Latempa documenta la trasformazione della scuola in un laboratorio di sorveglianza digitale, dove i dati contano più delle persone e la valutazione diventa strumento di governo.
Il saggio di Marina Boscaino analizza la minaccia dell’autonomia differenziata, dalla legge Calderoli alle sue radici nel centrosinistra (riforma del Titolo V del 2001). Boscaino mostra come l’autonomia differenziata rischi di frantumare la Scuola della Repubblica in venti sistemi regionali diseguali, subordinati alla ricchezza dei territori, aprendo la strada alla privatizzazione come già accaduto nella sanità. La lunga battaglia dei Comitati per il ritiro dell’autonomia differenziata dimostra quanto questa deriva sia pericolosa per il principio di uguaglianza.
Il contributo di Antonio Mazzeo è tra i più inquietanti: ricostruisce la progressiva militarizzazione dell’istruzione, dai protocolli Pinotti fino ai governi attuali. Mazzeo documenta visite alle basi NATO, PCTO in reparti militari, concorsi co-organizzati con la Difesa, la diffusione della “cultura della difesa” come educazione civica. La scuola-caserma diventa parte del capitalismo armato, che ha bisogno di nuovi proletari tecnologici, carne da macello per le guerre del futuro. La militarizzazione ricorda modelli come quello israeliano: normalizzare la guerra, disciplinare i giovani, costruire consenso.
Pina La Villa affronta l’attacco politico e culturale alla categoria di genere, trasformata in un fantasma ideologico per colpire diritti LGBTQ+, femminismo ed educazione alla parità. La Villa ricostruisce la genealogia dell’“ideologia gender” e mostra come, in un’Europa militarizzata e impoverita, parlare di uguaglianza diventi sospetto. La scuola, che dovrebbe decostruire stereotipi e prevenire la violenza, viene ostacolata e riportata a modelli patriarcali e autoritari.
Francesco Cori racconta l’odissea dei precari: concorsi inefficaci, percorsi abilitanti costosi, titoli esteri usati come scorciatoie, burocrazia umiliante. Il precariato non è un incidente: è un dispositivo politico che indebolisce la scuola, divide i lavoratori, produce alienazione e ricattabilità. Ma nei momenti di lotta collettiva, i precari ritrovano consapevolezza e conflittualità: il precariato è il termometro dei diritti di tutti.
Il saggio di Ferdinando Dubla offre infine un orizzonte di ricostruzione: la pedagogia marxista come pedagogia della prassi, della felicità collettiva, della trasformazione sociale. Dubla attraversa Gramsci, Lukács, Krupskaja, Makarenko, Labriola, Dina Bertoni Jovine, Bruno Ciari, Mario Lodi, Gianni Rodari e Paulo Freire, mostrando come questa tradizione pedagogica – oggi dimenticata – possa tornare a essere strumento di lotta contro il tecno-capitalismo della sorveglianza e contro l’imperialismo culturale.
Nel suo insieme, La controriforma permanente non è solo un’analisi: è un manifesto politico. Mostra come la scuola italiana sia stata trasformata in un dispositivo di mercato, controllo e guerra, ma indica anche la possibilità di un’altra scuola: costituzionale, democratica, emancipatrice, pacifista, cooperativa. Una scuola che formi persone libere, non sudditi. È un invito alla resistenza e alla ricostruzione.
Un testo da leggere e da usare come strumento di battaglia.