Focus sul Brasile: COP 30, Brics e minacce USA, movimenti – tre domande a José Luiz del Roio

José Luiz del Roio, storico, ex parlamentare PRC-SE

Roberto Cabrino: La prossima COP 30 si svolgerà in Brasile a novembre. Al di là di alcune polemiche rispetto all’inadeguatezza del luogo prescelto e al solito scetticismo che circonda queste riunioni, puoi dirci quale apporto specifico può provare a dare all’appuntamento l’amministrazione Lula?

Josè Luiz del Roio: La Cop30 avviene in un momento in cui il Brasile è oggetto di forte ostilità da parte dell’Occidente. Il rifiuto di sostenere l’Ucraina ha suscitato infatti irritazione in Europa. Inoltre l’immediata avversione all’occupazione di Gaza non è piaciuta non solo a Israele (che ha dichiarato il presidente Lula “persona non grata”), ma neanche a Europa e Usa. Recentemente gli Usa hanno applicato anche al Brasile tariffe molto alte e sanzioni contro magistrati (anche se ora sembrano aprirsi trattative), mentre nelle ultime settimane Trump ha iniziato azioni paramilitari contro Venezuela e Colombia che destabilizzano tutta l’America del Sud. In questo contesto molti paesi hanno messo in discussione la loro partecipazione a Cop30 a Belém, adducendo motivazioni varie, dai prezzi elevati degli alberghi al negazionismo; anche le associazioni ambientaliste sono critiche per le scelte energetiche del Brasile, come se (ha detto con ironia Lula) il Brasile debba essere un “forestão”, una immensa foresta …
L’impostazione della non facile Cop30 costruita nel corso del 2025 è stata di accrescere, e rendere permanente, maggiore ascolto della società civile con incontri tematici presieduti da ministri (ad esempio sulla salute globale, con i giovani, per la collaborazione con esponenti di imprese, associazioni, governi locali) e promuovere l’implementazione: “essa, spiega il presidente di Cop30 ambasciatore André Corrêa do Lago, non necessita di consenso. È più un esercizio mutuo di cooperazione”. Consenso in questo momento storico sembra improbabile dal momento che si è regrediti allo strumento della guerra, quindi il Brasile opta per azioni volontarie, in cui il termine importante è “azioni”, cioè rendere operanti nuove iniziative e decisioni di precedenti Cop (come l’Accordo di Parigi della Cop21 che compie 10 anni). Brasile inoltre propone il Fondo per le Foreste Tropicali per Sempre/TFFF gestito dalla Banca Mondiale, nonché una integrazione mondiale dei mercati del carbonio.

R.C.: Il Brasile svolge un ruolo importante all’interno dei Brics e al loro tentativo di lavorare a un mondo multipolare. Per altri versi il paese è al centro di una strategia dell’attenzione da parte degli USA, che tentando di difendere con le unghie e con i denti un predominio mondiale che sfugge, guardano ormai al Cono Sud con intenti di rinnovato dominio/sfruttamento. Tu che pensi di questa situazione?

J.L.d.R: Realmente il presidente Lula svolge un ruolo importante nel BRICS, di cui è presidente nel 2025, anche superiore alle forze reali del paese. Questo si deve al fatto di essere stato uno dei paesi fondatori, insieme a Russia, India, Cina, e all’esperienza diplomatica di Lula oggi al suo terzo mandato, forse in cammino per un quarto il prossimo anno. È bene ricordare anche che fino al 2030 la presidentessa del Nuovo Banco di Sviluppo, noto come il Banco del BRICS, è la brasiliana Dilma Rousseff.
Come afferma la diplomazia brasiliana, strumento chiave per la elaborazione di un mondo multipolare è il superamento del dollaro come moneta dominante nelle transazioni mondiali. Si tenta infatti di costruire all’interno del sistema BRICS una specie di Camera di Compensazione per permettere ai paesi BRICS di realizzare scambi nelle proprie monete.
Stando così le cose, il governo brasiliano viene trattato dal presidente Trump come una minaccia dal momento che la supremazia del dollaro negli scambi internazionali è una delle armi più forti di cui dispone l’imperialismo nordamericano.
Le ritorsioni e minacce sono aggressive: tariffe del 50% sui prodotti brasiliani in entrata, sanzioni contro funzionari di Stato e minacce militari non molto velate. Gravissimi sono gli attacchi mortali di piccole imbarcazioni di Venezuela, Colombia, Trinidad e Tobago, paesi con governi amici del Brasili e vicini alle sue frontiere.
Il 26 ottobre in Malesia si è realizzato un incontro ufficiale fra Trump e Lula. Probabilmente la questione scottante, e che per adesso è nascosta, è quella delle “terre rare”. Praticamente non esiste tecnologia avanzata che al momento non ne abbia bisogno. La Repubblica Popolare Cinese detiene metà delle riserve mondiali conosciute e ovviamente non le cede. Il Brasile ha la seconda riserva mondiale, con circa 23%. Un bottino tentatore.
Il governo Lula dopo alcune esitazioni ha preso coscienza del pericolo che proviene dalle minacce di Washington e tenta di ampliare le sue alleanze sul piano internazionale. Sarà sufficiente?

R.C.: Ci puoi parlare della temperatura attuale del rapporto tra Lula, la sua amministrazione, e i principali movimenti organizzati del Paese? Quali sono i punti critici salienti, considerando il fatto che quelle forze organizzate e radicate socialmente hanno sempre dato una mano significativa anche all’affermazione elettorale dell’attuale Presidente?

J.L.d.R.: Con la deposizione della presidentessa Dilma Rousseff nel 2016 il Brasile è entrato in una spirale di avanzamento della estrema destra che ha profondamente danneggiato le ardue conquiste realizzate dai molti movimenti popolari durante lustri di lotte. Sono stati anni di resistenza fino alla elezione alla presidenza a fine 2022 di Luiz Inácio Lula da Silva. È stato un confronto elettorale molto difficile e con gravi tentativi di colpo di Stato. Alla Camera dei deputati sono ampiamente prevalsi le schiere di ultra destra, ciò che ha reso difficile per il presidente di governare. La strutturazione di un governo con la partecipazione di molti partiti di centro e anche di destra ha assopito gli obiettivi sociali.
Il Brasile è un paese in cui ancora vige una profonda diseguaglianza sociale e urgono trasformazioni radicali. La relativa morosità dell’esecutivo alimenta critiche, anche aspre, al governo federale. I principali movimenti sociali hanno recuperato spazi fisici, rafforzato le strutture organizzative e di comunicazione, con la creazione di radio, canali televisivi, capacità di lavorare con le reti di internet e scuole di formazione politica. Molto utile è stata la strutturazione di contatti permanenti fra i movimenti sociali dei paesi BRICS.
Con l’attuale riflusso delle forze di destra si aprono possibilità di nuovi scenari. Buon sintomo è che pochi giorni fa è stato nominato all’incarico chiave di Ministro Capo della Segreteria Generale della Presidenza della Repubblica il principale dirigente di uno dei più forti e radicali gruppi di attivismo sociale, il Movimento dei Lavoratori senza Tetto.