Nel prossimo mese di novembre il Brasile ospiterà la Conferenza delle Parti (COP 30).
Gli impegni nazionali per la riduzione delle emissioni climalteranti, assunti dai paesi firmatari dell’accordo di Parigi (2015) per tenere il riscaldamento globale sotto la soglia di sicurezza di + 1,5° rispetto all’era pre-industriale sono del tutto insufficienti
In questo contesto chi governa l’Europa, accodandosi al farneticante Trump, ha deciso di affossare definitivamente il Green Deal che pur avendo molti limiti e apparendo sottofinanziato, sembrava delineare un’attenzione verso l’ambiente e la transizione climatica. Le élites europee intendono investire non sull’ambiente, ma bensì sulle armi con un piano di 800 miliardi di euro, molti dei quali saranno sottratti al Green Deal. Le isterie di questi giorni, ben rappresentate dalle dichiarazioni del premier polacco Tusk e da esponenti politici dei paesi baltici, dicono che il desiderio di riarmo, fomentato anche da settori della Gran Bretagna, va verso la direzione della guerra guerreggiata. Siamo sull’orlo di un abisso pericolosissimo.
Il nostro Governo, per bocca dell’ineffabile Pichetto Fratin che non vedeva l’ora di seguire lo smarcamento della Danimarca, ha rimandato gli impegni di riduzione delle emissioni (Ndc), sancendo il ruolo negativo del nostro Paese ai fini di un accordo sugli obiettivi dell’Unione Europea al 2035 e al 2040. Inoltre ha più volte criticato il Green Deal europeo non per chiedere più investimenti e serietà di impegni, ma per bollarlo come inapplicabile e dannoso per la nostra industria. Per contro sta rilanciando il nucleare come soluzione energetica per il futuro, tralasciando la sua estrema pericolosità e senza aver risolto i problemi del passato e, in parallelo alle scelte europee, sta indirizzando più risorse al riarmo e sempre meno verso ambiente e welfare.
Su un altro versante interno Confindustria ha definito come irresponsabili tutte le politiche tese a invertire la rotta del disastro ambientale e climatico, che pure in Italia sta presentando conti salatissimi non riducibili ai rimborsi per calamità naturali.
A fronte di una tale articolazione di posizioni molto negative per un riequilibrio razionale e possibile del metabolismo tra umano e natura, noi pensiamo che questa tendenza si possa e si debba invertire.
Con il movimento, sempre più forte contro il genocidio in Palestina e contro la guerra, un movimento che ha sta maturando consapevolezza rispetto ai nessi negativi che legano i conflitti alle crisi economiche, sociali e ambientali, sosteniamo e lottiamo per obiettivi chiari.
Significativamente, ribadiamo il nostro chiaro no ai soldi investiti in riarmo, cioè verso la distruzione umana e ambientale. Proprio perché ricerchiamo un equilibrio possibile diverso dalla spirale infinita di cose inutili da produrre per valorizzare il valore, ci esprimiamo nettamente contro il ritorno del nucleare e contro le grandi opere devastatrici. Vogliamo investimenti seri e continuativi verso le energie rinnovabili fatte bene, che servano per produrre ciò che serve davvero alle persone, fuori dalla logica del profitto. Vogliamo, insomma, contribuire a costruire l’alternativa possibile fatta di un nuovo rapporto con la terra casa comune in cui vivere in pace.